FARNESINA
ROMA – In un mondo in piena fase di transizione energetica, la ricchezza mineraria delle Filippine, ancora per lo più inesplorata, sta assumendo un’importanza rilevante, anche in considerazione dell’entità stimata dei giacimenti del Paese asiatico. Secondo stime correnti – rende nota la Farnesina – l’arcipelago dispone di riserve non ancora sfruttate di rame, oro, nichel, zinco e argento pari a 1.000 miliardi di dollari. Appena il 5% di queste riserve è stato esplorato e solo il 3% è coperto da contratti minerari. Recenti statistiche dello Philippine Mines and Geosciences Bureau (MGB) indicano che ci sono solo 56 miniere operative, con sette impianti di lavorazione che impiegano oltre 220 mila lavoratori. Le Filippine si collocano al quarto posto per riserve di rame, e al quinto per quelle di cobalto e nichel. Secondo i dati di MGB, la produzione mineraria è attualmente concentrata su nichel, oro, rame, argento e cromite e distribuita in tutte le tre macroregioni del Paese. I principali siti di estrazione sono Luzon (oro in Nueva Vizcaya, nichel in Palawan, e rame a Benguet); Visayas (rame in Cebu); Mindanao (nichel e oro in Surigao del Norte, argento in Zamboanga del Norte). Il panorama istituzionale è regolato dal Dipartimento dell’Ambiente e delle Risorse Naturali (DENR). Sebbene il settore sia dominato da imprese nazionali, si registra una significativa partecipazione di gruppi stranieri, principalmente giapponesi, australiani, canadesi e cinesi. Le normative (alcune dettate dalla Costituzione) consentono una proprietà straniera fino al 40% per la maggior parte dei permessi e dei contratti minerari.
Complessivamente si tratta di una industria che offre ampie opportunità di sviluppo, ma che oggi contribuisce a meno dell’1% del PIL nazionale (0,78%). In termini di attrattiva per gli investimenti, secondo un sondaggio del Fraser Institute del 2023, le Filippine si sono classificate al 72° posto su 86 giurisdizioni minerarie. Un risultato su cui pesano non solo le restrizioni normative, ma anche la presenza di numerose moratorie sugli accordi minerari in essere, introdotte per affrontare tematiche legate alla tutela ambientale, alla responsabilità sociale e per assicurare al governo quote adeguate dei ricavi derivanti dalle attività di sfruttamento. Tuttavia, la ricchezza potenziale del settore unita alle esigenze globali di reperimento di minerali critici necessari ai processi di transizione verde fa delle Filippine un Paese di primario interesse. I minerali critici ad esempio sono fondamentali nello sviluppo di impianti di energia rinnovabile (fotovoltaici, eolici) e nella produzione di batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici. Secondo le stime dell’U.S. Geological Survey (USGS), nel 2023 le Filippine, con 330 mila tonnellate metriche, sono state il secondo produttore mondiale di nichel dopo l’Indonesia. Il Paese gioca quindi un ruolo cruciale in questa catena di approvvigionamento globale. Gli ultimi dati pubblicati dall’MGB indicano che Nickel Asia Corporation, un’entità filippina a capitale misto, è responsabile di una quota compresa tra il 50% e il 60% della produzione totale nazionale. Sempre secondo l’MGB, la produzione annuale di nichel da parte delle imprese filippine varia tra il 55% e il 70%, mentre il restante è estratto da società a partecipazione straniera. Queste ultime sono inoltre coinvolte nell’estrazione di altri minerali. Nel riconoscere il legame tra i minerali critici e la transizione globale verso le energie rinnovabili (settore in cui, dal 2022, è consentita la piena partecipazione straniera), – prosegue la nota della Farnesina – il Governo filippino sta sviluppando politiche a sostegno dell’estrazione responsabile. Il Governo ritiene importante il coinvolgimento delle comunità indigene nei territori che ospitano le risorse, attraverso il consenso libero e preventivo. Inoltre, è previsto l’obbligo di valutazione dell’impatto ambientale e la creazione di piani di riabilitazione dei siti minerari al termine del loro ciclo di vita. Storicamente, l’estrazione mineraria nelle Filippine è stata condotta da aziende di piccola scala, spesso con un basso grado di meccanizzazione. Oggi è però la stessa industria nazionale a lavorare per sviluppare il settore, facilitando l’ingresso di grandi gruppi, anche stranieri. Questi sviluppi rappresentano segnali positivi per potenziali investitori e imprese interessati alle vaste risorse minerarie del Paese. In un contesto di elevata domanda di minerali critici, queste misure contribuiscono a creare il potenziale per rendere, nel tempo, le Filippine un mercato chiave. In un’ottica di attrazione di investimenti, il Governo si sta concentrando non solo sul settore estrattivo, ma anche sulle fasi successive dei processi produttivi, in particolare nei settori delle energie rinnovabili, della produzione e assemblaggio di batterie per veicoli elettrici e dei semiconduttori. Questa strategia è coerente con l’obiettivo dichiarato di aumentare la quota di energie rinnovabili nel mix energetico dal 22% attuale al 50% entro il 2040, e con il piano d’azione a lungo termine (2023-2040) del Dipartimento per l’Energia (DOE), che prevede l’adozione di tecnologie più pulite nei processi di produzione energetica. In prospettiva ci potrebbero essere aperture anche per l’esplorazione delle risorse minerarie di cobalto, manganese, rame e nichel. In un’ottica più ravvicinata, il Governo intende sostenere l’industria mineraria locale nell’identificazione delle aree estrattive, offrendo il massimo dei dati necessari per consentire investimenti con il minimo rischio. E sta lavorando per rafforzare il settore della lavorazione del nichel, investendo direttamente in almeno tre impianti di lavorazione (Zambales, Palawan e Caraga). Questa crescente attenzione sul settore minerario sta producendo risultati. Nel 2022 la produzione di metallo è aumentata di quasi il 32% rispetto all’anno precedente. Il valore totale delle esportazioni per il periodo 2020-2022 è stato di 18,7 miliardi di dollari, pari all’8,51% delle esportazioni totali del Paese. (Inform)