ROMA – La frequenza e l’intensità delle violenze sessuali su bambini e adolescenti durante i conflitti è scioccante. “Milioni di minori sono vittime di violenza sessuale, la maggioranza durante una guerra o nella fase post conflitto” denuncia Save the Children che ha diffuso oggi il Rapporto “Indicibili crimini contro i bambini. La violenza sessuale nei conflitti”. L’organizzazione internazionale rileva che la maggioranza di coloro che hanno subito violenze sessuali durante un conflitto o subito dopo hanno meno di 18 anni.
Un dato che può arrivare all’80% del totale delle vittime e che, in numeri, si traduce in una stima di quasi 30 milioni di bambini vittime di violenza sessuale .
In Liberia, a fine guerra, l’83% degli scampati alle violenze di genere nel 2011-12 aveva meno di 17 anni e quasi tutti avevano subito stupro. Nella Repubblica Democratica del Congo nel 2008 sono stati rilevati 16.000 casi di violenza sessuale contro donne e ragazze, di cui quasi il 65% nei confronti di minori, per la gran parte adolescenti ma in misura di circa il 10% anche con meno di 10 anni. Durante la crisi post elettorale in Costa d’Avorio – tra l’1 novembre 2010 e il 30 settembre 2011 – i bambini costituivano quasi il 52% dei casi di violenza sessuale. Nella fase post-conflitto in Sierra Leone, più del 70% dei casi di violenza sessuale sono stati perpetrati ai danni di ragazze minorenni, più di un quinto di loro aveva meno di 11 anni.
L’età media in cui si subisce la violenza è quella dell’adolescenza, ma ci sono vittime anche piccolissime.La violenza sessuale può essere commessa da gruppi armati, gangs ed eserciti governativi. I minori sono anche vittime di violenze sessuali all’interno delle carceri e possono essere reclutati o impiegati da gruppi armati o milizie governative, a scopo sessuale. Possono diventare la “proprietà” di uno o più combattenti, dai quali sono obbligati a prestazioni sessuali, oppure a farne le “mogli”, nel caso delle bambine. Ma violenze sessuali, durante guerre e conflitti armati, possono essere perpetrate anche da familiari, membri della comunità, altri bambini, insegnanti, leader religiosi, peacekeepers e operatori umanitari. Le violenze riguardano soprattutto ragazze adolescenti – e possono avvenire per strada, nelle campagne, in casa, nei campi profughi – ma possono anche colpire i bambini e i ragazzi: nella Repubblica Democratica del Congo, per esempio, uomini e ragazzi rappresentano il 4-10% dei sopravvissuti a violenza sessuale che hanno cercato sostegno e aiuto. Un altro studio ha rilevato che il 9% di tutti gli uomini sopravvissuti al conflitto ha sperimentato direttamente violenza sessuale.
E le violenze, spiega Save the Children ,possono proseguire anche a conflitto concluso: può accadere che ragazze che hanno subito violenze durante la guerra, si ritrovino emarginate e isolate – a causa del pregiudizio che spesso le comunità hanno nei loro confronti – e si vedano quindi costrette a permanere in circuiti di sfruttamento sessuale, per sopravvivere. Inoltre l’impoverimento che si accompagna ai conflitti può spingere gli stessi familiari a vendere le proprie figlie a sfruttatori che le impiegano nel mercato internazionale del sesso e della prostituzione. Particolarmente a rischio di subire sfruttamento e violenze sessuali sono anche quei minori – ragazzine e ragazzini – che a seguito di una guerra si ritrovano soli, separati dalle famiglie e senza riferimenti adulti.
“I milioni di minori segnati dalla violenza sessuale – spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia – hanno estremo bisogno di supporto materiale e psicologico anche in considerazione del fatto che le comunità di origine spesso li rifiutano e colpevolizzano, ma ancora troppo spesso, purtroppo, le risposte ai loro bisogni sono assolutamente inadeguate. Lo stesso discorso vale per la prevenzione delle violenze sessuali che è possibile ma richiede misure specifiche come un’adeguata illuminazione nei campi rifugiati, la costruzione di servizi igienici al loro interno, accesso all’istruzione e ad un riparo per le bambine e i bambini, un cambio radicale nella mentalità e nei comportamenti rispetto al genere femminile”.
Misure che richiedono un aumento degli investimenti: secondo il rapporto di Save the Children “Indicibili crimini contro i bambini” nel 2011 sono stati allocati per la protezione solo il 22% dei fondi umanitari. “Per questo – sottolinea Neri – Save the Children chiede ai Paesi del G8 di sviluppare una vera e propria barriera protettiva che separi i minori dalla violenza sessuale, un muro i cui mattoni siano servizi focalizzati sui bambini, empowerment della capacità dei minori e delle loro comunità di difendersi dalla violenza sessuale e di promuovere un cambiamento culturale, ma anche istituzionale normativo che garantisca loro protezione, implementare un sistema di monitoraggio sulla violenza sessuale. Tuttavia, affinché questo muro venga eretto occorre che tutti i paesi del G8 considerino prioritaria l’allocazione dei fondi umanitari in interventi di protezione per il minori. Chiediamo, pertanto, che organizzino un incontro entro la fine del 2013 su questo focus specifico”, conclude il direttore generale di Save the Children Italia. (Il Rapporto è scaricabile al link:http://images.savethechildren.it/IT/f/img_pubblicazioni/img207_b.pdf ) (Inform)