ITALIANI ALL’ESTERO
ROMA – Sono stati presentati nei giorni scorsi, nel corso di un incontro a Roma, i dati della XVIII edizione del “Rapporto Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes, dedicata in particolare ai temi della mobilità e del ritorno.
Mobilità anche interna e che coinvolge soprattutto le fasce più giovani della popolazione. Nel 2022 secondo i dati evidenziati nel Rapporto i movimenti migratori interni (1 milione 484 mila) sono risultati in crescita: +4% rispetto al 2021 e +10% rispetto al 2020. Livelli che si avvicinano a quelli di prima della pandemia e che penalizzano soprattutto il Meridione d’Italia. Le regioni del Nord risultano infatti quelle più attrattive, soprattutto Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Lombardia. Ma la mobilità italiana è, nel suo insieme, qualcosa di molto complesso e riguarda sia i movimenti che avvengono all’interno del Paese tra regioni diverse, specialmente dal Sud verso il Nord, sia gli spostamenti dalle aree urbane alle zone periferiche per vivere o per lavorare. Occorre, inoltre, considerare anche le forme di pendolarismo intraregionale o tra regioni diverse e gli spostamenti oltreconfine.
A proposito di questi ultimi il Rapporto segnala che da gennaio a dicembre 2022 sono partiti per solo espatrio circa 82 mila italiani. Il 44% di queste partenze ha riguardato giovani italiani tra i 18 e i 34 anni. Si rilevano, rispetto agli anni precedenti, due punti percentuali in più in questa specifica classe di età che continua a crescere nonostante in generale, ancora per quest’anno, si sia rilevata – per la sola motivazione espatrio – un decremento delle partenze ufficiali – e quindi con iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero – dei nostri connazionali oltre i confini italiani.
Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’AIRE sono 5.933.418 secondo il Rapporto, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia continua a perdere residenti (in un anno -132.405 persone, lo -0,2%), l’Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti. Il 46,5% dei quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero è di origine meridionale (il 15,9% delle sole Isole), il 37,8% del Settentrione (il 19,1% del Nord Ovest) e il 15,8% del Centro. La Sicilia è la regione d’origine della comunità più numerosa (oltre 815 mila). Seguono – restando al di sopra delle 500 mila unità – la Lombardia (quasi 611 mila), la Campania (+548 mila), il Veneto (+526 mila) e il Lazio (quasi 502 mila). Il 48,2% dei 6 milioni di italiani all’estero è donna (oltre 2,8 milioni).
A differenza del dato demografico degli italiani che restano nel nostro Paese, i connazionali che risiedono all’estero sono sempre più giovani: il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni; il 19,5% (oltre 1,1 milioni) ha tra i 50 e i 64 anni mentre gli anziani over 65 anni sono il 21,1%. I minori sono più di 855 mila (14,4%).
Il 51% è all’estero da oltre 15 anni, il 19,3% da meno di 5 anni. Il 49% è all’estero per espatrio, il 40,4% è nato all’estero da cittadini italiani. L’Europa accoglie oltre 3,2 milioni di connazionali (il 54,7% del totale) mentre il continente americano segue con oltre 2,3 milioni (40,1%).
Oggi le comunità maggiormente numerose si trovano in Argentina (oltre 921 mila iscritti, il 15,5% del totale), in Germania (oltre 822 mila, il 13,9%), in Svizzera (oltre 639 mila, il 10,8%). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.
Nello scorso anno gli italiani e le italiane sono partiti per 177 nazioni da tutte le 107 province italiane: Milano, Torino, Napoli, Roma sono, nell’ordine, i primi quattro contesti provinciali; seguono Treviso, Brescia, Bergamo e Vicenza.
La mobilità – spiegano i ricercatori della Fondazione Migrantes – non è più sfuggire da situazioni di fragilità economica e occupazionale, è desiderio di rivalsa e crescita. Questo bisogno lo si trova tanto nelle aree metropolitane medio-grandi quanto nelle città medio-piccole. Essa accompagna chi vive nelle aree depresse e chi risiede in zone ricche del nostro Paese, quei territori apparentemente privi di problemi ma che, nell’epoca della mobilità e della fluidità dell’identità, diventano per alcuni troppo stretti al punto da spingere a cercare, comunque, spazi vitali più ampi.
Nello Speciale 2023 del Rapporto, venti diversi saggi sulle altrettante realtà regionali italiane descrivono quanto e come il tema del ritorno fa parte e si manifesta oggi nella storia, nella quotidianità e nell’identità delle singole esperienze territoriali. Si parla di esperienze del passato e di oggi, di personaggi rientrati e di imperi ricostruiti, di ricchezze riportate in patria, di presenze e testimonianze del legame con l’emigrazione (musei, monumenti, feste dell’emigrante, viaggi in Italia di studio per giovani di generazioni altre o di piacere per anziani italiani residenti all’estero).
Durante il decennio 2012-2021, il numero dei rimpatri dall’estero dei cittadini italiani è più che raddoppiato passando dai 29 mila nel 2012 ai circa 75 mila nel 2021 (+154%). Una tendenza che, dopo una sostanziale stabilità nei primi quattro anni del decennio, appare in continuo aumento. Tuttavia, il volume dei connazionali che rientrano in patria – spiega la Fondazione Migrantes – non è sufficiente a compensare la perdita di popolazione dovuta agli espatri che, durante lo stesso periodo e fino all’anno della pandemia, sono aumentati in misura considerevole.
Nel testo si descrive anche di come il ritorno si possa manifestare non come presenza fisica, ma come segni depositati nella quotidianità: innesti linguistici, nuove tradizioni, usi e costumi, persino una pastorale diversa, più scientifica ed esperienziale perché realizzata a seguito del rientro di missionari italiani, religiosi/e e laici/ laiche, che hanno sperimentato su di loro i rischi, le fragilità, le opportunità e le risorse della migrazione. (Inform)