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Su “Tribuna Italiana”: FEDITALIA ad una svolta


STAMPA ITALIANA ALL’ESTERO
Su “Tribuna Italiana” di oggi l’editoriale del direttore Marco Basti
FEDITALIA ad una svolta
BUENOS AIRES – “Proprio nel mancato aggiornamento va ricercata la causa principale della profonda crisi in cui si dibattono molte nostre associazioni, certamente la maggior parte di esse (…) La soluzione di questo problema compete fondamentalmente alle singole associazioni e alle società in seno alla quale esse operano; ma é chiaro che tanto le autorità diplomatiche e consolari, come la FEDITALIA hanno precise responsabilità al riguardo, perché è in gioco un notevole patrimonio morale e materiale che non appartiene a questa o quella associazione, ma a tutta la collettività italiana in Argentina, un patrimonio che, purtroppo sta andando in rovina per la deplorevole noncuranza di tanti anni”.
“La FEDITALIA non intende sfuggire alle proprie responsabilità, ma perché possa assolverle é necessario che riceva forze, prestigio ed un mandato preciso dalle istituzioni federate. E proprio per questo (…) venne convocato il Congresso, perché la collettività italiana, attraverso le sue istituzioni, dicesse quali sono le sue aspirazioni, e le sue esigenze, indicasse un ordine di precedenze e conferisse alla FEDITALIA il mandato che é indispensabile perché essa possa – con prestigio e autorità – affrontare questi problemi nelle sedi opportune…”
Così si esprimeva Luigi Pallaro, allora neo-presidente della FEDITALIA quarant’anni fa convocando un Congresso che avrebbe portato ad una svolta di grande portata, la struttura dell’associazionismo italiano in Argentina.
Pochi giorni fa, lo scorso 30 ottobre, si é svolta una riunione ristretta della Giunta della FEDITALIA, presenti il presidente Pallaro, la vice Pina Mainieri, il segretario Duilio Ferlat, il tesoriere Irma Rizzuti e il consigliere Alfonso Grassi. In uno dei paragrafi del comunicato che é stato diramato al termine di essa, si parla di convocare un Congresso: “La nuova realtà dell’Associazionismo nel Paese – si legge nel comunicato – richiede un’analisi profonda e sincera, ragione per la quale questa Confederazione rende noto che lavorerà all’organizzazione di un nuovo Congresso che dovrebbe svolgersi nei mesi di marzo o aprile dell’anno venturo”.
Due comunicati, situazioni simili, e quarant’anni di distanza tra l’uno e l’altro.
Se un giorno sarà scritta la storia della FEDITALIA, essa non potrà prescindere dal mettere in evidenza la lunga presidenza del sen. Luigi Pallaro. Eletto per la prima volta nel 1973 (aveva 46 anni), ha presieduto la Confederazione che raggruppa l’associazionismo italiano in Argentina da allora e solo con una parentesi di una diecina d’anni, tra gli anni ‘80 e ‘90, quando furono presidenti Daniele Romanini e Gaetano Scerbo.
Oggi, dopo tanti avvenimenti dei quali abbiamo parlato ripetutamente (Conferenze Nazionali dell’Emigrazione, battaglie per l’insegnamento dell’italiano, per la cittadinanza o per le pensioni, Comitato Unitario, struttura di rappresentanza, congressi dei giovani, ecc), l’Associazionismo, che non è tutta la collettività italiana in Argentina, ma è certamente – ancora oggi – la sua espressione più fedele, si trova un’altra volta davanti alla necessità di una svolta.
Certo, non si tratta della stessa situazione degli anni ‘70 del secolo scorso. Allora c’erano ancora quasi un milione di italiani nati in Italia e molti di essi erano nel pieno della loro attività, mentre oggi gli emigrati italiani non arrivano al dieci per cento di quel milione di allora e in gran parte hanno superato la soglia degli ottant’anni. In compenso, anche grazie ai diciassette congressi dei giovani organizzati dalla FEDITALIA e all’impulso dato dalle Regioni al collegamento con le nuove generazioni), c’è un numero importante di argentini di origine italiana, magari in possesso anche della cittadinanza del Belpaese, subentrati agli emigrati, nelle centinaia di associazioni italiane.
E se ieri si poteva parlare di una collettività organizzata che conquistò successivi traguardi a partire dagli anni ‘70 lungo oltre trent’anni, oggi bisogna parlare di una comunità di origine italiana che non è riuscita a definire la sua identità e la sua appartenenza. Non è consapevole delle sue origini e non sa cosa hanno fatto gli emigrati italiani in questo Paese, al di là della classica battuta sui “tanos” che sono stati un esempio di laboriosità.
L’Associazionismo, dicevamo, non è tutta la collettività – anzi comunità – ma conserva buona parte delle testimonianze della collettività italiana in Argentina. Si tratta, come era scritto nell’intervento di Pallaro di quarant’anni fa, di “un notevole patrimonio morale e materiale che non appartiene a questa o quella associazione, ma a tutta la collettività italiana in Argentina, un patrimonio che, purtroppo sta andando in rovina per la deplorevole noncuranza di tanti anni”. Purtroppo, quarant’anni dopo, ci troviamo di fronte alla stessa sfida.
Essendo una Confederazione al vertice della struttura associativa, la FEDITALIA dovrebbe avere come obiettivo, proprio la promozione, la difesa, la conservazione, il coordinamento, e tutte le altre parole che possano venire in mente per descrivere una azione mirata a valorizzare la realtà dell’associazionismo. Perché se non ci sono associazioni, non ci saranno federazioni e non ci sarà nemmeno la FEDITALIA. Ma soprattutto, si perderà la memoria della presenza italiana nel Paese, quel patrimonio di cui parlava Pallaro quarant’anni fa.
Nel comunicato si coglie, purtroppo, un sentimento di rassegnazione e si dice esplicitamente che “la nostra Confederazione ha compiuto cento anni svolgendo un ruolo che oggi non ha più senso. Con questo centenario chiudiamo un capitolo glorioso dell’Associazionismo e ci prepariamo ad aprirne un altro, portando a termine una transizione in modo pacifico e coerente”. 
E’ vero che il testo rispecchia quanto si è detto nella riunione che non necessariamente è una decisione definitiva, la quale in ogni caso dev’essere presa dagli organi statutari preposti a farlo. Ma è comunque l’espressione di quello che sembra un sentimento condiviso dai partecipanti alla riunione.
Il comunicato parla anche di promuovere la partecipazione nella vita argentina, nei vari settori della società e in particolare nella vita politica. Questa è da anni una delle bandiere della FEDITALIA, sulla quale c’è ampio accordo. Ci sono diecine, centinaia e forse migliaia di argentini di origine italiana che sono impegnati in ogni settore della società argentina, compresa la politica, ma non per questo sentono un legame con le proprie radici e meno ancora con l’Italia. Gli esempi sono alla vista di tutti, dietro al monumento smontato di Cristoforo Colombo.
Per cui l’invito alla partecipazione dei discendenti non significa, non può significare, il disimpegno dell’associazionismo e della FEDITALIA dal promuovere la riscoperta delle radici e del contributo dato dagli emigrati italiani all’Argentina. Perché come è noto ed evidente, il cognome italiano o la cittadinanza italiana, non significano in sé consapevolezza, fierezza e fedeltà alle radici. Non significa riconoscenza verso gli avi e conoscenza dell’opera degli italiani in Argentina.
Un’opera e una presenza delle quali le Associazioni italiane e la FEDITALIA e lo stesso Pallaro sono state protagoniste. E a loro vanno gratitudine e riconoscenza.
E anche il suggerimento di fare come quarant’anni fa: “La FEDITALIA non intende sfuggire alle proprie responsabilità, ma perché possa assolverle è necessario che riceva forze, prestigio ed un mandato preciso dalle istituzioni federate. E proprio per questo (…) venne convocato il Congresso, perché la collettività italiana, attraverso le sue istituzioni, dicesse quali sono le sue aspirazioni, e le sue esigenze, indicasse un ordine di precedenze e conferisse alla FEDITALIA il mandato che è indispensabile perché essa possa – con prestigio e autorità – affrontare questi problemi nelle sedi opportune…”  (Marco Basti -Tribuna Italiana /Inform)
marcobasti@tribunaitaliana.com.ar
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