ITALIANI NEL MONDO
Dal Messaggero di sant’Antonio, aprile 2018
NEW YORK – Non solo gli italiani nel mondo, ma gli italici sono una grande risorsa economica e culturale per il Bel Paese. Ne è convinto da tempo Piero Bassetti. Ex politico. Primo presidente della Regione Lombardia. Da circa vent’anni investe le sue energie intellettuali e una cospicua cifra economica per diffondere la sua visione globale sugli italici anche attraverso la sua Associazione Globus et Locus. Il frutto è il volume dal titolo Svegliamoci Italici! Manifesto per un futuro glocal (Marsilio, 2015), riproposto in una chiave internazionale attraverso un seminario svoltosi alle Nazioni Unite nel novembre scorso. All’incontro ha partecipato il rappresentante italiano all’ONU, l’ambasciatore Sebastiano Cardi, che ha letto un messaggio inviato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Abbiamo bisogno di una più ampia e differenziata definizione dello spirito italiano, non limitata dai confini nazionali – una identità culturale». Al seminario hanno preso parte studiosi del fenomeno delle global communities: Saskia Sassen e Akeel Bilgrami della Columbia University, e Seyla Benhabib della Yale University. Barbara Faedda della Columbia University e Fabio Cinotti della University of Pennsylvania hanno affrontato il tema di quanti si relazionano culturalmente con l’Italia.
Un asset notevole per il nostro Paese. E in questa chiave si è sviluppata la ricerca e il progetto di Bassetti. Un’identità e, successivamente, un Commonwealth italico che vada oltre i confini nazionali: world communities che oltrepasseranno gli Stati nazionali, identità liquide, soggettività globaliche si fonderanno su identità, media, business e commonwealth.
Un progetto ambizioso che parta dal basso. Non a caso, tanti discendenti di italiani – oltre 250 milioni nel mondo – continuano a dirsi italiani pur avendo, a oggi, un tenue se non nullo rapporto con il Bel Paese. Un’idea che soprassiede le burocrazie degli stati nazionali, ma che può trovare realizzazione e crescere attraverso i social media e la soft diplomacy della cultura e dell’arte e, attraverso un’identità glocal, globale e locale, che ha trovato da sempre piena realizzazione nella diaspora italiana, ma anche nella stessa Italia. (Vincenzo Pascale – Il Messaggero di sant’Antonio, edizione italiana per l’estero /Inform)