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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Salone del Libro di Torino, domani la presentazione de “I miei condannati a morte” di frate Ruggero Cipolla

MEMORIA

Fu cappellano del carcere Le Nuove di Torino durante l’occupazione nazista

 

PADOVA – Maestro di resistenza – in tutti i sensi: civile e religiosa –  e uomo di speranza. Era questo, e molto altro, frate Ruggero Cipolla (1911-2006), che durante l’occupazione nazista in Italia fu cappellano nel carcere Le Nuove di Torino. È lui che narra le vicende tragiche di giovani e giovanissimi detenuti piemontesi condannati a morte dal Terzo Reich, e che lui aveva accompagnato fino alla fucilazione al Martinetto di Torino. Questa meglio gioventù affidava il groviglio di sentimenti prima di andare al patibolo al proprio cappellano, che asciugava le lacrime e raccoglieva sospiri e pensieri. Storie vere, commuoventi e ricche di umanità.   A distanza di quasi 80 anni le Edizioni Messaggero Padova hanno raccolto e rieditato questa testimonianza di umanità semplice, ma tenace, del frate francescano Cipolla nel libro “I miei condannati a morte”, con l’introduzione di Juri Nervo e la prefazione di fra Fedele Pradella, arricchendola di nuove e importanti testimonianze sull’operato del cappellano. Il libro verrà presentato al Salone del Libro di Torino sabato 11 maggio alle h. 19.30 in Sala Avorio nell’incontro intitolato “La storia da non dimenticare”. Interverranno Juri Nervo, Daniele Valle, Maria Di Marco, Calogero Modica. Il testo di Ruggero Cipolla, così come uscì dalla sua penna e dalla sua vita, si consegna nelle mani del lettore con la certezza di essere attuale, coinvolgente e convincente, come sempre è la storia, come sempre è la vita. Un racconto veritiero, ma mai invadente e sempre sorprendente, quello che emerge dal testo. Un patrimonio inestimabile di esperienze, incontri e scelte.   La sua fu una vita spesa davvero per gli altri e, per cinquant’anni, anche nel servizio carcerario della città di Torino: prima nel carcere Le Nuove, dove tra il 1944 e il 1947 assistette anche gli ultimi condannati a morte e dove negli anni Sessanta fu l’unico interlocutore accettato dai detenuti in fermento per le condizioni di vita all’interno della prigione; poi per alcuni anni ancora presso il carcere Le Vallette.(Inform)

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