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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Presentato ieri a Roma il libro di Roberto Nobile “L’ospedale della lingua italiana. Dove le parole usurpate dalle omologhe americane trovano cura e conforto”

LINGUA ITALIANA

Alla Società Dante Alighieri una riflessione sul sovra utilizzo dei termini stranieri che impoverisce la lingua italiana, una perdita in termini di identità che nuoce al nostro Paese a tutti i livelli, da quello culturale a quello economico

ROMA – È stato presentato ieri nella sede della Società Dante Alighieri a Roma il libro di Roberto Nobile “L’ospedale della lingua italiana. Dove le parole usurpate dalle omologhe americane trovano cura e conforto”, una riflessione sull’utilizzo sempre più diffuso di termini anglo-americani nel nostro Paese, abuso che spesso alimenta una confusione mentale che non giova alla comprensione dei problemi. Il nodo della questione, sollevata in modo ironico e leggero in una sorta di breviario dei termini italiani che sono più spesso sostituiti con omologhi stranieri, è che la diffusione di questa tendenza – che imperversa in particolare nell’ambito giornalistico – comporta un impoverimento della lingua e una perdita in termini di identità che nuoce al nostro Paese a tutti i livelli, da quello culturale a quello economico.

È intervenuto alla presentazione Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore, che ha evidenziato come la lingua sia strumento che rende possibile “il nostro incontro con il mondo”, così che “anche gli eremiti possono instaurare in solitudine colloqui affollati, o con Dio, o con un altro da sé che impone il dialogo”. “Questo libro – ha aggiunto – è un’invettiva costruita con garbo, delicatezza e ironia in una stagione in cui la nostra lingua più che un ospedale richiederebbe forse l’obitorio”, visto che imperversa il risultato di “un atteggiamento provinciale che predilige l’uso di termini di un’altra lingua per renderci protagonisti del mondo”. Si tratta di un atteggiamento che finisce per essere pericoloso, se legato da un lato ad un progressivo misconoscimento delle potenzialità dell’italiano e del suo profondo legame con una cultura, una tradizione e una storia che costituiscono la nostra identità, e dall’altro non significa automaticamente avere consapevolezza o più spesso anche solo una non grossolana conoscenza dei termini che si prediligono. Il risultato è – rileva Buttafuoco – “il tentativo di mascherare la realtà con meccanismi di linguaggio che risultano gassosi”, frutto dell’atteggiamento di “chi giudica cose che non conosce” con “l’esplosione di linguaggio gassosa, radicata nel nulla”. Per il giornalista uno dei motivi di questo impoverimento è “la nostra incapacità di reggere la grandezza, la bellezza della poesia”, poesia che produce “parole forti perché generate dal ribollire del sangue e dei sentimenti”. “Oggi invece siamo vittime di un senso di inadeguatezza, abbiamo perso l’abitudine alla bellezza, abdicato alla nostra storia – rileva Buttafuoco, sottolineando come in altri Paesi – uno su tutti, la Francia – la lingua venga preservata anche dalla politica e promossa attraverso l’industria culturale, tutelando “una tradizione che diventa anche commercio, mercato, economia”. “L’Italia pare invece suicidare la propria identità e con essa la propria economia, basti pensare – afferma – alla chiusura di librerie, teatri, cinema, coltivando una mancanza di originalità che nuoce anche alla nostra economia, ci rende polli in batteria destinati a ingurgitare mangime prodotto da altri”. Le grandi potenze dell’economia di oggi – India, Cina, Russia, per esempio – sono emerse ed emergono anche attraverso l’affermazione della loro identità culturale – ricorda Buttafuoco, – un’identità che è necessariamente connessa ad una tradizione, una storia e una cultura che solo alimentate possono esercitare una capacità di attrazione a livello globale. La nostra lingua è il veicolo di questa identità, lo strumento che ci consente di capire il mondo, di trovare un indirizzo, uno strumento estremamente fragile, “ma sempre dotato della possibilità di una resurrezione”.

Roberto Nobile rileva come l’utilizzo sempre più frequente di termini anglo-americani sia indice della “diffusione di un sistema neoliberistico e consumistico che ci costringe ad essere stupidi”, ad una “idiotizzazione legata alla capacità di attrazione esercitata da modelli culturali come quello americano” che esercita un “bombardamento” da parte di una lingua “che non comprendiamo e percepiamo dunque come suono”. “Si tratta di un suono che ormai ci è entrato dentro e che non è legato ad un pensiero – afferma l’autore, chiedendosi se sia possibile liberarsene. L’emancipazione da questo “modello unico” però non è data da una monocultura, ma dalla capacità di ascoltare autenticamente l’altro e di saper trarre da questo ascolto indicazioni praticabili nel rispetto della nostra storia e identità.

Nel corso del dibattito seguito alla presentazione del libro sono intervenuti anche Lucia Pasqualini della Direzione generale per gli Italiani all’estero e le Politiche migratorie del Maeci e Gaetano Fausto Esposito, segretario generale di Assocamerestero. Lucia Pasqualini ha rilevato quanto sia importante “la consapevolezza della propria identità” e del proprio valore, elementi di cui invece non ci rendiamo conto ma “che ci vengono riconosciuti all’estero”. Si è poi soffermata sull’importanza del soft power, ossia la capacità di attrazione che identità e cultura possono esercitare all’estero, capacità ampiamente utilizzata dall’America e da cui l’Italia dovrebbe trarre in qualche modo esempio. “L’italiano forse è una lingua più difficile da imparare ma può contare su settori strategici che ne potrebbero alimentare la diffusione, come la moda, il design, il canto, l’arte, la cucina – afferma Pasqualini, ricordando come si debba ai nostri connazionali emigrati la simpatia e l’attrazione che l’Italia suscita oggi in Paesi importanti come gli Stati Uniti, ma non solo. Esposito ha invece ricordato come all’origine del modello economico e culturale anglo-americano vi sia il lavoro intellettuale di teorici del capitalismo come Adam Smith, mentre in Italia sono nati pensieri alternativi come quello dell’economia civile, che vengono oggi riscoperti e i cui concetti – cooperazione, fratellanza, bene comune – auspica possano trovare maggiore applicazione e diffusione, come portato della nostra cultura, in Italia e all’estero. (Viviana Pansa – Inform)

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