direttore responsabile Goffredo Morgia
Registr. Trib. Roma n.338/2007 del 19-07-2007
INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Mons. Giancarlo Perego: Per una città diversa con i rom

FONDAZIONE MIGRANTES

Il direttore generale al convegno “Italia Romanì”

ROMA – La scelta, meglio, “la necessità” di vivere in città, di sentire il bene comune, la società, non limitando l’azione e la dimensione sociale come semplicemente funzionale a degli interessi personali è un’esigenza che cresce nel Paese. Un’esigenza che nasce dalla perdita del “bene comune”, dell’“insieme” come fine dell’agire sociale, ma anche la perdita dell’ “interesse”, della “passione sociale” come molla dell’azione sociale. In questa perdita di interesse, di passione per il bene comune chi soffre maggiormente è ai margini, rimane distante, come anche le minoranze – tra esse il popolo rom – dalla vita e dalle scelte della città. Lo ha detto ieri pomeriggio il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego, intervenendo al convegno “Italia Romanì. L’inclusione dei rom e dei sinti in Italia. Quale strategia?”, promosso a Roma dall’Associazione 21 Luglio.

Scopo del convegno, da una parte, fotografare la condizione sociale e giuridica delle comunità rom e sinte nel nostro Paese; dall’altra, individuare limiti e prospettive della “Strategia nazionale di inclusione dei Rom, dei Sinti e dei camminanti”. Per mons. Perego “estraneità ed esclusione riducono un concetto di città che da casa diventa per alcuni sono la tenda; da luogo di partecipazione diventa luogo di lavoro; da luogo di incontro diventa luogo di scontro; da luogo per tutti diventa luogo di alcuni; da luogo di integrazione diventa luogo di esclusione. Riprendere e riproporre un’idea di città, di cosa sta al centro della città, di fronte alla crescita di tentativi di periferizzazione della città, è molto importante oggi”.

“Un rischio che oggi fa soffrire la città – ha aggiunto mons. Perego – è un nuovo protezionismo e corporativismo sia nelle politiche sociali che culturali. Di fronte a questo rischio siamo chiamati a riaffermare l’universalismo di alcuni diritti, con una forte attenzione alla relazione d’aiuto e all’accompagnamento. L’esasperata difesa dell’identità, spesso nasconde la difesa di interessi e non aiuta a cogliere la novità, ciò che accade”. Occorre costruire invece, “una nuova relazione diffusa e intelligente, con un’attenzione preferenziale ai più deboli, con un orecchio alle attese della povera gente: di chi arriva e rimane ai margini della città; di chi è espulso dalla città, di chi è solo tra le case, di chi abbandona la scuola, di chi ha paura – sia in senso fisico che psichico; di chi non ha famiglia, di chi perde il lavoro o coniuga con il lavoro tempi di attesa, di chi lavora irregolarmente ed è schiavo di nuovi meccanismi di caporalato o d’impresa o d’agenzia… Non è sufficiente identificare, conoscere, occorre incontrare e accompagnare per costruire una relazione costruttiva e risolutiva (in termini di promozione, libertà, protezione…). Solo l’incontro aiuta a costruire relazioni che vincono la paura, aprono al confronto, invitano al dialogo. Parole nuove nella città diventano allora: riconoscimento, accompagnamento, denuncia, condivisione, partecipazione, fraternità”.

Il tema della città e della cittadinanza “ci ricorda – ha concluso il direttore Migrantes – che dobbiamo affrontare la sfida del riconoscimento del popolo rom non solo sul piano degli interventi caritativi ed emergenziali, ma anche e soprattutto su quello educativo, culturale e politico, affinché si pongano le condizioni di quel ‘vivere insieme’, principale obiettivo da perseguire di fronte all’attuale fenomeno di esclusione sociale del popolo rom. Non possiamo nasconderci che la differenza rom è diventata in città la diffidenza nei confronti dei rom”.  (Migrantes online /Inform)

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