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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

L’Associazione Bellunesi nel Mondo ricorda il 66° di Marcinelle e la 21^  Giornata del sacrificio del lavoro degli italiani all’estero

MEMORIA

Nel 1971 nel Bellunese erano 600 gli orfani di padri periti nelle miniere o in incidente sul lavoro all’estero

 

BELLUNO – Seicento bambini orfani. Seicento donne vedove. È il 1971 e siamo in provincia di Belluno. Una provincia di emigranti e allora, una delle persone che diede battaglia affinché orfani e vedove avessero il giusto sostegno fu l’allora parlamentare, nonché sindaco di Ponte nelle Alpi. Giovanni Bortot. E proprio la figura di Bortot è stata ricordata in occasione del 66° anniversario della tragedia di Marcinelle e della 21^  Giornata del sacrificio del lavoro degli italiani all’estero, che l’Associazione Bellunesi nel Mondo ha ricordato lunedì 8 agosto davanti alla propria sede, in  via Cavour a Belluno, in cui è presente il monumento degli emigranti scolpito da Franco Fiabane. Un monumento che rappresenta anche la tragedia di Marcinelle.

Era l’8 agosto del 1956, quando un incendio scoppiato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile del Bois du Cazier (Marcinelle – Belgio) provocò un disastro che segnò per sempre la storia dell’emigrazione italiana. 262 vittime, provenienti da 12 diversi paesi,136 italiani, tra questi il bellunese Dino Della Vecchia. La tragedia, con il suo dolore, permise tuttavia di far luce sulle deplorevoli condizioni di lavoro nelle miniere, contribuendo finalmente all’introduzione delle maschere antigas.

“Ringrazio le autorità presenti, le Famiglie Ex emigranti e la figlia di Giovanni Bortot – le parole del presidente Abm Oscar De Bona – siamo qui per ricordare e per non dimenticare. Questo il ruolo dell’Associazione Bellunesi nel Mondo. Dobbiamo parlare sempre di più della nostra emigrazione, portando alla luce anche le molteplici tragedie sul lavoro che hanno coinvolto, in terra di emigrazione, centinaia di bellunesi”.

Un’emigrazione di certo cambiata, come sottolineato dal consigliere del Comune di Belluno, Roberto Ferro: “Adesso si parla molto di fuga di cervelli, non più di valigie di cartone. Di certo è doveroso supportare anche quanti decidono di emigrare e cercare di farli rientrare in modo che queste eccellenze portino sviluppo nel nostro territorio”.

Ma si è anche parlato di sicurezza sul lavoro e di come, anche ai giorni nostri, si continui a morire. A portare il proprio saluto il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, e il Ministro bellunese Federico D’Incà. L’onorevole Roger De Menech, pontalpino, è intervenuto proprio raccontando quanto fatto da Giovanni Bortot in veste di onorevole: “Da subito ha cercato di supportare il territorio Bellunese, a quell’epoca in difficoltà economica e attanagliato dall’emigrazione forzata. Emigrazione, in particolare quella nelle miniere e nelle gallerie, che mieteva vittime a causa della silicosi. E fu proprio Bortot che, nel 1972, firmò una legge che permise di avere un’assicurazione per chi operava in zone potenzialmente pericolose per questa malattia”.

A ricordare Bortot anche il presidente onorario Abm, nonché già sindaco del Comune di Longarone, Gioachino Bratti: “Con Bortot la collaborazione è sempre stata assoluta. Ho due ricordi vividi di lui. Il primo ci porta al giorno dopo del disastro del Vajont: Giovanni con gli stivali sporchi di fango, fu uno dei primi che andò a prestare soccorso e lo trovai nel centro di emergenza per chiedere ulteriore supporto; il secondo invece è negli anni in cui fui Sindaco di Longarone. Un giorno venne nel mio ufficio perché doveva parlarmi, ma precisò che avrebbe aspettato il suo turno lasciando quindi prima le persone che avevano preso appuntamento con me. Un’ulteriore dimostrazione della sua umanità, correttezza e rispetto per il prossimo”.

Alla figlia l’Abm ha voluto consegnare una pergamena come segno di riconoscenza.

La cerimonia si è conclusa con la benedizione del cero da parte del diacono Francesco D’Alfonso. (Inform)

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