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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

“Il posto dell’Italiano in Svizzera”

ITALIANI ALL’ESTERO

 

Il dibattito sull’insegnamento dell’italiano, sulla formazione, sul ruolo del personale docente e su altri percorsi di diffusione della lingua e della cultura italiana

 

ZURIGO- Il convegno “Il posto dell’Italiano in Svizzera” promosso dal Comites di Zurigo lo scorso mese di dicembre ha approfondito varie tematiche relative alla lingua italiana in Svizzera; in particolare la seconda parte del dibattito si è sviluppato  , come chiarito nelle note introduttive dalla Professoressa Tatiana Crivelli, direttrice dell’Istituto di lingue e letterature romanze (Romanisches Seminar) dell’Università di Zurigo, sull’insegnamento della lingua italiana, sulla formazione, sul ruolo del personale docente e su altri percorsi di diffusione della lingua e della cultura italiana attraverso canali di comunicazione non specificatamente scolastici. In merito a ciò ha preso la parola Roger Nesti, del Coordinamento degli Enti Gestori Corsi LCI, che ha fornito un breve quadro del sistema complesso e variegato dei corsi di lingua e cultura italiana (LCI). Per riuscire al meglio nell’intento ha riportato  alcuni dati: 3 uffici scolastici, 39 docenti ministeriali, 2 milioni e mezzo di euro per i sette enti gestori che insieme agli uffici scolastici gestiscono i corsi. “I corsi LCI-  ha ricordato Nesti – sono nati negli anni ’70, spesso per iniziativa dei comitati genitori o di associazioni e sono stati regolamentati dalla Legge 153 del 1971. Fino al 1993 il settore è stato gestito direttamente dallo Stato italiano con personale docente appositamente inviato all’estero e coordinato in loco dagli Uffici scolastici dei vari Consolati. Poi, per ragioni di risparmio, nell’estate del 1993 lo Stato italiano decise di richiamare una parte considerevole dei docenti ministeriali e di affidare la gestione dei corsi eccedenti a enti in loco, sostenendoli finanziariamente. È così che nasce il cosiddetto sistema a “gestione mista” fondato su una diretta collaborazione tra l’amministrazione da un lato e gli enti gestori dall’altro”. “Nell’anno scolastico 2017/2018 – ha proseguito Nesti – quasi 800 studenti e studentesse hanno sostenuto una prova di certificazione linguistica presso uno dei sette enti gestori operanti in Svizzera; nell’anno scolastico corrente, afferma, sono stati attivati 958 corsi, con 10.216 alunni e con l’impiego di 137 docenti. 382 corsi sono gestiti direttamente dallo Stato italiano con 39 docenti ministeriali, mentre 576 sono gestiti dagli enti gestori che impiegano 98 docenti. Negli ultimi due anni il numero dei corsi e corsisti/e è stabile”.

A questo punto, dopo essersi concentrato sui lati positivi della questione Nesti ha elencato le problematiche relative a i corsi LCI da affrontare partendo dalla prospettiva italiana: “innanzitutto bisogna superare la fase di perenne incertezza finanziaria e avviare una pianificazione pluriennale delle attività (legge di bilancio); stabilire norme applicative che mettano gli enti gestori in condizione di rappresentare un reale valore aggiunto e di allargare ad ampio raggio le proprie attività di promozione linguistica; riprendere la metodologia dei “piani paese” per rilevare i bisogni concreti e peculiari delle varie realtà territoriali e definire di conseguenza un modello di intervento dotato di forte flessibilità e adattabilità alle situazioni concrete; garantire ampia autonomia alle strutture operanti sul territorio, anche per quanto concerne le attività di autofinanziamento; rivedere la natura degli enti, puntando su una loro maggiore professionalizzazione”.

 

Ha poi preso la parola Diego Erba, in qualità di rappresentante del Forum per l’italiano in Svizzera, che ha in primo luogo ricordato come il  Forum, un’associazione di sodalizi di cui fanno parte 37 realtà, sia stato voluto dalle autorità del Cantone Ticino e Grigioni e sostenuto da enti culturali, autorità politiche e cattedre universitarie. Il Forum ormai da anni ha il compito di coordinare le diverse iniziative in atto sul territorio elvetico per promuovere la lingua italiana. Erba ha inoltre introdotto la questione della presenza dell’italiano all’interno delle scuole pubbliche svizzere, rilevando come la situazione non sia così confortante, il contesto varia da cantone a cantone,  e auspicando in proposito la creazione sia un monitoraggio continuo, sia di indicatori che possano descrivere la situazione dell’italiano al fine di coordinare delle politiche d’intervento.

Daniela Canclini, rappresentante delle Scuole Club Migros, settore lingue, ha parlato dell’insegnamento dell’italiano nelle scuole private o nelle fondazioni in generale. Non esistono dati su quante persone adulte studino italiano nelle scuole private svizzere: “le scuole Migros nate nel 1944 e lanciate proprio con i corsi di lingue, tra i quali l’italiano, sono una delle realtà più grandi e importanti in Svizzera. Tuttora, quella italiana è una delle cinque lingue principali insegnate nelle scuole club Migros. Frequentano i corsi della scuola Migros oltre 350.000 persone, le sedi sono 50”. Canclini ha rilevato una sostanziale tenuta dell’insegnamento e quindi della richiesta dell’italiano che si contende sempre il primato con lo spagnolo come quarta lingua più richiesta e concluso con una fotografia della situazione dell’insegnamento dell’italiano in Svizzera per una platea adulta affermando che l’esito è positivo, stabile e che esiste un’ottima offerta dell’italiano al passo con i tempi e che l’interesse sembra essere sempre attuale.

 

Il dibattito a questo punto di è concentrato sulla formazione e sul ruolo dei docenti; ha preso la parola Sara Alloatti dell’Istituto di Scienze dell’educazione Università di Zurigo che ha affermato: “il mio intervento verterà principalmente sulle sedi che formano insegnanti di scuole secondarie nella Svizzera tedesca; in questi istituti di formazione esiste una sola persona dedicata all’insegnamento della didattica e il ruolo che ricopre è vario, come è vario il profilo del docente e della docente di didattica. Le mansioni all’interno del mandato del personale docente, spiega la relatrice, sono diverse: possono riguardare attività di insegnamento, ricerca, insegnamento e ricerca insieme, formazione continua e l’attività di promozione che è spesso a discrezione del docente. Le risorse sono però molto esigue rispetto ai tanti ambiti di azione che sarebbe necessario coprire”.

A seguire è intervenuta Rosanna Margonis-Pasinetti, dell’Haute école pédagogique Vaud, un’Associazione svizzera dei professori e delle professoresse d’italiano che ha affermato  : “il mio intervento non  si concentrerà su dati e numeri, bensì verterà sul portare a conoscenza del pubblico le riflessioni alle quali partecipa tutto il personale docente di didattica in Svizzera romanda dove lo sforzo verte verso una collaborazione tra tutti i docenti e le docenti di didattica, non solo della lingua italiana ma delle altre lingue straniere e antiche: italiano, francese, tedesco, greco e latino. In primo luogo bisogna incoraggiare, sia per l’italiano che per tutte le lingue, soprattutto quelle minoritarie, un atteggiamento non di difesa ma di associazione e collaborazione. Questo tipo di atteggiamento, questa idea di base- continua Margonis Pasinetti- deve seguire tutto il percorso di apprendimento, insegnamento e studio di una lingua: dalla scuola dell’obbligo e fino alla formazione post-obbligatoria e universitaria”.

 

A conclusione del dibattito l’attenzione si è concentrata sui percorsi alternativi di diffusione della lingua italiana. Per primo è intervenuto Lorenzo Tomasin, rappresentante in questa sede dell’Università di Losanna, che si concentrato sul ruolo e la posizione delle Cattedre di lingua e letteratura italiana in Svizzera come punti di osservazione privilegiata sulla lingua e sulla cultura italiana all’interno della Confederazione. Tomasin ha evidenziato come l’italiano, oltre ad essere lingua nazionale, rappresenti in questo momento in Svizzera, la lingua che ha la maggiore tendenza a diffondersi al di fuori del suo territorio linguistico attraverso vari modi, canali e ragioni. Il 42% degli svizzeri, ha ricordato Tomasin, posseggono l’italiano nel loro repertorio linguistico ed è un dato che non ha eguali in nessun altro paese d’Europa. Per Tomasin L’italiano si configura dunque come una lingua di minoranza ma molto dinamica e con la costante tendenza a uscire oltre i propri confini, tra mobilità interna e pratiche migratorie in costante evoluzione.

 

La parola è poi passata a Maurizio Canetta, Direttore RSI, Radiotelevisione svizzera di lingua italiana: “la SSR (società svizzera di radiotelevisione) è un attore chiave dentro alla discussione odierna ed è un’applicazione assolutamente virtuosa del modello federalista e della pluralità garantita dalla Costituzione. Infatti la Svizzera italiana versa, tra canone e pubblicità, circa 4,5% di quanto entra nelle casse della SSR la quale restituisce alla RSI (radiotelevisione svizzera di lingua italiana) quattro volte tanto. Il vero tema  continua Canetta – è evitare che quella cartina in cui l’italiano è confinato nel territorio ticinese e grigionese diventi localismo. È un rischio che è facile correre. Gli indici di ascolto vengono rilevati solo in Svizzera italiana e anche se dunque la rete non sa quanti spettatori italofoni ci siano in Svizzera tedesca e romanda, è forte la coscienza che ci sia un importante potenziale. E’ dunque importante la cooperazione e la rete tra attori che si occupano delle stesse tematiche perché ognuno sia, prima di tutto, informato della presenza dell’altro”. (Maria Stella Rombolà/Inform)

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