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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

“Il mondo si allontana? Il Covid-19 e le nuove migrazioni italiane”, presentato il volume del Centro Altreitalie

ITALIANI ALL’ESTERO

ROMA – E’ stata presentato in videoconferenza il volume realizzato dal Centro Altreitalie: “Il mondo si allontana? Il Covid-19 e le nuove migrazioni italiane” è un’inchiesta che raccoglie le testimonianze di più di 1200 persone da 57 Paesi diversi, con questionario online, ossia decine di interviste e interventi di protagonisti ed esperti che si interrogano su come cambierà la mobilità e sulle politiche da adottare per le centinaia di migliaia di nuovi emigrati italiani che hanno lasciato il Paese nel terzo millennio. Ha introdotto i lavori la ricercatrice Maddalena Tirabassi, autrice insieme ad Alvise Del Prà, di questo volume edito da Accademia University Press con prefazione di Piero Bassetti. Oltre ai rappresentanti istituzionali, nel corso della presentazione sono intervenuti studiosi e ricercatori che, dai propri Paesi di residenza, hanno contribuito all’inchiesta.

L’inchiesta è partita dalla domanda su cosa stesse accadendo nel mondo dell’emigrazione con la chiusura delle frontiere a causa della pandemia. “Abbiamo potuto monitorare momento per momento cosa stessero vivendo gli italiani all’estero. L’inchiesta si è occupata all’inizio di raccogliere le testimonianze di chi cercava di tornare in Italia e molti italiani si trovavano fuori anche per vacanza.  Molto spesso le precauzioni da adottare verso il Coronavirus erano inoltre contrastanti tra Italia ed altri Paesi così da creare ansietà nei connazionali. La maggioranza dei nostri intervistati non ha patito particolarmente il lockdown dal punto di vista lavorativo usando sia lo smartworking sia gli ammortizzatori sociali; i problemi riguardano invece quella parte grigia costituita dagli ‘invisibili’ ossia coloro che non sono registrati all’Aire e neanche nel Paese di residenza magari perché senza lavoro fisso o perché lavoratori in nero”, ha spiegato Tirabassi che ha ricordato come nell’inchiesta emerga anche il ruolo dell’associazionismo come punto di congiuntura tra vecchia e nuova mobilità. “E’ emersa però, da parte di questa generazione libera di muoversi nel mondo, la volontà di mantenere questa libertà”, ha sottolineato la ricercatrice. Il co-autore Del Prà ha evidenziato alcuni numeri dell’inchiesta che ha riguardato un campione così composto: 64% donne, 54% età compresa tra 30 e 39 anni, 78% residenti all’estero da più di tre anni, 82% iscritti all’Aire. Quasi il 70% degli intervistati ha una laurea ed è occupato a tempo pieno.

Il deputato Massimo Ungaro (Italia Viva), eletto nella ripartizione Europa, ha sottolineato come “l’entità dell’emigrazione attuale sia tornata a livelli che fanno ricordare gli anni ‘60” ma allo stesso tempo “bisogna conoscere questo fenomeno e capire come gli italiani stiano abbracciando la cultura della mobilità, in particolare sul fronte dell’integrazione europea”. Ungaro ha rimarcato come “le più colpite dalla pandemia siano state proprio le nuove migrazioni o i cosiddetti ‘Aire scoperti’ ossia persone da poco presenti nel Paese ospitante e quindi non soggette agli ammortizzatori sociali locali”, ha spiegato il deputato menzionando per esempio uno strumento importante come il reddito di emergenza accessibile anche agli iscritti Aire rientrati in Italia. Michele Schiavone, Segretario Generale del Cgie, ha ricordato come “l’emergenza sanitaria abbia messo in luce le fragilità del Sistema Italia in rapporto alle comunità presenti nel mondo: in un periodo che dura da quasi otto mesi sono stati portati alle luce i limiti legislativi e pratici in quanto da metà febbraio il Cgie è diventato un presidio per sostenere le nostre comunità in risposta alle difficoltà presentatesi ovunque nel mondo”, ha spiegato Schiavone sottolineando come molti consiglieri del Cgie abbiano agito in supplenza alle difficoltà delle strutture diplomatico-consolari, nonostante il grande lavoro dell’Unità di Crisi. E’ stato ricordato anche il ruolo importante dell’impegno spontaneo dell’associazionismo con le raccolte fondi, per esempio in Australia, in aiuto ai connazionali bisognosi. Il Segretario Generale ha poi rilevato la necessità, nell’ambito dell’emigrazione italiana all’estero, di un profondo rinnovamento attraverso riforme che devono adeguare la vita delle comunità all’estero agli aspetti legislativi.

Schiavone, ricollegandosi al discorso di Ungaro, ha parlato del problema legato al lavoro sommerso.“Nel sostegno all’emergenza ci sono state differenziazioni di priorità tra i residenti (iscritti Aire, ndr) ed i temporaneamente all’estero e tuttora persistono difficoltà nel rientro per quei connazionali che risiedono in Paesi terzi che non possono utilizzare neanche voli con scali intermedi in Europa”, ha aggiunto il Segretario Generale auspicando una svolta legislativa per riportare gli “invisibili” al centro della cittadinanza.  Argomenti che saranno discussi nell’attesa Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome-Cgie.

Riccardo Roba (Belgio) ha sottolineato come la pandemia abbia limitato non solo le attività sociali ma anche i collegamenti: molti collegamenti tra la Capitale belga e l’Italia potranno risentire infatti di forti limitazioni anche in futuro. Toni Ricciardi (Svizzera) ha sottolineato a sua volta il problema degli ‘invisibili’ che non hanno benefit dal Paese di provenienza e non ne hanno neppure dal Paese ospitante. “Una pandemia è di fatto una catastrofe e una catastrofe è un processo di accelerazione della storia: ovvero si accendono i fari sulle difficoltà e si toccano con mano problemi da sempre irrisolti”, ha spiegato Ricciardi ponendo in risalto il problema del lavoro ma anche quello della sanità. Sandro Rinauro (Italia-Svizzera), parlando sempre della situazione svizzera, ha spiegato come gli italiani ben inseriti non pensano affatto di rimpatriare. Eppure, non tutta la Svizzera appare accogliente allo stesso modo in un momento delicato come questo, fatta salva la necessità di avere lavoratori frontalieri: “nel Ticino il risentimento antitaliano è cresciuto”, ha evidenziato Rinauro.

Maria Chiara Prodi, Presidente della Commissione tematica ‘Nuove Migrazioni e Generazioni Nuove’ del Cgie, ha ricordato come quasi 17 milioni di europei vivano in uno Stato membro diverso da quello di nascita: “una generazione cresciuta nella multipolarità della propria esistenza che ha vissuto uno shock, seppure costruttivo”, ha spiegato Prodi evidenziando come il grande assente dei primi momenti sia stata proprio l’Europa benché poi il tempo perduto sia stato recuperato. “Le nuove migrazioni si sono stabilizzate e siamo tutti concordi nell’andare in direzione di un maggior coinvolgimento dei cosiddetti invisibili. Come Cgie, attraverso il Seminario di Palermo, abbiamo allargato lo spazio ai giovani affinché questi creassero una loro agenda. Occorre circolarità nelle energie”, ha sottolineato Prodi dando l’appuntamento al Festival della Migrazione che si terrà dal 26 al 28 novembre. Brunella Rallo, blog ‘Mamme dei cervelli in fuga’, ha evocato come nei primi sei mesi della pandemia le ‘famiglie a distanza’ abbiano adottato strategie più intense per prendersi cura reciprocamente dei propri membri: famiglie già abituate a vivere in una sorta di distanziamento fisico a causa del fenomeno migratorio. “E’ venuto fuori un sentimento positivo verso il nostro servizio sanitario nazionale e molte famiglie, proprio per questa ragione, hanno cercato di far rientrare i propri figli dall’estero”, ha spiegato Rallo sottolineando però come le ripercussioni economiche possano avere effetti negative sulle possibilità migratorie dei cosiddetti ‘invisibili’, giacché da sempre molte famiglie sostengono economicamente i figli che emigrano.

Maria Luisa Caldognetto (Lussemburgo) ha ricordato come l’emigrazione in questo Paese da parte degli italiani sia ormai ultracentenario. In Lussemburgo il 40% della popolazione totale, che è di poco più di 600 mila abitanti, è di fatto straniera. Quanti sono gli italiani residenti? Negli anni ’90 si parlava di circa 20 mila presenze annue, mentre dai dati Aire si sono rilevate mediamente cifre più alte: per esempio mentre i dati statistici locali fissano a 23 mila i nuovi residenti italiani nell’ultimo rilevamento, questi salgono a 30 mila per stando ai dati Aire di quest’anno. La senatrice Laura Garavini (Italia Viva), eletta nella Ripartizione Europa, ha condiviso le considerazioni di Ricciardi su un possibile bivio: ossia la pandemia può dar vita a variabili nuove. “Tutto sommato, accanto alle problematicità emerse, ci sono aspetti innovativi, rispetto all’atteggiamento dell’Italia per questioni che chi vive all’estero già conosce da anni: non ultima l’adozione di nuove tecnologie da parte di realtà che prima non ne usavano. Parlare di smartworking in Italia oggi è la normalità”, ha spiegato Garavini parlando anche della possibilità di poter ripopolare settori desertificatisi negli ultimi anni grazie proprio a possibilità come il lavoro a distanza. Garavini ha lanciato quindi il quesito su una possibilità di nuova attrattività verso le terre d’origine, prima di esprimere un apprezzamento per le politiche europee. “L’Europa ha saputo dare uno scatto di reni in avanti: avrebbe potuto disintegrarsi ma è riuscita invece a rappresentare il consolidamento del progetto europeo, dimostrando di saper reagire in modo solidale. Nessun Paese sarebbe stato in grado di rispondere con efficacia, se fosse rimasto chiuso entro i propri confini”, ha sottolineato Garavini.

Edith Pichler , sociologa delle Migrazioni dell´Università di Potsdam, ha parlato di diverse biografie e di diversi modelli migratori celati dietro il complesso fenomeno dell’emigrazione italiana, spesso dettata da necessità e con caratteristiche ancora tipiche del passato. “Abbiamo una generazione segmentata economicamente e nei titoli di studio. La Germania è stata negli anni recenti un importante Paese d’immigrazione italiana che è cresciuta di circa 400 mila persone; tuttavia il saldo migratorio è di appena 150 mila connazionali negli ultimi dieci anni perché parliamo di una migrazione spesso molto volatile”, ha spiegato Pichler lasciando così intendere che, soprattutto entro i confini comunitari, si tende a spostarsi da un Paese all’altro con una certa frequenza. C’è poi in un Paese come la Germania tutta una questione legata alla precarietà lavorativa e al fatto di non poter accedere di conseguenza alle indennità di disoccupazione. “Cambieranno i modelli di mobilità nell’era post-Covid?”, si è domandata Pichler evidenziando come anche i voli low-cost siano in diminuzione. Loredana Polezzi (UK ma in attesa di potersi trasferire negli Usa) ha sottolineato come il senso d’instabilità in un Paese come la Gran Bretagna esista già dal 2016 per lo spettro della Brexit: paure che si sono sovrapposte a quelle della pandemia. “Per un periodo la pandemia aveva scalzato dall’attenzione pubblica problemi come quelli di un ‘No Deal’ per quanto riguarda la Brexit”, ha evidenziato Polezzi lamentando anche misure come il blocco dei visti negli Usa.

Marco Fedi (Coasit-Australia), già deputato Pd, ha sottolineato come ancora prima del Covid da parte dei paesi nazionalisti siano state adottate scelte politiche volte alla restrizione della mobilità delle persone. Atteggiamenti che sono stati accentuati dalla pandemia. Fedi è intervenuto anche sull’idea più volte rimarcata di ‘invisibili’: “non sono persone ‘invisibili’ ma sono persone che si preferisce non vedere perché in realtà sono ben visibili, quindi sarebbe più opportuno chiamarli ‘ignorati’ per scelta”, ha sottolineato Fedi rimarcando come meno del 50% dei giovani giunti in Australia sia iscritto all’Aire “vedendo forse inutile mantenere questo legame con l’Italia”. A questo si aggiunge la mancanza di volontà di rientrare in un Paese in cui mancano le opportunità necessarie per consentire un ritorno. Fabrizio Venturini (Nomit-Australia) ha spiegato come “occorra una staffetta della ‘rivoluzione’ per non lasciare nessuno indietro”. Silvana D’Intino (Australia) ha parlato di “sinergie inespresse di una rete di italiani nel mondo: rete che prescinde dalla collocazione e diviene mare”. D’Intino ha inoltre spiegato che, nel caso dell’Australia, l’ospitalità si sia mantenuta in questi mesi sostanzialmente funzionale a se stessa e non abbia avuto modifiche relativamente allo stato di emergenza globale.

Secondo Piero Bassetti, Presidente di ‘Globus et Locus’, “la pandemia ci ha svegliati alla nuova fenomenologia della mobilità come un qualcosa che deve quindi essere ripensata nell’ottica della tradizionale presenza italica nel mondo: la nostra è una civilizzazione costruita proprio sul presupposto della mobilità”, ha spiegato Bassetti. C’è poi da rivedere anche l’idea della contingenza legata ad ogni singolo Stato, basato su un territorio definito. “Oggi c’è una mobilità più ampia e si può essere italici in modi diversi. Il periodo della valigia di cartone è stato di grande sofferenza ma è superato: lo Stato nazionale nasce con la frontiera e con il passaporto, ossia con strumenti che vanno contro le persone ‘mobili’ ma oggi sappiamo che il tema della migrazione è in realtà proprio quello della mobilità”, ha aggiunto Bassetti auspicando “il funerale del passaporto con cittadinanze non più formali ma culturali”. L’invito di Bassetti è a non aver paura di far emergere i problemi della mobilità. “Dobbiamo ripensare il concetto di potere statuale affinché accetti la mobilità come valore e non come una violenza verso i propri confini: la cittadinanza stessa non sia più definita dall’appartenenza agli antichi popoli ma come protagonismo di un riordino del mondo”, ha concluso Bassetti. (Simone Sperduto/Inform)

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