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Registr. Trib. Roma n.338/2007 del 19-07-2007
INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Gli Italiani e New Orleans: una storia da raccontare

ITALIANI ALL’ESTERO
Umberto Mucci (We The Italians) intervista Frank Maselli, presidente dell’American Italian Museum di New Orleans
Gli Italiani e New Orleans: una storia da raccontare
New Orleans fu la prima grande città americana ad accogliere un grande numerodi emigrati italiani, ancora prima che questi partissero da un territorio che si potesse ufficialmente chiamare Italia, ovvero prima dell’unificazione del 1861. Le storie di quegli emigrati non contemplano il passaggio per Ellis Island, non si sviluppano nella Little Italy di Manhattan: alcune di esse sono se possibile ancora più tragiche, in alcune parti. Spesso gli italiani prendevano il lavoro degli schiavi afroamericani che venivano liberati, e molti venivano pesantemente discriminati. Due esempi aiutano a capire il clima.
Nel 1891, 250 italiani furono arrestati con l’accusa di aver ucciso il capo della polizia di New Orleans. 11 di loro furono processati e assolti, ma una folla di circa 20.000 nativi del luogo che non accettavano la sentenza assaltò il carcere nel quale essi erano ancora detenuti, e dopo averli presi in consegna li uccise brutalmente, alcuni per impiccagione: è stato per molto tempo il più grave linciaggio della storia degli Stati Uniti. I rapporti diplomatici tra Italia e USA furono in bilico per qualche tempo, fino a quando il Governo americano non si scusò ufficialmente e ordinò un risarcimento per le famiglie delle vittime.
Nel 1922, proprio quando in Italia si assisteva alla marcia su Roma di un partito la cui ideologia esaltava l’italianità con una forza che sarebbe degenerata fino alle leggi razziali e al colonialismo in Africa, in Alabama JimRollins – un afroamericano accusato del grave reato di aver fatto sesso con una donna bianca – fu ritenuto innocente perché il suo avvocato dimostrò che la donna aveva cambiato il suo cognome ma era in effetti di origine italiana, e dunque “non interamente bianca”.
E’ dunque importante che a New Orleans esista chi da decenni si è incaricato di raccontare la storia degli italiani nel sud est degli USA (che ovviamente non è solo tragica come per i due episodi appena descritti), con un centro culturale ed un museo: incontriamo Frank Maselli, Presidente di entrambi.
Mr. Maselli, l’American ItalianMuseumdi New Orleans è la più importante istituzione che abbia la finalità di raccontare la storia degli Italiani che giunsero nel sud est degli Stati Uniti. Ci dica qualcosa sul museo, sul centro culturale che lo ospita e su suo padre, Joseph Maselli, che diede vita ad entrambi.
Mio padre nacque nel New Jersey, in una famiglia nella quale si parlava italiano: fu solo quando iniziò ad andare a scuola che imparò l’inglese. Dopo la guerra si spostò a New Orleans, dove incontrò mia madre, frequentò l’università ed aprì la sua attività che crebbe dal nulla ed è ancora di grande successo. Circa 40 anni fa iniziò ad interessarsi su come preservare e celebrare la cultura italiana e quella italoamericana, sentendo di appartenere ad entrambe. Fondò la Italian-American Federation of the Southeast, che aggregava per la prima volta 30 associazioni di tutto il sud est.Mise insieme un gruppo di personalità di successo italoamericane – avvocati, dottori, uomini d’affari – e insieme fondarono la American ItalianRenaissance FoundationMuseum and Research Library, la prima organizzazione di questo tipo nel sud, circa 35 anni fa. Fu anche tra i membri fondatori della NIAF, e poi fu consigliere per le questioni etniche dei Presidenti Ford, Carter, Reagan e Bush padre. Nel 1973 fondò anche l’Italian American Digest, un giornale che ancora oggi pubblichiamo, per informare circa i valori che contraddistinguevano gli italiani emigrati nel sud est: la famiglia, il lavoro duro, l’educazione.
L’American Italian Museum di New Orleans, nel centro della città, fu terminato nel 1974: il prossimo anno festeggeremo dunque il nostro trentesimo anniversario. Nel museo abbiamo diverse testimonianze che raccontano alcune storie di italiani che arrivarono qui a New Orleans e nel Sud est degli Stati Uniti: fotografie, oggetti, articoli, lettere che riguardano i viaggi, gli inizi difficoltosi, le prime società che li raggruppavano, la religione, i festival e poi naturalmente la musica.
Quali sono le vostre principali attività?
Sono tantissime le cose che abbiamo fatto nei nostri primi 30 anni. Siamo fra i promotori di un festival dell’italianità; abbiamo corsi di lingua italiana; organizziamo eventi, conferenze, presentazioni e concerti (due mesi fa abbiamo ospitato il maestro Matteo Fedeli che ha suonato un autentico Stradivari), a volte anche viaggi in Italia; organizziamo un festival del cinema italiano; offriamo degustazioni di vini italiani; aiutiamo persone che vogliono fare ricerche genealogiche per scoprire le loro origini in Italia; ospitiamo ricercatori che da tutti gli Stati Uniti vengono per documentarsi circa la nostra storia. Il centro culturale contiene più di 400 testimonianze in voce circa l’emigrazione italiana, documenti che riguardano 25.000 emigrati, e la più nutrita biblioteca degli Stati Uniti per quanto riguarda i libri sull’esperienza italoamericana: più di 5.500. Iniziammo 30 anni fa acquistando la collezione di un importante italoamericano di nome Giovanni Schiavo, e da quel momento teniamo traccia di ogni libro che parli degli italiani d’America. Lavoriamo insieme alle scuole e alle università di questa zona, facciamo da punto di riferimento per il sud est quando hanno bisogno di informazioni o di fare ricerca.Come dicevo prima, pubblichiamo l’Italian American Digest, che esce quattro volte all’anno (per San Giuseppe, il 4 luglio, il Columbus Day e a Natale) e distribuiamo in 15.000 copie, nel quale raccontiamo i successi degli italoamericani di quest’area degli Stati Uniti. Infine, abbiamo una Italian American Sports Hall of Fame dove onoriamo circa 80 atleti italoamericani che negli ultimi cento anni si sono distinti per il loro successo in diversi sport.
In particolare prima dell’istituzione di Ellis Island, avvenuta nel 1892, furono moltissimi gli Italiani che arrivarono a New Orleans e nel sud est. Era l’inizio dell’emigrazione di massache poi si sviluppò dopo l’unità d’Italia … ci sono molti italiani oggi a New Orleans e in Louisiana? Chi sono, cosa fanno?
Molti erano gli italiani che viaggiarono con Hernando De Soto, che attraversò la Louisiana nel 1541. Intorno alla fine del XVII secolo l’esploratore italiano Enrico Tonti fu tra coloro che parteciparono alla fondazione di diversi Stati come li conosciamo oggi, lungo il fiume Mississippi.
Circa il 90% di coloro che dall’Italia vennero a New Orleans arrivavano dalla Sicilia: fu una delle prime città ad ospitare emigrati italiani, ben prima dell’Unità d’Italia.Infatti nel 1836 si insediò a New Orleans il primo Console mai arrivato da un territorio che poi sarebbe stato parte dell’Italia unita: era il rappresentante del regno delle due Sicilie. Il censimento del 1840 mostrò che c’erano in Louisiana più persone che si dichiaravano italiane che in tutto il resto degli Stati Uniti di allora: in quell’anno New Orleans era la città più ricca in America e la terza per popolazione.C’erano navi dirette settimanalmente da Palermo a New Orleans. Gli italiani che emigravano erano persone semplici: artigiani, alcuni scultori, soldati di fortuna, e musicisti. Nick La Rocca, emigrato dalla Sicilia, nei primi anni del secolo scorso fu il primo a registrare un disco jazz, e a portare il jazz in giro per gli Stati Uniti, da New York a Chicago: fu in qualche modo il mentore di Louis Armstrong. E diversi altri italiani erano famosi a quel tempo come i migliori musicisti di quella che iniziava ad essere la scena del jazz, che nacque qui. Qualche anno fa Renzo Arbore, un grande artista studioso e conoscitore di questi temi e una persona davvero deliziosa, è venuto qui a New Orleans a rendere omaggio a questi italiani pionieri del jazz.
25 anni fa si diceva ci fossero 200.000 italiani nella sola New Orleans. Io penso che oggi ce ne siano almeno 300.000, se non di più, e almeno 4/500.000 nello Stato della Louisiana. Gli italiani sono in tutti i settori possibili del business, qui. I sindaci di New Orleans e delle due città che insieme ad essa compongono la Greater New Orleans, Metairie e Kenner, sono tutti e tre di origine italiana. Ci sono famosi architetti, avvocati, uomini d’affari, manager, imprenditori, giudici: il Capo della Suprema Corte della Louisiana era fino a 5 anni fa un italoamericano. Ci sono molti medici, incluso uno molto famoso di nome John Adriani, deceduto anni fa, che fu considerato il padre della moderna anestesia.
C’è interesse nel sud est per i prodotti italiani?
Certamente il cibo, il vino e l’abbigliamento sono i settori più apprezzati. Effettivamente, ogni cosa che abbia stile è anche qui riconosciuta come “italiana”. Stiamo ricominciando anche a vedere in giro le automobili FIAT, che negli ultimi venti anni non si sono viste molto.
L’ultima domanda. Da italoamericano impegnato nella valorizzazione e nel racconto della storia di coloro che lasciarono la loro patria per arrivare in America, qual è la sua idea di Italia, oggi? Sente che l’Italia si interessi ai suoi cittadini dall’altra parte dell’Atlantico?
Per me l’Italia è un po’ come una cugina: ho in effetti diversi cugini in Puglia e nel Lazio, e alcuni parenti lontani in Sicilia che però non ho mai conosciuto. Sento una forte connessione con l’Italia, ma è evidente che noi di seconda o terza generazione, nati qui in America, ci sentiamo in primo luogo americani, anche coloro che come me portano con orgoglio e difendono con passione la provenienza italiana della propria famiglia.
Penso che in effetti sarebbe giusto nei confronti della comunità italoamericana, e di coloro che salirono su quelle navi e vennero qui tra il XIX e il XX secolo, se dall’Italia fosse possibile intrattenere rapporti un po’ più stretti, e far conoscere agli italiani di oggi un po’ meglio la storia e l’esperienza di questa emigrazione. Furono davvero tanti gli italiani di allora che dovettero andare via, e lavorando duro sacrificandosi a lungo riuscirono a garantire ai loro figli la possibilità di studiare e di migliorare le proprie condizioni di vita. Molti di loro iniziarono il loro business, e il percorso della comunità italiana dalla metà del 1800 ad oggi è una storia di costante miglioramento e apprezzamento da parte degli altri americani. Ma non fu affatto facile, e avvenne grazie al dna italiano vincente e caparbio che avevano quei primi emigrati e che trasmisero ai loro discendenti come me. Probabilmente in America si è un po’ più orientati al business rispetto all’Europa e all’Italia, e questo ha facilitato il successo degli italoamericani: ma so che la capacità di lavorare e di fare impresa che qui ha incontrato l’ambiente più fertile, nasce dall’origine italiana ed è qualcosa che noi italiani avremo sempre, dovunque viviamo.(Umberto Mucciwww.wetheitalians.com /Inform)
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