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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Festival della Migrazione di Modena, presentato il RIM Junior 2020

MIGRANTES

 

 

MODENA – All’interno del Festival della Migrazione di Modena è stata presentata la terza edizione del Racconto Italiani nel Mondo (RIM) Junior 2020: opera dedicata ai giovani curata da Delfina Licata ed edita dalla Fondazione Migrantes, come fratello minore del Rapporto Italiani nel Mondo. Dunque i fenomeni migratori visti con gli occhi dei ragazzi. “Bisogna rendere lo spazio cosmopolita maggiormente a portata delle nuove generazioni, perché ciò significa superare il divario generazionale con intelligenza per riformare e ristrutturare la società”, ha introdotto Licata. Don Gianni De Robertis, Direttore Generale della Fondazione Migrantes, ha introdotto i lavori parlando di una narrazione che rovescia gli stereotipi: quegli stessi stereotipi già più volte raccontati nel RIM ossia di quando “brutti, sporchi e cattivi eravamo noi” agli occhi di chi ci ospitava come migranti. De Robertis cita il filosofo Jean-Paul Sartre che concepiva l’essere umano come individuo situato nel tempo e nello spazio e contemporaneamente il prodotto del contesto e degli altri. “Questo significa che lo straniero lo creiamo noi. Ricordiamoci di quando certe offese erano rivolte a noi come forestieri. A volte i bambini sono più aperti di noi”, ha aggiunto De Robertis.

Daniela Maniscalco, autrice RIM Junior, ha ricordato una serie di episodi di discriminazione nei confronti degli italiani. Il 14 marzo 1891 a New Orleans negli States una folla inferocita lincia undici immigrati italiani; 16 agosto 1893 ad Aigues-Mortes in Francia in una terribile “caccia all’orso”, secondo un macabro e sadico modo di dire per parafrasare la violenza contro gli immigrati italiani, perdono la vita nove nostri connazionali ma non sarà mai accertata l’entità reale della tragedia; 23 agosto 1927 vengono giustiziati negli Usa, sulla sedia elettrica, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti dopo un processo ingiusto tant’è che, a distanza di molti anni, l’immagine infangata dei due connazionali uccisi venne riabilitata dalle stesse istituzioni locali. “Quale la colpa di tutte queste persone? Essere italiani, passionari e – come spesso si diceva – armati di coltelli per tagliare il pane e all’occorrenza anche la gola di qualche malcapitato”, ha raccontato Maniscalco rievocando anche alcuni degli stereotipi più comuni riservati ai nostri emigrati.  Anche quando l’odio non degenerò in caccia alle streghe o in persecuzioni fisiche, gli episodi di odio e intolleranza verso gli immigrati italiani si presentarono sotto altra forma. Come nel caso dei cartelli affissi fuori dai negozi in Paesi come Svizzera, Germania e Lussemburgo: “vietato l’ingresso agli italiani”. Ci sono anche stereotipi positivi, naturalmente, ma neppure questo aspetto è sempre adeguato.

Mirko Notarangelo, Direttore artistico del RIM Junior, ha parlato del concetto di ‘stereotipo visivo’ che, se da una parte agevola perché semplifica, dall’altro impedisce però di rappresentare la realtà in maniera più plausibile e con un’analisi più profonda. “Pensiamo per esempio a ciò che avviene nella pubblicità che è l’anima del commercio ma anche lo specchio della società e segue le tendenze: basti pensare all’immagine della famiglia perfetta oppure a quella della donna alla ricerca del detersivo perfetto”, ha spiegato Notarangelo parlando di esempi per fortuna in evoluzione nel tempo e non più fossilizzati in una società cristallizzata. “Così anche lo stereotipo sociale può essere un muro contro il quale scontrarsi e può condizionare la vita di tutti. Noi siamo ‘pizza e mandolino’ invece il tedesco e lo svizzero sono ‘puntuali’. Si tratta di muri negativi da eliminare ma è difficile perché si comincia fin da piccoli a costruire questi ostacoli. Serve educazione”, ha precisato Notarangelo.

Paolo Pagliaro, Direttore 9Colonne, ha sottolineato come questo libro “non sia necessariamente un testo esclusivo per ragazzi, alla stessa maniera delle opere di Gianni Rodari che in realtà scriveva per tutti; quelle dello stereotipo sono parole malate che fanno presto a trasformarsi in pregiudizio, quindi a sua volta in discriminazione”. Elly Schlein, Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, ha ricordato come “la società più sicura per tutti è proprio quella maggiormente inclusiva che non lascia indietro nessuno, rispettando le differenze e valorizzandole: chi fa politica non deve alimentare le tensioni sociali ma deve ridurle”, ha spiegato Schlein auspicando il pieno riconoscimento normativo in Italia delle cosiddette seconde generazioni e sottolineando, d’altro canto, come sull’accoglienza in generale l’Europa abbia perso l’occasione di riformare l’accordo di Dublino, a causa dell’ostracismo di alcuni Governi, per una maggiore condivisione delle responsabilità. Amir Issaa, musicista, ha vissuto sulla propria pelle gli stereotipi essendo nato in Italia da padre immigrato dall’Egitto nei primi anni ’70 e da madre italiana. “A scuola nei primi anni ’80 la realtà era molto diversa da oggi perché quasi tutti i miei compagni avevano per lo più entrambi i genitori italiani. Avevo dei problemi anche familiari: mia madre, per ‘aiutarmi’, ha accantonato la mia identità egiziana chiamandomi Massimo e quindi per un bel po’ di anni ho quasi dovuto difendermi dalla società italiana. Oggi sono un autore, ho una buona proprietà di linguaggio, ma quando ero bambino no: sono cresciuto in una periferia romana e intorno a me non c’era la cultura. Il rap è stato il primo genere musicale che mi ha fatto scattare la molla di raccontare e dire chi ero”, ha spiegato Amir Issaa sottolineando come, anche a causa della stampa, spesso i rapper siano considerati mediante lo stereotipo di colui che divulga messaggi sbagliati o invitino all’uso di droghe. “In America ci sono rapper che vincono premi letterari per i loro testi”, ha precisato il musicista che ha partecipato al RIM Junior inserendo proprio le sue strofe rap. “Scavalcando recinzioni può raggiungere i tuoi sogni, devi abbattere quei muri se vuoi costruire ponti”, recita uno dei testi del rapper. E chissà se un giorno il mondo non possa avere davvero più ponti che muri. (Simone Sperduto/Inform)

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