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Registr. Trib. Roma n.338/2007 del 19-07-2007
INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

‘Discover People-Place’, l’ingegnere Claudia Bettiol racconta un progetto dedicato al turismo e alla valorizzazione dei piccoli borghi

TURISMO

ROMA – Far conoscere i territori meno noti, magari proprio quelli che nei decenni hanno visto un progressivo abbandono da parte dei giovani in cerca di fortuna all’estero: questa è la missione di Claudia Bettiol, di professione ingegnere, impegnata proprio nello studio delle strategie per rendere attrattive le zone d’Italia meno frequentate dal turismo generalista. Parallelamente alla professione, da cinque anni gestisce il portale ‘Discover People-Places’ che, in formato bilingue, pubblica online storie relative a piccoli borghi, riscuotendo seguito e attenzione tra molti giovani lettori soprattutto da Canada e Stati Uniti. Per dirla con le parole di Bettiol, stiamo parlando di “un magazine da 30mila contenuti, frutto di un investimento di cinque anni: le entrate derivano dalla pubblicità o dalla consulenza sullo sviluppo locale dei territori”, ci spiega nell’intervista evidenziando un dettaglio tutt’altro che marginale. Infatti, come accaduto ad una parte del settore privato che si occupa di promozione culturale e turistica in Italia, anche l’attività di Bettiol non ha usufruito adeguatamente dei ristori e degli aiuti dello Stato per l’emergenza pandemica; così ci si è dovuti rimboccarsi le maniche da sé per poter andare comunque avanti: “se sei una ‘srl’, in Italia te la devi cavare da sola”. E proprio così ha fatto Claudia Bettiol, dando seguito a questa sua massima. A fronte di pochissimi ristori, dunque, l’unico modo per sopravvivere era investire o lanciare idee innovative, come per esempio la promozione di due contest internazionali incentrati sulle radici e sulla conoscenza dei territori italiani: uno dei due ha visto la partecipazione anche di istituzioni cinesi. Fermo per i problemi legati alla pandemia è invece il progetto scolastico ‘Turismo tra i banchi’ che, attraverso donazioni, punta a instaurare gemellaggi con le scuole del Nord America per fidelizzare le nuove generazioni, magari figlie proprio dell’emigrazione italiana, all’amore verso il Belpaese. Il rischio infatti è quello di “un vuoto quando non ci sarà più per esempio la vecchia generazione di emigrati da sempre legata a questi temi per cui, se oggi non creiamo le condizioni per avere dei ponti verso le nuove generazioni, i nostri territori non avranno più un certo tipo di turismo e di attenzione”, spiega Bettiol che è inoltre attualmente parte del programma di formazione di Alibaba dedicato agli imprenditori che desiderano divenire esperti in operazioni commerciali in rete tra Italia e Cina.

Nord America e Cina, occidente ed oriente: poi c’è l’Italia che non può prescindere dalla promozione dei suoi piccoli borghi che tanto sono amati e letti all’estero. Cluadia Bettiol ci parla di ciò che manca all’Italia per essere davvero competitiva: dare un brand ai territori e creare una diversa interazione con quelli che lei chiama “viaggiatore delle radici”, perché il concetto di “turista” è più idoneo al visitatore delle mete più blasonate. “Mi sono accorta che l’unico modo per avere un brand era investire sul territorio e che c’erano territori per niente raccontati né in italiano né in inglese: questo portava a processi di internazionalizzazione occasionali e senza un percorso di sviluppo strutturato”, questa la visione imprenditoriale di Bettiol che auspica un maggior coinvolgimento dei territori anche nel Patto per l’Export, al fine di incrementare il Made in Italy. “Servono misure di accompagnamento nella formazione e nella creazione di intermediari che sappiano di territori e di prodotti. La ‘governance’ deve essere nazionale tanto per avere un brand quanto per avere un piano d’azione semplice d’attuare”, spiega Bettiol che parteciperà quest’anno per la prima volta al ‘Tavolo delle Radici’ della Farnesina. Bettiol si sofferma ancora sull’idea di turismo delle radici. “Secondo me in Italia c’è una sorta di fraintendimento su cosa sia il turista delle radici: non è il turista che prende il biglietto aereo e va a vedere un posto perché mosso dalla pubblicità ma ci va per ricreare un ponte, spesso in centri minori e in aree che hanno subito l’abbandono, e può essere un agente di sviluppo locale. Questo turista non vuole essere trattato come un qualunque turista ma come un qualcuno che appartiene a quella terra e quindi vuole un’attenzione particolare”, aggiunge Bettiol che vede buone intenzioni nel Tavolo delle Radici rilevando la consapevolezza che “sono i nostri territori a dover essere preparati a tutto questo perché chi viene dall’estero è invece già pronto: è qui che bisogna formarsi sull’accoglienza”. L’idea di Bettiol è quella di tanti sindaci in tante piccole città che potrebbero trovare in questi viaggiatori i loro agenti di sviluppo locale. “Non mi preoccupano le infrastrutture, sia per l’aspetto ricettivo che per la mobilità, anche perché il turismo delle radici vuole essere un viaggio avventuroso e il fatto che il viaggio non sia del tutto comodo e ci siano paesini sperduti nell’Appennino aumenta in realtà l’esperienza ricercata in questa tipologia di viaggio. Quello che mi preoccupa, invece, è l’accoglienza italiana verso persone che vengono in un piccolo borgo con tanto amore alla scoperta di se stessi e non come turisti generici; quindi il fatto che, da parte italiana, ci possa essere una difficoltà a relazionarsi con culture differenti perché gli italo-discendenti vengono da altri ambienti. Il rischio è che queste persone vengano considerate come si considerano i normali turisti e non come viaggiatori delle radici”, conclude Bettiol. (Simone Sperduto/Inform)

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