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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Di Maio: Afghanistan, via da maggio. I regimi? Parliamo con tutti ma sui diritti non si arretra

RASSEGNA STAMPA

Intervista del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale al Corriere della Sera di oggi

Ministro Di Maio: dalle aperture alla Cina e alla Russia di Putin, ai tempi del governo Conte, a questo nuovo e marcato atlantismo con quello di Draghi. Cambiano i governi, ma lei resta responsabile degli Esteri, come spiega la svolta pro-americana?

«L’Italia non ha mai mutato il suo posizionamento geopolitico di fondo. I nostri governi sono sempre rimasti fedeli all’Alleanza Atlantica. Va aggiunto che il governo di Joe Biden ha cambiato approccio rispetto alla precedente amministrazione Trump. Roma e Washington non sono mai state tanto vicine. Questa amministrazione Usa non è certo isolazionista, siamo perfettamente allineati su questioni fondamentali, come la difesa dei diritti umani, o dell’ambiente. Sono appena stato a Washington, la prima visita in assoluto di un ministro degli Esteri straniero dopo la nomina di Biden, a sottolineare quanto l’Italia sia un interlocutore solido, affidabile. Allo stesso tempo, con la Cina nei primi mesi di quest’anno rispetto al 2020 abbiamo visto crescere di oltre due miliardi di euro gli interscambi commerciali e favoriamo l’attività delle nostre imprese. Comunque, ai leader cinesi non ho mai smesso di esprimere le nostre preoccupazioni per la repressione contro la minoranza musulmana degli Uiguri e le rivolte di Hong Kong. Con l’amministrazione Biden sono in sintonia nel condannare la repressione in Bielorussia o la persecuzione di Aleksej Navalny da parte del regime di Putin».

Ricorda con quanto entusiasmo favorì la Via della seta con Pechino?

«Inutile tracciare paralleli o indugiare con il passato. Le condizioni cambiano, lavoriamo per il futuro. In Europa ci saranno presto mutamenti importanti. Le prossime elezioni tedesche vedranno l’uscita di Angela Merkel dopo l’importante lavoro di questi anni. Guardiamo avanti».

L’aspetto preminente del suo viaggio americano?

«L’Italia è un alleato fondamentale della nuova politica americana. Biden e la sua amministrazione mi hanno anticipato le scelte sull’Afghanistan, assicurano il loro sostegno in Libia».

Biden le ha promesso che invierà vaccini in Italia?

«Ne parleremo più avanti, concordiamo che i vaccini non possono essere utilizzati come strumenti di politica estera».

Biden appena eletto condannò il principe Mohammad Bin Salman per l’omicidio di Jamal Kashoggi, ma disse anche che le relazioni economiche d’antica data con i sauditi non potevano cambiare. Lo stesso facciamo noi con Egitto o Turchia?

«Nonostante la condanna, gli americani non hanno cessato le relazioni con i sauditi. I nostri rapporti con l’Egitto sono ai minimi storici da anni. Ci sono aziende private italiane che lavorano nel Paese, però non sono spinte dal governo. Ma è ovvio che non possiamo tagliare i rapporti con l’Egitto quando dobbiamo trattare per esempio della diga etiope sul Nilo e di questioni vitali come la Libia. Ci sono aspetti della realtà attorno al mare nostrum che ci obbligano a negoziare con chiunque, anche con i regimi non democratici. Non è una questione di double track, da una parte i principi e dall’altra gli affari. Tutt’altro, abbiamo più volte criticato la politica saudita nel conflitto yemenita. Nelle ultime ore Biden ha espulso una decina di diplomatici russi, ma allo stesso tempo ha invitato Putin al prossimo summit sul clima. Anche noi italiani manteniamo canali di dialogo».

Dare la cittadinanza a Patrick Zaki non rischia di allungare la sua detenzione?

«I nostri rapporti con l’Egitto non sono mai stati tanto bassi. Il caso Regeni resta irrisolto, chiediamo che gli ambasciatori europei possano tornare a monitorare i processi. Ci sono principi relativi ai diritti umani che non sono negoziabili e le decisioni del parlamento restano sovrane. Il tema è piuttosto bilanciare la nostra comunicazione, evitare escalation, per liberare Zaki e arrivare alla verità su Regeni».

Draghi accusa Erdogan di essere un dittatore e questi gli ricorda che lui non è stato eletto. Come la vede?

«Occorre tenere in considerazione tutto ciò che ha detto Draghi, inclusa la necessità di cooperare coni turchi. Io però non entro in questo botta e risposta, evito di inasprire le tensioni».

Sulla Libia c’è il rischio che la potenza militare turca danneggi i nostri interessi?

«Parto dal presupposto che l’Italia è avvantaggiata. Con la Libia abbiamo rapporti storici, siamo più avanti di tutti. Noi stiamo rimettendo in moto i cantieri di contratti stipulati anni e anni fa, come l’autostrada costiera o la costruzione dell’aeroporto di Tripoli. L’Eni è la più forte compagnia straniera. Gli altri devono iniziare adesso tutto da zero. La nostra ambasciata è sempre stata aperta».

Quando riapriremo il consolato a Bengasi?

«Prestissimo, credo entro il primo giugno. Nei prossimi giorni nomineremo il console. Intanto abbiamo già firmato il trattato contro la doppia imposizione fiscale, che faciliterà le nostre imprese in Libia. Centrale sarà spingere, anche assieme agli americani, per espellere i mercenari stranieri. Ne parlerò con la nuova ministra degli Esteri, Najla Mangoush, che il 22 aprile sarà a Roma».

Crede possibile cancellare gli accordi tra Tripoli e Ankara sulla spartizione delle acque territoriali?

«È un loro accordo bilaterale. Sta ai libici parlarne. Mi sembra però interessante che abbiano ricevuto i greci, che aprono la loro ambasciata a Tripoli. Lo scenario è unico, in piena evoluzione, offre occasioni irripetibili. Il premier Dabaiba opera per unire la Libia, un compito difficile, ma può riuscire. Noi stiamo lavorando con la Francia e l’Europa per facilitarlo».

Assistere guardia coste è il modo per frenare i migranti?

«Il sistema migliore è rafforzare i controlli ai confini meridionali della Libia e non sul mare. L’azienda italiana Leonardo, tra le altre, da tempo offre strumenti che aiutano questa missione».

Ha già la data finale del ritiro dei nostri circa 850 soldati dall’Afghanistan?

«Ci coordineremo con gli americani e gli altri alleati. Inizieremo il primo di maggio e ci aspettiamo che la logistica pesante americana sia l’ultima a partire entro l’11 settembre per facilitare le partenze».

Cosa risponde a chi accusa di abbandonare gli afghani ai Talebani?

«Non smetteremo di aiutare il Paese. I nostri progetti di cooperazione continueranno. Del resto, Al Qaeda è stata ampiamente battuta. Osama Bin Laden è morto».

Conte alla guida dei Cinque Stelle: il suo giudizio?

«Sono convinto che vada sostenuto da tutti noi, contribuirà a rafforzare il nostro movimento». (Lorenzo Cremonesi – Corriere della Sera del 16 aprile 2021)

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