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“Campobasso, un’antica terra di emigrazione”: il saggio di Franco Narducci nel RIM2020

MIGRAZIONI

Dal Rapporto della Migrantes Italiani nel Mondo 2020

 

 

ROMA – “Romantico e stregato tanto da poter essere lo sfondo ideale per una tragedia come il Macbeth”, così scriveva del Molise Guido Piovene sul finire degli anni ’50. Più recentemente a restare stregata dal fascino di questa Regione è stata la giornalista del New York Times, Susan Wright, che ha inserito il Molise a metà classifica tra le cinquanta mete nel mondo da visitare assolutamente. Fiabesco e realismo si mescolano però con le complessità storiche e attuali di una terra, composta da bellissimi borghi, che pur tuttavia negli ultimi 20 anni ha perso circa 20 mila abitanti: vuoi per il tasso di natalità molto basso che non riesce a sopperire alla mortalità annua e vuoi per la tendenza piuttosto costante nei decenni ad espatriare da parte dei suoi abitanti. Questa complessità di una piccola Regione del Sud e la variegata realtà del fenomeno migratorio italiano vengono evidenziati nel saggio a firma di Franco Narducci, già segretario generale del Cgie  e parlamentare Pd, contenuto nel Rapporto Italiani nel Mondo 2020 della Fondazione Migrantes.

“Campobasso, un’antica terra di emigrazione” è in questo senso un titolo tutt’altro che casuale. Le vicende dell’emigrazione della provincia di Campobasso si intrecciano con le vicende dell’aggregazione del Molise all’Abruzzo successivamente all’Unità d’Italia, sebbene tracce cospicue di flussi migratori molisani, soprattutto verso le Americhe, siano addirittura antecedenti al 1861. L’antico ‘Contado Molise’ reso provincia autonoma per volontà di Giuseppe Napoleone nel 1806 diverrà, dopo il distaccamento dall’Abruzzo avvenuto nel 1963, la più giovane Regione d’Italia e al contempo la più piccola del Meridione. Per comprendere le ragioni della tendenza all’espatrio da parte dei molisani non si può però non partire da considerazioni storiche e politiche di un territorio bello ma fragile, anche dal punto di vista idrogeologico, che ha patito una meccanizzazione dei processi produttivi insufficiente o tardiva, accompagnata da un’assenza di aziende agricole di dimensioni accettabili per essere davvero redditive su ampia scala. Si conviene nel considerare il Secondo dopoguerra come un momento di parziale ripresa anche per il Molise che sembra sfruttare le rimesse degli emigrati temporanei dei decenni precedenti, con un impulso all’edilizia abitativa, l’acquisto di terreni agricoli e il ritorno a casa di molti tra gli stessi espatriati mentre per altri l’emigrazione comincia invece a divenire un qualcosa di stabile; si arriva a raggiungere livelli accettabili anche nel settore manifatturiero, tessile, chimico ed alimentare tanto da esportare i prodotti regionali.

Sembrano ormai lontani dunque i tempi dei 300 mila espatri nel quarantennio compreso tra 1880 e 1920; così come lontani sembrano ormai i tempi delle emigrazioni disperate, a volte addirittura clandestine, passando per l’imbarco dal porto di Genova invece che per quello di Napoli, dove i controlli risulterebbero essere più rigorosi. A quei tempi le mete più ambite erano il Brasile, l’Argentina e gli Usa; nel Secondo dopoguerra cominciano invece a delinearsi altre rotte come Australia, Canada, Olanda, Inghilterra, Germania, Francia e Belgio. Nella tragedia di Marcinelle (8 agosto 1956) anche i lavoratori della provincia di Campobasso pagarono un tributo di sangue con ben sette decessi: la campana che ogni 8 agosto in Belgio ricorda, con i suoi 262 rintocchi, la morte di altrettanti lavoratori nella miniera di Bois du Cazier è stata costruita dalla Pontificia fonderia di campane di Agnone ed è stata donata a Marcinelle da tutte le Regioni italiane su iniziativa dei Maestri del Lavoro del Molise. Arriviamo poi alla crisi globale del 2008 che non risparmia neanche questa Regione, la quale paga oltremodo tutti gli errori e i ritardi nelle politiche industriali e la carenza infrastrutturale che influisce negativamente sul turismo: il gap nel settore del trasporto stradale e ferroviario non consentono per esempio di usufruire, a pieno regime, della relativa vicinanza con due grandi aeroporti come quelli di Roma e Napoli. Negli ultimi 15 anni la provincia di Campobasso ha registrato un decremento di circa 13 mila unità, mentre ad aumentare sono stati gli iscritti all’Aire: dai 46 mila del 2006 siamo passati ai 62 mila del 2020 con un incremento del 10% del tasso di incidenza sulla popolazione residente. Pietre miliari nella memoria e nella storia dell’emigrazione molisana nel mondo sono il Museo dell’Emigrazione del Molise dell’Associazione Pro Arturo Giovannitti e la collana “Quaderni sull’emigrazione” del Prof. Norberto Lombardi, che è anche Consigliere del Cgie. (Simone Sperduto/Inform)

 

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