direttore responsabile Goffredo Morgia
Registr. Trib. Roma n.338/2007 del 19-07-2007
INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

“Dialoghi nell’emergenza”, webinar del Comites di Basilea e del GIR sul Rapporto Italiani nel Mondo 2019 della Fondazione Migrantes

ITALIANI ALL’ESTERO

 

 

 

BASILEA – Per la serie “Dialoghi nell’emergenza” il Comites di Basilea e il GIR (Giovani Italiani in Rete), in collaborazione con le Missioni Cattoliche Italiane in Svizzera e con il Patrocinio del Consolato d’Italia a Basilea e del CGIE, hanno organizzato un webinar dedicato al Rapporto Italiani nel Mondo 2019 (RIM) edito dalla Fondazione Migrantes. Un video introduttivo ha aperto le porte al tema, con un linguaggio diretto; a volte crudo, ma efficace. Perché per capire i fenomeni migratori di oggi bisogna avere a mente cosa siano stati nel passato: e c’è stato un tempo nel quale ‘brutti, sporchi e cattivi’ eravamo noi italiani. Oggi quasi 6 milioni di italiani risultano iscritti all’Aire; ma l’emigrazione italiana, che ha toccato nuovamente livelli emergenziali altissimi dalla crisi del 2008 in poi, affonda in realtà le radici storiche negli albori del secolo scorso, quando ad essere discriminati nel mondo eravamo noi. Come ha rievocato il video trasmesso in diretta, gli italiani hanno subito stereotipi di ogni genere: negli Usa – tra i Paesi di maggiore emigrazione italiana – il problema della discriminazione si è sentito in maniera pesante. Dunque il cosiddetto hate speech, che oggi si consuma spesso dietro una tastiera, era quello che ci sbatteva in prima pagina sui mass media tradizionali come ‘la gente di mezzo’: perché non eravamo né del tutto neri, né del tutto bianchi. Si è parlato anche di quando i clandestini eravamo – e siamo tuttora – a volte noi, finendo nella rete dell’irregolarità: perché non tutte le storie di emigrazione italiana sono state o sono allo stato attuale a lieto fine.

Nella Sempio, Presidente del Comites di Basilea, ha indicato il RIM come un utile strumento e un grande contributo anche per la politica affinché la stessa possa occuparsi maggiormente di temi migratori.  “La strada giusta è quella di proporre un ambiente sociale dove l’altro sia visto come un mezzo di arricchimento. Altrimenti si generano effetti di isolamento sociale, insicurezza, senso di impotenza senza neanche uno stimolo per integrarsi”, ha spiegato Sempio ricordando come anche per l’emigrazione storica degli italiani in Svizzera ci siano stati problemi d’inserimento. “D’altronde l’integrazione va intesa come il rapporto tra identità e alterità: occorrono dunque educazione alla diversità e crescente interdipendenza tra popoli e classi sociali”, ha evidenziato il Presidente del Comites. Carlo De Stasio, Coordinatore nazionale delle Missioni Cattoliche Italiane in Svizzera, ha realizzato invece un parallelo tra l’emigrazione italiana e l’immigrazione nel nostro Paese. “Nel Rapporto Italiani nel Mondo troviamo un dialogo ricco tra passato e presente, perché il fenomeno della mobilità e delle migrazioni ci tocca tuttora da vicino ed è estremamente vivo. Uno dei meriti del RIM 2019 è quello di averci ricordato, in questo contesto storico complesso, l’ingiusta discriminazione subita dai nostri connazionali che ci hanno preceduto nel lasciare l’Italia e questo ci fa pensare di riflesso alle migliaia di invisibili stranieri che lavorano nei campi e nelle nostre case”, ha commentato De Stasio ricordando come anche tanti italiani siano partiti e continuino a farlo non solo per una libera scelta ma appunto in modo forzato per mancanza di prospettive.

 

Michele Schiavone, Segretario Generale del CGIE, si è soffermato su diversi aspetti del fenomeno migratorio espressi nel concetto stesso della mobilità: gli attori di questo fenomeno, che ha radici antiche, sono persone che si muovono per diverse ragioni e non sempre per una libera scelta. “Sono state erette nuove frontiere, almeno in Occidente, dove sussiste uno spirito non ancora compiuto di comunità europea dove dovrebbero invece essere definiti pienamente i diritti dei cittadini che vi abitano. Dobbiamo interpretare questo tempo per compiere delle scelte e ridefinire i rapporti tra cittadini, Stato e organizzazioni sovranazionali: su questa idea si deve ramificare l’albero sul quale poi distribuire le responsabilità del diritto e della cultura, riqualificando il senso stesso della mobilità”, ha spiegato Schiavone ponendo l’attenzione sulla questione del diritto alla cittadinanza degli italo-discendenti. “Da quattordici anni la Fondazione Migrantes ha aperto una vetrina sul nostro mondo, facendoci conoscere le diversità e la composizione dei nostri connazionali nel mondo. Questi connazionali sono soggetti valorizzanti per l’Italia, per la promozione e per l’innovazione di quello stile italiano chiamato Vivere all’Italiana”, ha aggiunto il Segretario Generale del CGIE sottolineando quegli elementi fondanti della nostra cultura ed economia, finendo ai diritti fatti valere nella cooperazione internazionale. “Siamo un Paese che, ai tratti colonizzatori, ha sempre preferito la propensione a venire in soccorso alle popolazioni in difficoltà, specialmente nel Mediterraneo”, ha evidenziato Schiavone andando ai punti deboli di un sistema di rappresentanza che certamente rende a volte difficile riportare nel discorso pubblico nazionale le questioni dei connazionali all’estero: un compito primario e delicato che spetta proprio alla rappresentanza dei diciotto parlamentari eletti nella Circoscrizione Estera. “Per i recenti provvedimenti legislativi gli sforzi maggiori sono giunti dall’impegno e dalla costanza delle nostre comunità. Visto il numero di cittadini italiani e di italo-discendenti, anche in chiave di internazionalizzazione e di promozione del Paese, avremmo bisogno di un riferimento chiaro e preciso interpretato da un Ministro per gli italiani all’estero”, ha rilevato poi Schiavone aggiungendo come ormai le decisioni vengano prese in Europa ed è lì che “dobbiamo sostenere, attraverso alcuni commissari, l’istituzione di un’Agenzia per cittadini stranieri”.

 

Delfina Licata, Fondazione Migrantes e curatrice del RIM, ha illustrato l’evoluzione storica del volume: inizialmente considerato un manuale di statistica sulla migrazione ma oggi visto come raccolta di racconti, saggi e storie, il tutto basato su tre criteri: multidisciplinarietà, trasnazionalità, complessità. “A volte vediamo sui fenomeni migratori dei film o degli interventi su stampa e tv molto semplicistici; ma si tratta di fenomeni complessi costruiti su un cambiamento talmente continuo che lo stesso nostro volume è di fatto un annuario. Il RIM è un progetto culturale che ha scritto pagine di storia, legate a un popolo e ad un Paese: negli ultimi quattordici anni ci sono stati profondi cambiamenti nella nostra società e bisogna parlare di mobilità plurime: esse sono dettate dalla necessità lavorativa ma anche dalla realizzazione del sé”, ha spiegato Licata andando ad illustrare chi sono coloro che partono. “Spesso hanno un titolo medio alto, ma tra gli italiani che partono ci sono anche giovani studenti che vogliono specializzarsi all’estero o persone adulte in cerca di un’occupazione. Non tutti hanno successo: la buona riuscita vale generalmente per gli altamente specializzati mentre molti altri finiscono per svolgere lavori dequalificati o peggio ancora mansioni sottopagate. La migrazione necessita di preparazione: non è possibile oggi muoversi senza essere preparati neanche in ambito europeo ed è pressoché impossibile partire senza conoscere la lingua del posto in cui ci si reca”, ha evidenziato Licata invitando a scelte ponderate e misure di sostegno o accompagnamento, a cominciare dai territori di partenza. “Al primo posto nell’emigrazione abbiamo le Regioni del Nord ma la mobilità vede ancora un certo protagonismo del Meridione. L’emigrazione spesso non è una scelta ma una necessità: occorre inoltre che ci sia una circolarità e che quindi le radici non si spezzino”, ha concluso la curatrice del RIM.

 

Toni Ricciardi, Storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra, riallacciandosi al video iniziale ha ripreso il discorso dell’iter che ha portato dai pregiudizi all’amore per il Made in Italy. Tre sono i concetti chiave quando si parla di migrazioni: odio, percezione e realtà. “Dal tanfo di cibo alle operette a tutto volume, secondo una tipica discriminazione socio-antropologica, oggi scopriamo che proprio questi elementi originariamente di discrimine sono invece diventati simboli di italianità che ci vengono invidiati. Occorre però avere una consapevolezza del fenomeno migratorio”, ha spiegato Ricciardi ricordando come l’Italia repubblicana nel secondo dopoguerra abbia siglato uno dei primi accordi internazionali con il Belgio, proprio sull’emigrazione. “Con il neorealismo degli anni ’60 è sorta una capacità di raccontarsi diversamente al mondo, anche per via del boom economico, quando appunto l’Italia si appresta a divenire la settima potenza mondiale. Sono gli anni successivi alla catastrofe di Marcinelle, che rappresentano una sorta di chiusura del racconto sull’emigrazione nazionale”, ha aggiunto Ricciardi intendendo come questa narrazione sia ripresa inevitabilmente con il ritorno del fenomeno migratorio in anni a noi più recenti. Pietro Maria Paolucci, Console d’Italia a Basilea, ha parlato di bisogni comuni a tutte le migrazioni: integrazione economica, associazionismo, grado d’istruzione trasgenerazionale e legami con il suolo d’origine. Come definire questo ruolo d’integrazione nei fenomeni migratori? “Occorre che il fenomeno stesso sia improntato ad un’autorganizzazione, che abbia dei confini certi tra limiti e diritti”, ha spiegato il Console. (Simone Sperduto/Inform)

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
Powered by Comunicazione Inform | Designed by ComunicazioneInform