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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

10 febbraio, celebrazione istituzionale per il Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe e degli esuli istriano-dalmati

CAMERA DEI DEPUTATI

ROMA – Si è tenuta per il 10 febbraio, nell’Aula dei Gruppi parlamentari, la celebrazione del “Giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo giuliano – dalmata”. Dopo la proiezione di un estratto del documentario “Le perle del ricordo”, a cura dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, sono seguiti gli interventi del Presidente della Camera, Roberto Fico, del Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, del Presidente di FederEsuli, Giuseppe de Vergottini. E’ stato trasmesso anche il video del Ministero dell’Istruzione, riguardante la premiazione dell’XI edizione del concorso nazionale “Pola, addio”, con un messaggio di saluto del Ministro Lucia Azzolina che ha richiamato l’unità tra popoli da trasmettere alle nuove generazioni. Alla celebrazione ha preso parte il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. L’orchestra del Conservatorio “G. Tartini” di Trieste ha eseguito, da remoto, in apertura l’Inno d’Italia e in chiusura l’Inno europeo.

“Oggi le istituzioni e la comunità nazionale sono chiamate a rinnovare la memoria di tutte le vittime delle foibe e la vicenda dell’esodo degli istriano-dalmati nel secondo dopoguerra: bisogna conservare e rinnovare la memoria della complessa vicenda del confine orientale per rendere un omaggio commosso ai nostri connazionali lesi nella loro vita e dignità e nei diritti fondamentali”, ha dichiarato Roberto Fico, ringraziando l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, il Ministero dell’Istruzione e il Comune di Trieste per il documentario “Le perle del ricordo”. “Migliaia di italiani furono uccisi in massa dalle forze comuniste jugoslave e spesso ancora oggi si ignora il loro luogo di sepoltura: centinaia di migliaia di persone furono costrette a fuggire e non sempre furono accolte nella nostra Penisola con la solidarietà dovuta. Oggi ricordiamo anche quanti rimasero in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia ma furono sottoposti a forme di discriminazione e persecuzione dalle autorità jugoslave”, ha aggiunto Fico sottolineando come per molto tempo queste storie siano “rimaste confinate solo nella memoria degli esuli e dei loro discendenti, le cui sofferenze furono acuite dall’indifferenza e dal fatto che per troppo tempo ci siano state narrazioni di parte e pregiudizi: soltanto grazie alle associazioni degli esuli è stato possibile un percorso di giustizia e verità per costruire una memoria condivisa”, ha precisato Fico. “Oggi sappiamo che in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia fu messa in atto una feroce persecuzione contro la popolazione italiana inerme: abbiamo tutti gli elementi per respingere le tesi negazioniste o giustificatorie di quelle persecuzioni, purtroppo ancora presenti. Ciò non vuol dire sminuire le politiche di italianizzazione forzata delle popolazioni slave condotte dal fascismo e la condotta criminale che ispirò le forze nazifasciste in Jugoslavia”, ha evidenziato Fico rinnovando lo spirito antifascista dei valori italiani e della stessa Costituzione. Dunque il Giorno del ricordo diventa un monito per il presente “perché il rispetto dei diritti umani non è un qualcosa di acquisito per sempre ma richiede un impegno quotidiano, affinché i conflitti e gli estremismi ideologici e nazionalistici non portino di nuovo a crimini contro l’umanità”, ha sottolineato Fico parlando di una memoria comune europea come nucleo di valori condivisi. Fico ha altresì ricordato l’incontro del luglio scorso a Trieste tra il Presidente Mattarella e il suo omologo sloveno Pahor che hanno deposto insieme una corona presso la Foiba di Basovizza e presso il Monumento ai caduti sloveni, sugellando il superamento di incomprensioni tra Italia e Slovenia. Soddisfazione è stata espressa nel rinnovare la notizia, anticipata da stampa e istituzioni già nel dicembre scorso, su Gorizia e Nova Gorica quali capitali europee della cultura per il 2025.

Elisabetta Casellati ha espresso come sia sempre una forte emozione presenziare al Giorno del ricordo, da poter svolgere anche quest’anno nonostante le problematiche relative alla pandemia. “E’ un’occasione solenne per rinnovare la vicinanza delle istituzioni agli orfani e ai familiari delle vittime nonché agli esuli istriani, fiumani e dalmati. E’ un’opportunità per riflettere insieme su alcune pagine dolorose della nostra storia: pagine che ci raccontano una verità terribile per troppo tempo colpevolmente ignorata e relegata all’oblio e al pregiudizio. E’ una vicenda che non può essere fatta passare attraverso le censure delle ideologie, perché la storia non può essere un racconto di parte ma deve invece essere testimonianza di ciò che è stato”, ha ammonito Casellati evidenziando l’importanza dello studio documentale della storia specialmente quando ci riguarda così da vicino. “Italiani erano gli istriani, i fiumani ed i dalmati fatti cadere uno ad uno, legati insieme col fil di ferro, e lasciati morire nelle gole del Carso. Tra loro c’erano gli anziani che si erano battuti contro la dominazione austriaca; c’erano i giovani, donne e uomini, che erano il cuore di quelle città e società e molti di loro si erano da poco tolti la divisa militare contenti di essere sopravvissuti all’orrore della guerra; c’erano infine i bambini, senza colore politico, eppure schiacciati da un orrore che non potevano capire”, ha aggiunto Casellati parlando di “inumana e inaccettabile pulizia etnica che ha costretto migliaia di esuli a fuggire da quelle terre: un popolo sradicato dalla sua terra e abbandonato dalle diplomazie e dalle istituzioni, emarginato persino in Italia”. Casellati ha dunque evocato il dramma di quegli esuli che non riuscirono a integrarsi in Italia oppure a trovare semplice ospitalità da parenti o amici: per molti di loro si spalancarono tragicamente le porte dei 109 campi di raccolta allestiti fuori dalle città, spesso in condizioni di assoluta precarietà. “Da quella terribile stagione sono trascorse generazioni e sono mutati assetti ed equilibri internazionali, a cominciare dal dissolvimento dei blocchi ideologici e dei pregiudizi. C’è stata la testimonianza dei superstiti e delle associazioni e c’è stato il lavoro degli storici: tutto ciò ha consentito di fare luce sulla tragedia delle foibe, ossia di comprendere il dramma dell’esodo istriano, fiumano e dalmata dando così una dimensione pubblica, ufficiale e condivisa, di quella storia oggi parte integrante del nostro patrimonio culturale”, ha evidenziato Casellati citando la legge n° 92 del 2004 istitutiva della Giornata del ricordo. “Solo attraverso una memoria condivisa e libera da pregiudizi può consolidarsi una conciliazione storica e culturale: la stessa che ha consentito di saldare tante fratture del passato rendendo l’Italia una nazione moderna, democratica e dialogante. Coltiviamo la memoria e rendiamo giustizia al dolore e al sacrificio di tanti nostri connazionali, per un futuro libero dalle morse dell’intolleranza e dell’odio”, ha concluso Casellati invitando le giovani generazioni ad essere costruttrici di messaggi di pace.

Giuseppe de Vergottini (Presidente FederEsuli) ha ricordato come la legge del 2004 abbia colmato un vuoto creatosi tra la memoria degli esuli e quella dell’intera nazione. “Non si può non ricordare che gli istriani, i fiumani e i dalmati erano stati non solo costretti a pagare per conto di tutto il Paese le conseguenze catastrofiche di una guerra sciagurata, ma erano stati ridotti a mero oggetto di scelta altrui così che sulla sorte delle vittime e dei sopravvissuti era caduto il silenzio. Paradossalmente, con i loro beni abbandonati e nazionalizzati dal regime di Belgrado, lo Stato italiano, contravvenendo alle disposizioni del Trattato di Pace, saldava parte delle riparazioni dovute alla Jugoslavia, mentre non ha ancora corrisposto un equo indennizzo agli esuli e ai loro discendenti”, ha spiegato de Vergottini vedendo quindi nella legge del 2004 un risarcimento per lo più morale che l’Italia ha inteso intraprendere per un reinserimento degli esuli nella comunità nazionale, compresi quei giuliani per lungo tempo emarginati. “Cominciamo dalla preclusione, per quasi un milione di cittadini della Venezia Giulia, della possibilità di sfruttare il recupero delle istituzioni democratiche. A Trieste, a Gorizia, in Istria, nel Fiumano ed a Zara non c’è stato un 25 aprile ma in quei giorni si è vissuto in un clima di sopraffazione”, ha aggiunto de Vergottini evidenziando l’assenza di rappresentanti di quella circoscrizione, in quanto sottoposta a occupazione jugoslava, nell’ambito dell’Assemblea costituente. “Se è vero che il dibattito costituente fu un passaggio fondamentale per la definizione dei valori della Repubblica, è agevole comprendere quanto sia stato difficile per quegli italiani sentirsi esclusi dalla Costituente”, ha proseguito de Vergottini sottolineando che in particolare ai giuliani non fu consentito esprimersi sugli accordi di rimodulazione dei confini nord-orientali ovvero sulla permanenza o meno in territorio italiano. “Il mancato rispetto della volontà delle popolazioni giuliane fu ricordato da De Gasperi nel 1946, alla Conferenza di Parigi, e successivamente da Benedetto Croce, davanti all’Assemblea costituente nel 1947”, ha sottolineato de Vergottini che ha puntato l’attenzione sul problema della segretezza di molti accordi di quell’epoca tra Italia e Jugoslavia che lasciarono quegli italiani soli davanti al fatto compiuto e all’annessione da parte jugoslava di buona parte dei territori contesi. Per de Vergottini non si può inoltre giustificare o negare quanto patito dalla popolazione italiana di questi territori. “Siamo convinti che sia giusto e doveroso non dimenticare queste vicende, analizzando al contempo, senza remore e preclusioni ideologiche, la complessità dei rapporti dell’Italia con le popolazioni slave e le innegabili responsabilità italiane del passato. Non abbiamo timore della verità storica; non condividiamo però letture improprie che enfatizzino o al contrario minimizzino il numero delle vittime”, ha concluso de Vergottini lamentando come alcuni luoghi teatro di esecuzioni siano ancora privi di targhe commemorative e lanciando la proposta di ospitare al Vittoriano una sezione sulla storia del confine nord-orientale. E’ stata infine menzionata la risoluzione del Parlamento europeo sull’equiparazione della brutalità del regime nazista e comunista, esprimendo contrarietà per l’onorificenza conferita a suo tempo dall’Italia al dittatore jugoslavo Tito. (Simone Sperduto/Inform)

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