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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Presentato a  Roma il nuovo numero della rivista “Affari Sociali Internazionali” con lo studio  di Franco Pittau “Immigrazione in Italia nella Prima Repubblica”

MIGRAZIONI

 

ROMA – E’ stato presentato ieri presso l’Auditorium di Via Rieti a Roma l’ultimo numero della rivista “Affari Sociali Internazionali. Nuova serie”, edita dal Centro Studi e Ricerche, Idos. Il numero ospita un importante lavoro curato da Franco Pittau, presidente onorario del Centro Studi e ricerche Idos, dal titolo “L’immigrazione in Italia nella Prima Repubblica”.

“Abbiamo voluto celebrare il decimo anno della nuova serie della rivista Affari Sociali Internazionali, anzi i miei colleghi lo hanno voluto dedicare ai miei ricordi sull’emigrazione della Prima Repubblica –  ci ha dichiarato Pittau al margine dell’evento- c’erano delle cose da ricordare per non perdere la memoria”. Diversi i punti affrontati dall’autore cominciando da quella che lui definisce “la sensibilità internazionale” del primo decennio del 1950, un periodo particolarmente felice in cui si approvò il Consiglio d’Europa e nel 1957 la Comunità Economica Europea (CEE). Sia l’una che l’altra, riferisce Pittau, hanno prodotto delle iniziative efficaci per la tutela degli emigrati. Tra queste una convenzione del Consiglio d’Europa e soprattutto l’Istituto Giuridico della Libera Circolazione della CEE. “Un’iniziativa che – continua Pittau – è stata, per chi si occupa di emigrazione, qualcosa di straordinario anche se molti non riescono a capire questa innovazione straordinaria che fu promossa la CEE, che non è stata superata ma che anzi ancora oggi ci consente di girare liberamente e di avere gli stessi diritti che ha il cittadino del posto”. “Nel 1975 – ricorda Pittau  – l’immigrazione non era ai livelli di oggi, allora erano circa 150mila gli immigrati e abbiamo ratificato la Commissione di New York contro le discriminazioni, come pure fu ratificata la convenzione che approvò l’Organizzazione Internazionale del Lavoro per la tutela dei lavoratori immigrati”. Fu proprio questa convenzione, continua l’autore, a dare una spinta per l’approvazione sulla prima legge sull’immigrazione, come pure diede una spinta una sentenza del 1977 della Corte Costituzionale che fece notare che c’era qualche aspetto del trattamento degli stranieri che era regolato con un regolamento con una disposizione secondaria e non con una legge. I politici della prima Repubblica, sottolinea Pittau , non solo erano accorti ma guardavano al futuro perché erano usciti già alcuni studi in cui demograficamente si cominciava a vedere qualche segno di cedimento. “L’onorevole Foschi, che era un parlamentare democristiano ma con buoni rapporti con gli altri partiti- continua  Pittau, fece una proposta per gli immigrarti insieme con un socialista e un comunista, la proposta seguì tutto l’iter parlamentare, con l’approvazione da parte dei due rami del Parlamento, e diventò legge nel mese di dicembre, la legge n. 1943/1986”. Questa legge, ricorda ancora Pittau, doveva essere accompagnata anche da una legge che regolava il diritto di soggiorno, il disegno di legge lo propose l’allora ministro dell’interno Oscar Luigi Scalfaro, però lo fece con un po’ di ritardo e non ci fu il tempo necessario per approvarlo. Ma la legge Foschi, come è ricordata, fu molto sentita dalla popolazione, riferisce l’autore che ebbe un plebiscito in Parlamento, solo il MSI votò contro. Una legge che le Regioni guardarono con favore, anzi siccome non aveva coperture economiche le Regioni furono invitate a mettere dei soldi. “Ci fu una grossa sensibilità verso gli immigrati, sottolinea, si studiarono le comunità estere, cominciarono a uscire le prime storie di questi immigrati, fu un periodo positivo”. Invece per il permesso di soggiorno restavano in vigore le leggi del periodo fascista del 1931, di conseguenza si avvertiva la necessità di andare avanti. E un passo avanti in campo legislativo, ricorda Pittau,  si fece con la Legge n. 39/1990. La cosiddetta Legge Martelli. “Il socialista Claudio Martelli che allora (1990) era vice Presidente del Consiglio dei Ministri, il presidente era Giulio Andreotti, fu uno molto capace perché già si cominciavano a sentire le voci contrarie al provvedimento. Però questa legge venne approvata”. Altro argomento trattato nelle 144 pagine della rivista è la sensibilità che i politici della Prima Repubblica avevano nei confronti delle “strutture intermedie”, come le definisce l’autore parlando di sindacati, associazioni, il mondo del volontariato. Un argomento molto caro a Pittau che ricorda come Mons. Luigi Di Liegro, allora direttore della Caritas di Roma, aveva raccolto intorno a se tutti le associazioni e quelli che avevano da dire sull’immigrazione. “Si fece un documento – rileva Pittau – e si invitò Martelli a partecipare ad una assemblea con le forze associative e del volontariato, e io fui chiamato a leggere questo documento”. Per la cronaca, alcune delle proposte riportate nel documento l’onorevole Martelli riuscì poi a farle passare in Parlamento. Un altro passaggio importante Pittau lo dedica all’amministrazione locale romana, quando era sindaco Francesco Rutelli.  E ricorda “L’allora sindaco Rutelli, era stato eletto nel mese di gennaio nel 1990, e verso maggio di quell’anno, fu organizzato il Forum dell’Intercultura, un programma di azione che aveva proposto mons. Di Liegro con Lidia Pittau, mia moglie, un programma che raggruppava tutte quelli che avevano da dire a livello interculturale. Vi aderirono molte associazioni, si fece un lavoro straordinario, si invitarono i professori, le classi, con centinaia di persone, Rutelli che stava cominciando a conoscere la città, si stupì che non fosse stato interpellato. Così fu poi invitato e partecipò. In seguito il lavoro che per primo aveva fatto l’associazionismo venne portato avanti dall’Assessorato alla cultura del comune di Roma”.

Ma Pittau si interroga anche sulle differenze fra l’oggi e la Prima Repubblica: “Manca la sensibilità internazionale, perché si confonde patriottismo con nazionalismo. Manca la prossimità dei decisori pubblici con la base come sindacati, associazioni, volontariato, associazioni degli immigrati. Manca la previsione del futuro e questo è un grosso guaio, perché prima l’immigrazione aveva problemi limitati perché il numero era limitato, adesso i numeri sono grandi e i problemi sono diventati grandi”. (Nicoletta Di Benedetto/Inform)

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