SENATO DELLA REPUBBLICA
ROMA – E’ stata presentata in Senato – prima firmataria la senatrice Laura Puppato, cofirmatari i senatori Bertuzzi, Cirinnà, Conte, D’Adda, De Pin, Fedeli, Idem, Liuzzi, Lo Giudice, Fausto Guilherme Longo, Mattesini, Pezzopane, Puglisi, Romano, Scalia, Sollo, Tocci, Valentini, Zin – una mozione con la quale si invita il Governo a sospendere la soppressione di Istituti Italiani di Cultura all’estero ed a pianificare politiche per il rilancio della loro azione, nonché a garantire la maggior trasparenza nella loro gestione.
Qui di seguito il testo integrale della mozione.
Il Senato, premesso che:
la legge 19 dicembre 1926, n. 2179, recante “Disposizioni per la creazione di istituti di cultura italiana all’estero”, ha istituito gli istituti italiani di cultura (IIC), al fine di garantire la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo e lo sviluppo delle relazioni intellettuali con i Paesi stranieri;
solo con la legge 22 dicembre 1990, n. 401, si è poi proceduto alla loro riforma, al fine di favorire interventi per la promozione della cultura e della lingua italiane, e il decreto del Ministro degli affari esteri 27 aprile 1995, n. 392, ha proceduto a regolare organizzazione, funzionamento e gestione finanziaria ed economico-patrimoniale degli istituti di cultura;
gli istituti italiani i cultura all’estero, oltre a promuovere la diffusione della cultura e della lingua italiane, contribuiscono allo sviluppo della reciproca conoscenza e della cooperazione culturale e scientifica, favorendo lo scambio reciproco tra Paesi e la promozione del made in Italy; a tali fini, è prevista anche la collaborazione con privati, associazioni e fondazioni per le iniziative pubbliche realizzate per il perseguimento delle finalità degli IIC, l’opera di traduzione e pubblicazione, la collaborazione con università dei Paesi ospitanti;
in particolare, l’articolo 8 della legge n. 401 del 1990 assegna agli IIC compiti in materia di organizzazione di eventi per diverse discipline artistiche, l’organizzazione di corsi di lingua e cultura italiana, la divulgazione della ricerca scientifica, la promozione di iniziative, manifestazioni e mostre, il contatto con operatori culturali stranieri anche al fine di favorire il dialogo tra culture diverse, il sostegno delle iniziative per lo sviluppo culturale delle comunità italiane all’estero, la gestione del patrimonio bibliotecario (ad oggi, oltre un milione di libri);
attualmente sono presenti nel mondo 90 centri tra IIC e sedi distaccate in 61 diversi Paesi, in ogni continente;
nell’estate 2013 il Ministero degli affari esteri ha presentato un piano di “Riorientamento della rete diplomatica-consolare italiana”, che prevedrebbe la chiusura di 32 sedi italiane all’estero di varia natura, tra cui 5 IIC (Lione, Lussemburgo, Copenhagen, Salonicco e Stoccarda) e 8 sedi distaccate (Wolfsburg, Washington, Francoforte, Vancouver, Ankara, Strasburgo, Grenoble e Innsbruck), per la realizzazione delle misure di razionalizzazione e diminuzione della spesa previste in base alla spending review;
considerato che:
la lingua italiana risulta essere la quinta lingua più studiata al mondo, la prima scelta come terza lingua durante gli studi nelle scuole straniere: l’Italia e l’italiano restano, a livello internazionale, simboli di ispirazione e accrescimento della formazione personale. La lingua e la cultura italiana sono considerate ovunque come gioielli da scoprire e conoscere; il nostro Paese è spesso meta ideale e prioritaria di turismo culturale e paesaggistico. La stessa parola “Italia” è brand di grande attrattività, spendibile a livello internazionale: a riprova di questo si segnala che presso le 142 scuole e i 242 lettorati più o meno direttamente legati agli IIC, vi è un’utenza di circa 400.000 studenti, di cui l’80 per cento stranieri;
all’Italia è associata in tutto il mondo l’idea di cultura e bellezza; sono aspetti da valorizzare attraverso ogni strumento a disposizione, anche perché possono garantire un ritorno economico e di immagine per il nostro paese, in un contesto storico in cui il nostro Paese affronta forti difficoltà nella costruzione di un ruolo internazionale e di credibilità presso i partnereuropei ed internazionali;
l’Italia ha una forte vocazione turistica, con bellezze architettoniche, culturali ed ambientali tali da rendere possibile di attrarre milioni di turisti all’anno, nonostante le difficoltà nel fornire servizi adeguati alle necessità e alle richieste provenienti dall’utenza, a partire da una rete infrastrutturale spesso non qualitativamente idonea ad affrontare l’alto numero di visitatori, a differenza di quanto avviene in altri Paesi anche confinanti. La chiusura degli IIC andrebbe, com’è facilmente intuibile, nel senso di un depotenziamento dello sviluppo e della capacità attrattiva dell’Italia all’estero, contrariamente agli interessi anche economici del nostro Paese;
gli IIC rappresentano, inoltre, un ponte con la madrepatria fondamentale per i 4 milioni di italiani residenti all’estero, nonché un modo per mantenere i legami con le proprie radici per i 60 milioni di “oriundi” sparsi in tutti i continenti ed in particolare in Europa e nelle Americhe. A tal proposito, non si può non sottolineare che le sedi scelte per essere soppresse nel piano di riorientamento della rete diplomatica-consolare italiana sono situate proprio in luoghi strategici e con nutrita presenza italiana. Si pensi, ad esempio, a Vancouver, dove nel solo centro cittadino vivono 14.800 italiani; o a Francoforte e Stoccarda, che sono le città con maggiore presenza della comunità italiana in Germania, Paese che già di per sé accoglie il maggior numero di italiani assieme alla Francia;
altrettanto difficile da comprendere il fatto che tra le sedi scelte vi siano capitali europee e mondiali, quali Copenhagen, Lussemburgo, Ankara, Washington, nonché vere e proprie “città immagine” europee, come Strasburgo e la stessa Francoforte: in queste città, è del tutto evidente che la qualità e quantità della presenza italiana andrebbe aumentata, per garantire postazioni di dialogo e collaborazione culturale e scientifica;
in molte città sono nate associazioni e si sono scritte numerose petizioni che chiedono al Governo italiano di sospendere la chiusura degli IIC: a solo titolo di esempio, quella lanciata a Lione e Grenoble, a cui hanno aderito anche alcune istituzioni francesi, in segno di attaccamento, stima e persino affetto verso questi istituti non solo da parte di italiani residenti all’estero, ma soprattutto da parte degli stessi cittadini stranieri che nelle sedi della cultura italiana all’estero trovano la possibilità di mantenere un forte contatto con un Paese amato e fonte di valori e qualità;
molti uomini e donne illustri del mondo culturale e scientifico italiani, tra i quali Dario Fo, Umberto Eco, Claudio Magris, Carlo Ginzburg, Dacia Maraini, Salvatore Settis, cui si sono aggiunte molte associazioni che tutelano la cultura o gli Italiani all’estero, hanno chiesto di non sopprimere gli IIC, evidenziando il loro valore per la promozione culturale italiana;
il piano di riorientamento è stato oggetto di critiche e prese di posizione contrarie in entrambe le Camere: si vedano, tra gli altri, il parere approvato dalla III Commissione permanente (Affari esteri e comunitari) della Camera dei deputati, in data 30 gennaio 2014, in sede di esame del decreto-legge n. 145 del 2013, il cosiddetto decreto “Destinazione Italia”, dove si auspica che gli Istituti italiani di cultura, “in quanto proiezione strategica del sistema Italia e in considerazione della loro capacità di produrre bilanci di spesa in attivo,” siano esclusi dagli interventi di spending review, nonché la mozione 1-00187, a prima firma del senatore Micheloni, non ancora svolta;
i settori culturale e scientifico non possono sempre e comunque essere considerati i primi sacrificabili alle esigenze di bilancio; essi invece hanno subito, nel corso degli ultimi anni, tagli drastici che li hanno messi in ginocchio. Ciò rischia tuttavia di costituire una visione miope, che prendendo la via del semplice taglio di risorse a questi settori non tiene in debita considerazione l’enorme danno che si arreca alle nostre comunità oltre patria come allo stesso appeal del nostro Paese all’estero, con le inevitabili ricadute anche economiche che ciò comporta;
considerato, inoltre, che:
se la promozione culturale e scientifica sono di per sé valori fondamentali, sanciti nella stessa Costituzione, anche dal punto di vista economico non sembrano esservi motivi validi alla chiusura degli IIC, così come segnalato anche nella relazione dell’apposita Commissione per la spending reviewdel Ministero degli affari esteri voluta dal Ministro pro tempore Giulio Terzi, e composta da politici ed esperti in materia, tra i quali deputati, senatori, esperti istituzionali e ambasciatori, che si è riunita tra il 2 febbraio e l’11 aprile 2012;
la Commissione aveva valutato nella sua relazione che dalla soppressione dei primi 10 IIC si sarebbe avuto un risparmio a regime di soli 680.000 euro: somma davvero risibile se si considerano le conseguenze dannose che la medesima soppressione genererebbe. La stessa valuta in circa 50 milioni di euro annui il risparmio a regime di un riequilibrio dei dipendenti tra personale di ruolo e personale assunto localmente (a contratto), secondo i canoni degli altri Paesi europei. Viene inoltre messo in luce che attraverso questo riequilibrio di personale si potrebbe procedere al risparmio di circa 5,9 milioni di euro per ogni centinaio di dipendenti di ruolo sostituiti con 100 dipendenti assunti localmente, via via che si possa procedere al pensionamento delle risorse umane attualmente in forze;
nella stessa relazione si afferma che gli IIC sono “una risorsa preziosa per la protezione e la proiezione globale dei nostri interessi politici, economici, culturali-linguistici” e, ancora, che la loro rete “va necessariamente rafforzata”. Nella relazione dunque era indicata una lista di azioni da intraprendere per tagliare i costi del Ministero: in questo senso, gli IIC hanno ruolo marginale rilevando esclusivamente per la razionalizzazione delle loro funzionalità attraverso il rafforzamento degli accordi con le istituzioni degli Stati membri della UE e con le università e le scuole in loco. Iniziativa lodevole e da intraprendere al fine di aumentarne la presenza nei Paesi extraeuropei, contrariamente a quanto sta attualmente avvenendo;
gli IIC hanno inoltre grandi capacità di autofinanziamento, grazie all’opera di traduzione, di editoria, ai corsi di lingua, alla tutela di un enorme patrimonio bibliotecario, cinematografico e artistico in genere. Sono sovente in contatto con le università e i principali istituti culturali e scientifici dei Paesi ospitanti, servono da base all’estero per convegni internazionali e anche per aziende private con cui tengono regolari rapporti;
considerato infine che:
la rete diplomatica italiana, considerata nel suo insieme, risulta inoltre essere quasi la metà di quella di Paesi come Francia, Germania e Regno Unito, sul livello di quella spagnola e poco più grande di quella di Paesi di dimensioni assai più ridotte come i Paesi Bassi. La crescita della spesa sembra dunque dovuta, in un apparato piuttosto limitato per l’importanza dell’economia e della politica italiana all’estero, allo squilibrio tra personale di ruolo e personale locale: in particolare, nelle sedi all’estero il Ministero degli affari esteri ha solo il 46 per cento del personale locale, mentre gli altri Paesi citati esso rappresenta circa tra il 60 e il 74 per cento, con punte dell’82 per cento per il Regno Unito;
è innegabile che anche gli IIC, come già molte altre istituzioni in patria e all’estero, siano stati utilizzati per garantire ruoli e stipendi adeguati a persone collegate per parentela o altro al mondo politico italiano il che è certamente riprovevole e da rigettare, visto che quasi mai sistemi di questo genere garantiscono la qualità e l’efficienza dei servizi prestati oltre a comportare costi superiori. Ma questo non può risultare motivo di chiusura degli stessi IIC, una sorta di resa delle istituzioni al malaffare e all’uso personalistico, privando molti, per il comportamento scorretto di pochi, di un presidio importantissimo e di un’enorme risorsa per il Paese;
l’articolo 9 della Costituzione indica come compito della Repubblica quello di promuovere “lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”,
impegna il Governo:
1) a sospendere la soppressione di istituti italiani di cultura all’estero e delle rispettive sedi distaccate, nonché a ripristinare l’attività di quelle che, nei fatti, non sono più operative;
2) a pianificare politiche per il rilancio dell’azione degli istituti di cultura, anche attraverso la razionalizzazione dell’uso delle risorse attraverso la revisione delle spese di funzionamento, prevedendo un maggiore utilizzo di personale a contratto locale, l’eliminazione di qualsiasi discrezionalità nelle scelte dei direttori e delle altre posizioni negli IIC, al fine di evitare il verificarsi di abusi nella selezione nonché nello svolgimento delle funzioni;
3) a garantire la maggior trasparenza nella gestione degli Istituti di cultura, anche attraverso la pubblicazione on line di bilanci certificati, al fine di permettere la loro piena consultabilità da parte dei cittadini. (1-00234).
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