ITALIANI ALL’ESTERO
ROMA – Si è svolta a Roma, presso il Carpegna Palace Hotel, la presentazione della XIX edizione del Rapporto Italiani nel Mondo curato dalla Fondazione Migrantes. Fra i presenti all’incontro anche il Direttore Generale del Maeci per gli Italiani all’Estero Luigi Vignali. Ha introdotto il dibattito Mons. Pierpaolo Felicolo, Direttore Generale della Fondazione Migrantes che ha sottolineato come il giorno della presentazione del Rapporto rappresenti il momento finale di un lungo percorso di lavoro portato avanti assieme, fianco a fianco. “L’importanza del RIM sta soprattutto nel fare rete e nel rinsaldare rapporti” ha proseguito il Direttore Generale . Tra le finalità della Fondazione Migrantes Felicolo ha segnalato l’importanza “di percorrere insieme un cammino”, come richiamato recentemente anche da Papa Francesco nella giornata del Migrante e del Rifugiato 2024. “Dio cammina con il suo popolo” è il titolo del messaggio che il Santo Padre ha voluto per l’ultima giornata. Ripercorrendo la riflessione di Papa Francesco, il Direttore Generale ha focalizzato l’attenzione sul passaggio che afferma come oltre a camminare con il suo popolo “Dio cammina nel suo popolo”. Felicolo poi ha rilevato come gli italiani all’estero siano “donne e uomini, nuclei familiari, giovani, minori, persone di diversa provenienza geografica, con diverse storie di vita che hanno scelto l’estero decenni fa o di recente, che hanno vissuto fuori dalla penisola da generazioni o da poco tempo e che nei paesi ove risiedono rappresentano l’altro”. Il Direttore ha infine ringraziato i relatori e chi ha lavorato al Rapporto Italiani nel mondo del 2024. A seguire è intervenuto il direttore dell’Agenzia 9 Colonne, Paolo Pagliaro che rilevato come il RIM curato dalla Migrantes “accenda un faro su fenomeni importanti: la mobilità degli italiani all’estero, i rimpatri e le migrazioni interne”. Il direttore ha evidenziato come i grandi flussi della migrazioni, al pari dei corsi d’acqua, cambino profondamente le terre che attraversano, modificano la società e la percezione che noi abbiamo. “La Fondazione Migrantes ha avvertito tutto questo per tempo – ha aggiunto Pagliaro – e da diciannove anni il suo Rapporto è il sismografo che registra e segnala le principali novità legate alla migrazione con lungimiranza, tanto che le tendenze segnalate sono diventate poi notizie ‘da prima pagina’”. Il direttore ha poi segnalato come il numero degli italiani iscritti all’AIRE conteggiati nella prima pubblicazione del Rapporto, sia praticamente raddoppiato passando dai circa tre milioni registrati ai più di sei milioni nel 2024. Tracciando il percorso storico del Rapporto, Pagliaro ha evidenziato come inizialmente il RIM fosse per lo più un manuale contenente i dati statistici sulla migrazione difficilmente reperibili in altra maniera, ma poi la pubblicazione si è irrobustita “divenendo una sorta di agorà”. E’ stato poi mostrato un video sui dati del RIM , realizzato dall’Agenzia 9 Colonne, in cui viene segnalato che oggi la crescita degli italiani all’estero iscritti all’AIRE è dovuta soprattutto alle nascite all’estero, mentre nel 2006 la metà delle iscrizioni all’AIRE avveniva per espatrio. Nel video viene anche rilevato come l’andare all’estero abbia in qualche modo sostituito l’ascensore sociale, ossia quel meccanismo che in passato ha consentito a molti giovani il cambiamento sociale, in un’Italia allora caratterizzata da una società dinamica e in crescita. Nell’intervento successivo Delfina Licata, sociologa delle migrazioni e curatrice del Rapporto, ha sottolineato come dal 2006 ad oggi “la presenza italiana all’estero sia cresciuta di oltre il 97%”. “Su 100 cittadini italiani residenti in Italia, dieci risiedono fuori dai confini nazionali”. La sociologa ha anche posto in evidenza come questi dati siano probabilmente destinati ad aumentare a seguito della legge 213 del 2023 che ha introdotto un nuovo regime sanzionatorio per i cittadini italiani residenti all’estero che ancora non si sono iscritti all’AIRE e che quindi sono incentivati a farlo. “Il 50,6% di chi è espatriato nel 2022 ha tra i 25 e i 34 anni – ha aggiunto la sociologa – e lo ha fatto con una laurea in tasca, mentre nel 2012 questo dato non arrivava al 30%”. Oltre ad un depauperamento dovuto all’allontanamento di risorse umane dall’Italia, – ha precisato Licata – il dato preoccupante riguarda l’unilateralità della migrazione italiana. “Partire – ha aggiunto – è sempre abbandonare. E’ sul processo di rientro, in un’ottica di migrazione circolare, la cosa su cui bisogna lavorare”.
A seguire si è sviluppato un momento di dialogo fra l’onorevole Toni Ricciardi (Pd – ripartizione Europa) e il deputato Paolo Emilio Russo (FI) sulla questione dell’acquisizione della cittadinanza . “Noi possiamo discettare sull’anno più o l’anno in meno per l’acquisizione della cittadinanza , ma noi tendiamo in Italia a drammatizzare la questione della cittadinanza, quando in realtà si parla di una questione amministrativa e dovremmo togliere quindi l’aspetto emozionale dal dibattito per capirci meglio”, ha esordito Ricciardi, rilevando come la richiesta di dimezzare i tempi per l’acquisizione della cittadinanza, prevista nel referendum popolare, non sia dovuta “al fatto di essere più lassisti o aperti di altri”, ma per un motivo pragmatico e pratico e che dia anche più certezze sulla procedura. In proposito l’onorevole Russo si è detto d’accordo sul fatto di portare il dibattito sull’aspetto pratico e ha ricordato come la legge sulla cittadinanza risalga al 1992 e quindi sia necessario rivederla e modificarla. “Abbiamo messo al centro della nostra proposta di legge, che per l’acquisizione della cittadinanza prevede il superamento di due cicli scolastici per un totale di 10 anni, la scuola, non solo come luogo formativo, ma anche come luogo d’integrazione dei ragazzi. Anche perché la scuola ad oggi forma cittadini e questo per noi è più che sufficiente”. Sulle possibili convergenze fra le due proposte di legge sulla cittadinanza Ricciardi ha ribadito come per prima cosa bisogna essere d’accordo sul fatto che l’identità italiana riguarda l’essere migranti, un aspetto che accomuna tutti gli italiani, senza dimenticare il problema demografico dell’Italia. “Chi va a scuola – ha aggiunto è cittadino italiano? Sì e allora da lì partiamo”. Dal canto suo Russo si è soffermato sulla questione dello ius Sanguinis e dello ius Scholae, rilevando come l’intenzione della proposta di legge del suo partito sia anche quella di restringere la concessione di cittadinanza per ius Sanguinis per chi non ha legami con l’Italia “mettendo al centro gli studenti, i ragazzi e i bambini che vivono in Italia e che contribuiscono anche al benessere della nostra società”. In proposito Ricciardi, dopo aver ricordato che se si concede un diritto non significa che si stia penalizzando qualcun altro, ha sottolineato la necessità, per l’ipotetica introduzione di restringimenti per la cittadinanza, di guardare alla specifica storia migratoria italiana dei singoli paesi e al momento spartiacque in cui i cittadini italiani hanno dovuto rinunciare alla propria cittadinanza. “Io sono dell’avviso che più italiani e italiane ci sono nel mondo – ha proseguito il deputato – e più assolviamo alla direttrice su cui soprattutto questo governo sta spingendo, ovvero della promozione del made in Italy il cui principale vettore sono gli italiani all’estero”. Dal canto suo Russo ha rilevato la necessità di ridurre i tempi tecnici e burocratici per la concessione della cittadinanza dato che lo Stato italiano per rispondere ad una richiesta di questo tipo “può impiegare anche tre anni”.
E’ poi intervenuto il deputato Fabio Porta (Pd- ripartizione America Meridionale): “Dobbiamo affrontare il tema della cittadinanza – ha esordito il deputato – uscendo dalle ideologie e dalla contrapposizione sterile fra ius sanguinis e ius soli”. Porta ha poi ricordato la recessione demografica e lo spopolamento delle aree interne dell’Italia. “Noi nel 2050 saremo sotto i 50 milioni”. Il deputato è inoltre tornato sul Brasile, un Paese citato in precedenza, evidenziando come questa nazione abbia inviato 30 mila soldati in Italia per liberarla dal nazi-fascismo. Una presenza in guerra contro l’Italia che portò il Brasile a chiudere le scuole italiane e a vietare l’uso della lingua italiana: così “Palestra Italia” diventò “Palmeiras”. Uno stop alla nostra lingua che certamente non ha favorito l’uso dell’italiano fra gli italo discendenti.
L’incontro è stato concluso da Mons. Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Fondazione Migrantes. “Il tema della cittadinanza – ha spiegato – era stato scelto per il Rapporto prima delle polemiche di questa estate, perché da quasi vent’anni nell’ambito ecclesiale, dalla settimana sociale del 2006 di Reggio Calabria, talora in collaborazione con altri mondi associativi, è maturata una riflessione politica, sociale, pastorale e culturale sul tema, ritenendo che la mobilità crescente delle persone chieda una riflessione rinnovata sulla cittadinanza che, naturalmente tocca anche l’istituto giuridico della cittadinanza, in Italia regolato dalla legge 91del 1992, una legge che sostituiva una precedente del 1912 e che guardava ancora più agli emigranti che agli immigrati. Dal 1992 ad oggi in Italia è cambiata” con una immigrazione variegata e diversa e un’emigrazione italiana in costante crescita anche per le nascite all’estero. Per Perego, di fronte a questa evoluzione della mobilità umana “non è possibile che la politica non riconosca i cambiamenti che stanno avvenendo nella polis, nella città, che devono essere interpretarli e governati con strumenti idonei e non pregiudiziali, per evitare che questa mobilità – da tutti riconosciuta come uno dei fattori necessari per la vita del Paese – rallenti o si fermi generando abbandoni e cambiamenti di progetti migratori che portano a povertà e insicurezza sociale” “In tal senso – secondo Perego – si interpreta la scelta del tema legato alla cittadinanza e alle cittadinanze. Il plurale è dettato in primo luogo dal fatto che molte persone, nate in Italia e all’estero hanno più cittadinanze; in secondo luogo perché l’aver ottenuto la sola cittadinanza non ferma le persone dal partire; in terzo luogo perché il cammino dell’Unione Europea nel suo percorso auspica anche una cittadinanza europea; infine perché alla luce della mobilitò molti paesi europei stanno configurando una cittadinanza globale”. Perego ha poi evidenziato come il fatto, che coloro che ricevono la cittadinanza italiana per ius sanguinis o per residenza poi si rechino in un altro paese europeo, rappresenti un fallimento del processo di appartenenza e di radicalizzazione. Da qui la necessità di rivedere il sistema della cittadinanza legata al diritto di sangue e anche dello ius soli incarnato anche nello ius scholae. Mons. Perego ha anche segnalato come le leggi di alcuni paesi prevedano che la persona perda la cittadinanza acquisita, qualora decidesse di prendere quella italiana, come ad esempio accade in Austria. Un aspetto che rappresenta un “disincentivo”. Sulla cittadinanza europea, Mons. Perego ha poi affermato come questa rappresenti un percorso di cittadinanza nuova. “Si tratta di una cittadinanza che, senza sostituire le cittadinanze nazionali, aggiunge diritti supplementari, una forma nuova di protezione. Oppure potrebbe essere un processo di europeizzazione della cittadinanza”. “Il dibattito sulla cittadinanza – ha concluso Perego – è una necessità culturale, politica e sociale anche per gestire la conflittualità e chiede anche un ripensamento normativo che sappia andare incontro al cambiamento e alla diversità senza negare i diritti fondamentali, ma estendendoli e facendoli diventare la base per la costruzione del mondo di domani, che sarà sempre più in movimento”. (Alessio Mirtini – Inform)