giovedì, 10 Ottobre, 2013 in
NOTIZIE INFORM
DIRITTI UMANI
Giornata Mondiale contro la pena di morte
Il ministro Emma Bonino firma l’appello congiunto di 42 Paesi per l’abolizione nel mondo delle esecuzioni capitali
ROMA – L’Italia partecipa, con la firma del ministro Emma Bonino, ad un appello congiunto di 42 Paesi per l’abolizione delle esecuzioni capitali, in occasione dell’11ma Giornata Mondiale contro la Pena di Morte: una battaglia che vede il nostro Paese ed il ministro Bonino in prima linea da anni.
Appello congiunto per l’abolizione della pena di morte
La giustizia che uccide non è giustizia. Convinti dell’assoluta inumanità della pena di morte, i Paesi firmatari qui rappresentati si oppongono alla sua applicazione in qualsiasi circostanza e in qualsiasi parte del mondo. La pena di morte non solo è un affronto intollerabile alla dignità umana, ma la sua applicazione implica numerose violazioni dei diritti umani dei condannati e delle loro famiglie. Inoltre, la pena capitale non ha nessun impatto positivo sulla prevenzione dei crimini o sulla sicurezza e non puo in nessun modo porre rimedio alla sofferenza delle vittime e delle loro famiglie. Armati di queste convinzioni, approfittiamo dell’occasione offerta dall’11ma Giornata Mondiale contro la Pena di Morte per reiterare il nostro impegno convinto a sostegno del movimento abolizionista in Europa e in tutto il mondo.
Intraprendere strada moratoria
Lo scopo del nostro appello non è quello di tenere una lezione, ma di condividere sia la nostra esperienza che la nostra convinzione. Se la storia dell’abolizione della pena di morte nei nostri diversi Paesi ci ha insegnato qualcosa è che il percorso da compiere è lungo e tortuoso. La pena capitale non è stata abolita da un giorno all’altro. La sua eliminazione è diventata una realtà come risultato di una presa di coscienza progressiva e di uno sforzo collettivo costante. E’ solo attraverso la perseveranza e passi graduali che il numero delle esecuzioni è sceso, che la lista dei crimini punibili con la pena di morte è divenuta più snella e la giustizia più trasparente, che moratorie effettive sulle esecuzioni sono state stabilite e che – infine – la pena di morte è stata abrogata. E’ questo il cammino che i Paesi che ancora eseguono esecuzioni capitali in nome della giustizia devono intraprendere.
Stimolare dibattito
Le determinazione necessaria al raggiungimento dell’abolizione della pena di morte deve provenire sia dagli Stati che dagli individui, e questo è anche il senso del nostro appello congiunto di oggi. Il percorso per l’abolizione della pena di morte non è stato intrapreso da società chiuse e o da Paesi tagliati fuori dal resto del mondo. E’ grazie ad un dibattito consapevole e al fluido scambio di idee tra i nostri Paesi e le nostre società che la pena di morte è stata oggi quasi interamente abolita in Europa.
Pena capitale in Europa
Il Consiglio d’Europa e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo hanno agito come catalizzatori nei confronti di questa dinamica regionale contro la pena di morte, permettendo a tale tendenza di spingersi anche oltre. L’entrata in vigore, dieci anni fa, del 13° Protocollo della suddetta Convenzione (Protocollo sull’abolizione della pena di morte in ogni circostanza), ne è il primo e più importante esempio. Oggi, noi rappresentiamo 42 paesi tra i 44 che hanno ratificato il 13mo Protocollo e sollecitiamo tutti i membri del Consiglio d’Europa che non l’hanno ancora fatto, ad unirsi a noi. Inoltre, lanciamo un forte appello agli ultimi Stati in Europa che applicano ancora la pena di morte di adottare una moratoria globale della pena di morte, come primo passo verso la sua abolizione.
Tendenza positiva
Il caso dell’Europa illustra il ruolo fondamentale ricoperto dalle organizzazioni regionali e multilaterali nell’avanzamento della causa abolizionista. L’abolizione della pena di morte in molti Stati americani, africani ed asiatici mostra il carattere universale di tale battaglia. Illustra inoltre il bisogno di un segnale politico forte e la necessità che tutta la società partecipi a tale sforzo. In questo spirito, dobbiamo sfruttare lo slancio impresso dal quinto Congresso Mondiale contro la pena di morte che si è svolto a Madrid in giugno. Richiamiamo oggi questi principi poichè stiamo entrando in una fase cruciale nel processo di abolizione totale della pena di morte. Attualmente, infatti, circa 50 Paesi ancora applicano la pena capitale, mentre solo venti anni fa erano più del doppio. Come mostrano le risoluzioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, una maggioranza crescente di Stati sostiene la proclamazione di una moratoria universale della pena di morte. Questa tendenza positiva ci permette di immaginare che le prossime generazioni vivranno in un mondo senza pena capitale e ci sprona nel nostro comune sforzo di sostenere i Paesi nel loro cammino verso la sua abolizione universale.
Questo appello congiunto per l’abolizione della pena di morte è firmato dai seguenti ministri degli Esteri: Ditmir Bushati (Albania), Gilbert Saboya Sunyé (Andorra), Michael Spindelegger (Austria), Didier Reynders (Belgio), Zlatko Lagumdžija (Bosnia-Erzegovina), Kristian Vigenin (Bulgaria), Ioannis Kasoulides (Cipro), Vesna Pusić (Croazia), Villy Søvndal (Danimarca), Urmas Paet (Estonia), Nikola Poposki (Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia), Erkki Tuomioja (Finlandia), Laurent Fabius (Francia), Guido Westerwelle (Germania), Evangelos Venizelos (Grecia), Eamon Gilmore (Irlanda), Gunnar Bragi Sveinsson (Islanda), Emma Bonino (Italia), Edgars Rinkēvičs (Lettonia), Aurelia Frick (Liechtenstein), Linas Antanas Linkevičius (Lituania), Jean Asselborn (Lussemburgo), George Vella (Malta), Natalia Gherman (Moldova), José Badia (Monaco), Igor Lukšić (Montenegro), Espen Barth Eide (Norvegia), Frans Timmermans (Paesi Bassi), Rui Machete (Portogallo), William Hague (Regno Unito), Jan Kohout (Repubblica Ceca), Miroslav Lajčák (Repubblica Slovacca), Titus Corlățean (Romania), Pasquale Valentini (San Marino), Ivan Mrkić (Serbia), Karl Erjavec (Slovenia), José Manuel García-Margallo (Spagna), Carl Bildt (Svezia), Didier Burkhalter (Svizzera), Ahmet Davutoğlu (Turchia), Leonid Kozhara (Ucraina) e János Martonyi (Ungheria). (Inform)