RASSEGNA STAMPA
“La Stampa” del 4.6.2014 intervista il ministro degli Affari Esteri
ROMA – Ministro Mogherini, si dice che il cambio di governo a Delhi potrebbe avere effetti positivi sul caso marò. Ma ci sono evidenze diplomatiche che confermino queste aspettative?
«Al nuovo governo indiano corrisponde un nuovo governo italiano, e una nuova dinamica. Abbiamo ripreso il lavoro del ministro Bonino, e riaffermato i principi della giurisdizione italiana e dell’ immunità funzionale per Latorre e Girone. Parallelamente seguiamo la strada dell’ internazionalizzazione. Ho parlato giusto mezz’ora fa con il ministro degli Esteri indiano, è una donna, e s’è appena insediata. Si è aperto un canale nuovo».
Possiamo sperare in tempi relativamente rapidi?
«Non esiste un pulsante per risolvere la vicenda. Abbiamo fatto tutti i passi necessari, nella fase in cui siamo ora si sta verificando la posizione indiana. Per questo la strada dell’ internazionalizzazione procede».
Che impressione le ha lasciato il colloquio con l’ omologa indiana?
«Di concretezza. Il fatto che per la prima volta in India il ministro degli Esteri sia una donna apre un canale di comunicazione più diretto: il contatto è aperto, e forse ci vedremo. Voglio aggiungere che capisco le parole di Girone, le ho interpretate così: il muro contro muro non ci porta da nessuna parte. Questa è d’ altra parte la linea su cui sta lavorando il nuovo team di giuristi internazionali».
Non si danneggiano i due marò, e il lavoro che si sta facendo per affermare il diritto a giudicarli in Italia, inalberando striscioni con su scritto «Liberateli!» come se fossero in mano a terroristi?
«Vanno usate parole corrette, è una cosa alla quale dobbiamo fare tutti attenzione perché quello che diciamo qui ha un forte impatto lì. Dobbiamo avere tutti senso di responsabilità e unità, come si è verificato solo recentemente in Parlamento. E mantenerli in queste prossime settimane, che saranno cruciali».
Cambiando scenario, Barack Obama ha annunciato un miliardo di dollari per la sicurezza dell’ Est e chiesto agli europei di aumentare la spesa per la difesa. È una pressione all’ Italia perché riveda i tagli alle spese militari, e agli F35?
«Non credo. Abbiamo avuto modo di parlare di riorganizzazione delle spese per la difesa quando Obama è venuto in Italia, e poi durante la mia recente visita a Washington. Non c’ è un caso Italia, l’ obiettivo della Nato di giungere al 2 per cento del Pil del resto è stato centrato solo da un paio di Paesi. Abbiamo impostato il discorso con gli Stati Uniti in questo modo: stiamo rivedendo la spesa militare, il punto non è quanto ma come spendiamo, e notoriamente noi spendiamo tantissimo sul personale interno e poco sui mezzi e il loro ammodernamento. Sono decenni che l’ Italia non analizza la spesa della Difesa, ora insieme al ministro Pinotti stiamo lavorando a un libro bianco. Allo scopo di rendere efficiente la spesa».
Il tema dei tagli agli F35 non è stato affrontato?
«Nella mia visita a Washington mai una volta è stato sollevato il tema».
Non ne ha parlato Obama a Roma?
«Non mi pare, non in modo specifico. È stato affrontato il tema generale delle spese militari, e come sempre quando si parla con gli americani è stato espresso un forte apprezzamento per la qualità della nostra partecipazione alle missioni internazionali, a cominciare da Unifil in Libano».
Si apre il G7 – che doveva essere un G8 sull’ energia – e la crisi Ucraina è tutt’ altro che risolta. Perché l’ Italia, come la Germania e altri Paesi tiene una linea considerata anche dagli Stati Uniti troppo «morbida» con Mosca?
«Non è questo il punto, è che è necessario proiettarsi sul lungo periodo. I giornalisti mi chiedono, a ogni riunione a Bruxelles: quand’ è che parte la fase 3 delle sanzioni? Beh, le sanzioni non sono un fine, servono a spingere al dialogo. A oggi questa linea ha prevalso, ci sono state a Kiev elezioni con standard democratici, come ci dice l’ Osce, e ci sono segnali di dialogo da Kiev e da Mosca».
Ma si continua a morire, e l’ Ucraina è sull’ orlo della guerra civile.
«A fronte del dialogo oggi si muore anche di più. È morto anche un giornalista italiano. Sul terreno la situazione sta sfuggendo di mano, c’ è un inasprimento dello scontro che dimostra come esso abbia radici ben più profonde di questa crisi. Quando lo dicevamo tre mesi fa la risposta era sempre: il problema è Mosca. Invece, esiste un problema dentro l’ Ucraina. L’ Ue ha perso un’ occasione: se fosse riuscita a farsi facilitatrice di dialogo, molte cose si sarebbero potute prevenire. E c’ è stato il limite di pensare che per l’ Ucraina quello con l’ Europa potesse essere un partnerariato alternativo, e non contemporaneo, a quello con la Russia. Cadendo nella stessa retorica utilizzata da Mosca».
Tanto che oggi tirano venti di Guerra Fredda… L’ Italia può fare da ponte?
«Sì. Ma il vero rischio che vedo è quello della retorica della Guerra Fredda». (A. Rampino – La Stampa del 4 giugno 2014)
Inform