direttore responsabile Goffredo Morgia
Registr. Trib. Roma n.338/2007 del 19-07-2007
INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Editoriale di Marco Basti: Un’edizione storica


STAMPA ITALIANA ALL’ESTERO
Su “Tribuna Italiana” di oggi l’editoriale del direttore Marco Basti
Un’edizione storica
BUENOS AIRES – I lettori di TRIBUNA ITALIANA troveranno nell’edizione odierna alcuni articoli che ci fanno pensare ad un momento di particolare rilevanza nella storia della comunità italiana in Argentina. Da una parte ci sono le notizie dall’Italia, che riguardano diversi interventi in sede parlamentare e di Cgie, su alcune problematiche che ci riguardano: elezioni dei Comites e del Cgie e diffusione della cultura italiana all’estero ai quali si aggiungono le notizie delle scorse settimane sulla progettata cancellazione della Circoscrizione Estero, prevista dalle due commissioni per le riforme che stano lavorando a Roma, una costituita in ambito parlamentare e l’altra seguendo una richiesta del Presidente.
Dall’altra c’è un comunicato sulla recente riunione dell’Esecutivo della FEDITALIA nel quale è detto, a chiare lettere, dal vertice della struttura associativa, che la collettività così come l’abbiamo conosciuta nell’ultimo secolo, non ha più senso.
Da quel che si può leggere negli interventi che si sono registrati a Roma, viene fuori in modo altrettanto chiaro che viviamo la fine di un’epoca. Al di la delle dichiarazione usurate sulle possibilità di fare sistema, di sviluppare le sinergie in un lavoro comune tra i tanti soggetti interessati, la realtà è che l’Italia non sa cosa farsene degli italiani all’estero e delle strutture create per relazionarsi in vario modo con loro.
Questa è la ragione per la quale da quasi cinque anni Roma non trova i soldi per far svolgere le elezioni di Comites e Cgie. Lo stesso vale per la diffusione della cultura italiana all’estero.
E’ inutile che si parli di italiani all’estero come risorsa, si riconosca che quella risorsa può produrre benefici concreti per l’economia italiana, se poi su ogni euro dedicato ai vari capitoli del bilancio dello Stato che hanno a che vedere con gli italiani all’estero, si piange o si protesta indicandoli come esempio di spreco.
In un certo senso noi, comunità italiana in Argentina, viviamo un periodo che non ha eguali nella storia della presenza italiana nel Paese e nei rapporti con l’Italia.
Infatti, se andiamo indietro nel tempo, possiamo dire che ci fu prima una presenza che potremmo definire intellettuale e politica, fino all’Unità d’Italia o all’organizzazione costituzionale argentina, ciò fino agli anni ‘70 del XIX secolo. Periodo in cui c’era una collettività italiana che, pur se più numerosa e culturalmente influente, non era molto diversa dalle altre collettività europee presenti a Buenos Aires.
Ci fu poi il grande alluvione italiano verso il Plata, favorito dalla povertà nell’Italia appena nata come stato e dalle leggi argentine che favorivano l’arrivo di emigrati europei. Un’emigrazione che costruì tutto da sola, perché l’Italia non l’accompagnava e l’Argentina, non offriva molto al di la della ospitalità. Per cui gli emigrati arrivati in quegli anni, costruirono un paese e allo stesso tempo, crearono una collettività, fatta di mutualismo, di giornali, di scuole, di ospedali.
Il periodo successivo fu quello vissuto nel primo quarto di secolo del ‘900. L’Argentina era diventata una potenza in molti aspetti e l’Italia si stava organizzando. Lo scoppio della Grande Guerra però, riportò l’Italia al nastri di partenza dal punto di vista economico e sociale creando le condizioni per l’avvento del fascismo. Intanto però la collettività italiana in Argentina si era sviluppata e, consapevole di quanto aveva fatto, si integrava nel nuovo Paese con i suoi figli, che avevano studiato in gran parte nelle scuole argentine. Il rapporto con l’Italia era di fedeltà culturale e di promozione degli scambi economici, ma questi emigrati e i loro discendenti provarono un distacco dal Belpaese, perché sentivano che quel che avevano fatto in Argentina, superava l’Italietta della quale erano stati costretti a emigrare. Un sentimento poi cambiato in parte dal fascismo. Il quale, a differenza di quel che era stato l’atteggiamento dell’Italia fino ad allora, ebbe una politica rivolta agli italiani all’estero. Anche se è noto che Mussolini non nutriva molte speranze nei riguardi degli italiani in questa parte del mondo, come strumenti della sua politica estera. Ad ogni modo, ad un periodo in cui gli emigrati italiani avevano pensato e fatto quasi tutto da soli, in quanto a organizzazione e vita comunitaria, relazioni con l’Italia e con l’Argentina, seguì un ventennio in cui il fascismo cercò con le buone o con le cattive e con i mezzi economici necessari, di influire nella vita della collettività. Raccontando tra l’altro un’Italia nuova della quale gli emigrati partiti nei primi decenni del secolo per sfuggire alla fame e alla disoccupazione, potevano sentirsi fieri.
Un racconto, come è noto, finito in tragedia.
L’ultima grande ondata migratoria, promossa dall’Italia uscita distrutta dalla guerra persa e accolta con favore dal governo peronista di allora, contribuì, anch’essa in modo determinante allo sviluppo di questo Paese, specialmente nel processo di industrializzazione dell’Argentina, come la prima ondata era stata determinante per fare dell’Argentina “el granero del mundo”.
Anche quell’ultima ondata migratoria, esauritasi alla fine degli anni ‘50, diede il suo contributo nella riaffermazione dell’identità italiana della collettività, creando associazioni, scuole e promuovendo iniziative per diffondere la cultura italiana e mantenere forti legami con l’Italia, proponendosi come ponte tra i due paesi.
Tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, la collettività constatava che difficilmente si sarebbe riaperto il processo migratorio che durante un secolo aveva alimentato di italianità l’Argentina, per cui cominciò un dibattito sul futuro della presenza italiana nel paese. Un dibattito promosso dalla FEDITALIA, allora presieduta da Dionisio Petriella. Frutto di quel dibattito furono una serie di iniziative per approfondire i legami con l’Italia, paese che intanto, aveva prodotto il suo boom economico, che aveva portato alla sua crescita sociale e civile.
Sono noti – perché più vicini nel tempo – i processi di crescita degli anni ‘80 e ‘90 (oggi molto criticati perché portarono all’attuale indebitamento del Paese) che portarono l’Italia nel ristretto club del G7 e contemporaneamente, le successive crisi politiche, economiche e sociali dell’Argentina, che sarebbe precipitata nella grande crisi del 2001. Durante quel quarto di secolo
l’Italia ha prodotto la maggior parte delle leggi della politica per gli italiani all’estero: legge 153 sull’insegnamento dell’italiano, i vari trattati bilaterali in materia previdenziale, i trattati e la legge sulla cittadinanza, la creazione della struttura di rappresentanza fatta prima da Comites e Cgie e poi dalla riforma costituzionale che istituì la Circoscrizione Estero e la legge sul voto all’estero. Senza dimenticare la cessione di buona parte della politica di rapporti con gli italiani all’estero alle regioni le quali, a loro volta, istituirono consulte e comitati e organi di rappresentanza e politiche rivolte ai corregionali residenti fuori d’Italia.
Protagonisti di quell’epoca che rispecchiò tra l’altro i risultati delle Conferenze dell’Emigrazione del 1975 e del 1988, furono la FEDITALIA, presieduta da Luigi Pallaro e il Comitato Unitario nel quale la Confederazione operava insieme alle rappresentanze di partiti e sindacati italiani.
Il voto nelle successive elezioni del 2006, 2008 e 2013, fu la cronaca del crollo delle politiche per gli italiani all’estero, nonostante il nome grande di Mirko Tremaglia che si era battuto per ottenerlo.
Oggi l’Italia vive in crisi, buona parte dell’Argentina non riconosce le sue radici nell’emigrazione italiana, la struttura di rappresentanza creata dall’Italia fa acqua da tutte le parti e dal vertice della struttura associativa, si proclama la fine di un secolo di associazionismo.
Tutti elementi che messi uno accanto all’altro, nero su bianco, ci portano a dare quel titolo di “Edizione storica” a questo articolo. E a invitare, ancora una volta, al dibattito e all’impegno a chi sente che i momenti di grande crisi sono anche i momenti per grandi svolte e opportunità.
Tante volte in passato abbiamo scritto che si avvicinava la fine della collettività. Quel giorno sembra essere arrivato. O almeno così lo credono in tanti.
Chi è disposto a smentili? (Marco Basti – Tribuna Italiana /Inform)
marcobasti@tribunaitaliana.com.ar
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