FARNESINA
ROMA – Il Segretario Generale della Farnesina Ettore Francesco Sequi, è intervenuto in audizione davanti alle Commissioni Esteri congiunte di Camera e Senato in merito alla crisi in Afghanistan. Sequi nel suo intervento ha ripercorso le vicende afghane per soffermarsi su cosa non abbia funzionato negli ultimi venti anni spiegando poi le iniziative portate avanti dalla Farnesina e ringraziando quanti hanno profuso in questi anni il proprio impegno nel territorio afghano perdendo purtroppo anche la vita. “Esiste un luogo comune che descrive l’Afghanistan come la tomba degli imperi; vedendo la rapidità con cui i talebani hanno ripreso il controllo, ciò rende evocativo questo luogo comune. Tuttavia sarebbe fuorviante concentrarsi solo sull’interazione tra Afghanistan e grandi potenze, dovendo guardare anche alle dimensioni regionali e locali”, ha spiegato Sequi evidenziando la complessità e la frammentazione dell’Afghanistan a vari livelli, da quello geografico a quello etnico. “Gli stessi talebani sono una galassia frammentata. Esiste inoltre una storica mancanza di controllo da parte delle autorità centrali sulle periferie, c’è una struttura feudale dominata da autorità di tipo tradizionale a volte con bassi livelli di alfabetizzazione”, ha aggiunto Sequi con la precisazione che capire il contesto di scontri anche radicali, ideologici ed etnici, tra attori locali aiuta a comprendere il contesto nel quale si è determinato il parziale fallimento delle iniziative portate avanti dall’Occidente in Afghanistan. “Non c’è solo il problema di gruppi religiosi e tribali marginalizzati: lì ci sono anche criminali comuni, corruzione e contrabbando. Senza contare la solidarietà tra gruppi etnici similari benché divise da un confine limitrofo”, ha sottolineato Sequi spiegando quindi l’habitat all’interno del quale ha potuto svilupparsi la rapida ascesa talebana che ha saputo sfruttare il malcontento regionale verso il governo centrale. Si arriva quindi al dopo 11 settembre, con un contesto tanto difficile da comprendere e gestire ed aggravato sicuramente dal terrorismo. “A fronte dei programmi consistenti degli aiuti internazionali è rimasta però negli anni una certa disparità tra centro e periferia rispetto ai progressi amministrativi ed economici e nella garanzia dei diritti”, ha evidenziato Sequi precisando che persino un servizio essenziale come la giustizia in alcuni luoghi non riesce ad essere gestito con efficienza, lasciando così terreno fertile ai talebani, e l’idea della modernizzazione del Paese non ha di fatto superato la prova del tempo. “Assistiamo con apprensione alle restrizioni degli spazi di libertà in Afghanistan”, ha aggiunto Sequi preoccupato dall’emergenza umanitaria e spiegando che si tratta di passi indietro rispetto a quanto portato avanti dall’intervento dell’Occidente. Sequi ha ricordato come la Farnesina abbia da tempo aperto canali di dialogo in tutte le sedi competenti per evitare il collasso umanitario ed economico dell’Afghanistan. “Puntiamo ad una piattaforma G20 più ampia ed inclusiva possibile per dare risposte ai bisogni umanitari, ai problemi delle migrazioni ed al contrasto del terrorismo”, ha sottolineato Sequi parlando di un impegno italiano quantificabile in 150 milioni di euro per attività assistenziali nel Paese e nelle zone limitrofe. (Inform)