SENATO DELLA REPUBBLICA
ROMA – Quello del 17-21 luglio è stato un Consiglio europeo straordinario che ha assunto decisioni di portata storica, prolungatosi ben oltre le aspettative iniziali. Si è trattato di un vertice straordinario in tutti i sensi, anche in termini di complessità considerata l’elevata posta in gioco: la tenuta socio-economica e politica della stessa Unione europea. Il Premier Giuseppe Conte ha riferito al Senato e poi alla Camera gli esiti di questo lungo e articolato Consiglio europeo, positivi rispetto alle attese e al clima ostile di alcuni Paesi nei confronti dell’Italia. “L’Unione europea sta affrontando una crisi sanitaria, economica e sociale che si è manifestata, sin dal suo più tragico esordio, simmetrica e sistemica. Ha coinvolto tutti i Paesi e ha profondamente scosso la vita dei cittadini europei, incidendo in misura significativa sulla società e sulle economie. Di fronte a uno shock di tali proporzioni, nel corso di questi drammatici mesi, l’Unione europea ha saputo rispondere con coraggio e con visione, fino ad assumere la decisione di approvare, per la prima volta, un ambizioso programma di rilancio finanziandolo tramite l’emissione di titoli di debito autenticamente europei”, ha spiegato Conte sottolineando così il radicale mutamento di prospettiva rispetto alle consuete politiche di austerity in Europa cui purtroppo siamo stati da sempre abituati.
“L’approvazione del poderoso piano di finanziamento è interamente orientato alla crescita economica e allo sviluppo sostenibile, nel segno in particolare della digitalizzazione e della transizione ecologica. Con questa decisione il Consiglio ha abbracciato, quindi, una diversa prospettiva in favore di un’Europa più coesa, inclusiva, solidale e vicina ai cittadini. È l’unico percorso possibile per preservare l’integrità dello stesso mercato unico e la stabilità dell’Unione”, ha aggiunto il Premier parlando di un risultato positivo tutt’altro che scontato a marzo all’inizio della pandemia. Qualcosa era però già cambiato con la proposta franco-tedesca del 18 maggio e poi con la proposta della Commissione europea del 27 maggio per la creazione del pacchetto Next Generation EU. Alla fine è stato confermato il volume complessivo pari a 750 miliardi di euro, pur a fronte del riequilibrio tra grant (sussidi), passati da 500 miliardi di cui alla proposta originaria ai 390 miliardi di euro attuali, e loan (prestiti), passati da 250 a 360 miliardi di euro, “a causa della visione anacronistica di pochi Stati membri”, ha accusato Conte benché nel complesso la proposta sia rimasta pressoché integra quanto alla sua portata economica. L’Italia riceverà 209 miliardi di euro: il 28% delle risorse totali previste dal Next Generation EU pari a 750 miliardi di euro. Resta fissato a 81 miliardi l’ammontare dei trasferimenti, i famosi grant destinati all’Italia, così come previsto dalla proposta della Commissione. Aumenta, invece, in modo significativo, di circa 36 miliardi di euro, la componente dei prestiti disponibili, che arriva così alla ragguardevole cifra di 127 miliardi di euro. Tali risorse potranno essere impegnate fino al 31 dicembre 2023. Il 70% di queste risorse sarà disponibile tra il 2021 e il 2022 e i relativi pagamenti legati allo svolgimento dei progetti, definiti all’interno dei piani nazionali per la ripresa, saranno disponibili fino alla fine del 2026, quando l’Unione interromperà l’emissione di titoli e inizierà il periodo di restituzione da parte degli Stati membri.
Oltre alla componente principale di Next Generation EU, cioè la recovery and resilience facility, potenziata a 672,5 miliardi di euro dai 560 miliardi proposti dalla Commissione europea, giocheranno un ruolo importante altri due strumenti: Invest EU, con una dotazione complessiva di 8,4 miliardi di euro, che sosterrà gli investimenti privati – “l’erede del piano Juncker per gli investimenti di cui l’Italia si è rivelata uno dei principali destinatari” ha evidenziato Conte – e l’iniziativa React EU, con una dotazione complessiva di 47,5 miliardi di euro, “grazie alla quale potranno essere proseguiti gli investimenti anti Covid a favore del sistema sanitario e a sostegno del reddito dei lavoratori e della liquidità delle imprese”, ha aggiunto il Premier. Un altro risultato politicamente rilevante dell’intensa azione politica e diplomatica condotta, prima e durante il Consiglio europeo, insieme ad altri Stati membri e dal Presidente della Commissione europea e del Consiglio europeo, è che il meccanismo di governance di Next Generation EU preserva le competenze della Commissione europea sull’attuazione dei piani nazionali di ripresa e di resilienza. I piani saranno approvati dal Consiglio dell’Unione europea a maggioranza qualificata, come peraltro già avviene ordinariamente per i programmi nazionali di riforma del semestre europeo, mentre i singoli esborsi verranno decisi dalla Commissione, sentito il Consiglio. Anche il freno di emergenza, eventualmente attivabile presso il Consiglio europeo, avrà una durata massima di tre mesi e non potrà prevedere un diritto di veto. “Sono stati, dunque, evitati i passaggi all’unanimità che avrebbero innescato derive pericolose: sul piano giuridico, finendo per ledere le competenze della Commissione in materia di bilancio europeo; su quello politico, perché avrebbero imprigionato lo strumento chiave della ripresa economica europea in veti incrociati tra Stati membri. Su questo punto l’Italia da subito ha definito la sua linea rossa”, ha sottolineato Conte evidenziando come sul cosiddetto freno di emergenza – che potrà essere richiesto in via del tutto eccezionale – le motivazioni dovranno essere specifiche e riguardare concreti inadempimenti rispetto alla programmazione: per essere chiari, non sarà sufficiente il capriccio di un singolo Stato ostile all’Italia.
Il Consiglio europeo ha adottato una decisione adeguata alla posta in gioco anche per quanto riguarda i tempi. “Era, infatti, fondamentale e indispensabile dare un segnale chiaro ai cittadini, alle imprese e agli stessi mercati finanziari: l’Europa risponde in modo tempestivo, ben determinato rispetto alla crisi. Al riguardo, segnalo che il 10% delle risorse, sotto forma di trasferimenti del recovery and resilience facility, potrà essere anticipato come prefinanziamento del 2021. In secondo luogo, anche i progetti di investimento già avviati a partire dal 1 febbraio 2020 potranno beneficiare dei finanziamenti del pacchetto europeo, purché siano coerenti con gli obiettivi del programma”, ha illustrato Conte rammentando come, nell’ambito di questo Consiglio europeo, sia stato anche approvato il bilancio settennale, ossia il quadro finanziario pluriennale 2021-2027, che abitualmente richiede più sessioni. “Siamo uno dei pochi Stati membri che vede aumentare, rispetto al quadro finanziario pluriennale attuale, da 36,2 a 38 miliardi di euro le proprie dotazioni sulla politica di coesione, che invece è stata ridotta, per un totale di 37 miliardi, nei vari Stati membri. Si tratta di un risultato decisivo, perché la politica di coesione, tanto più in questa particolare congiuntura socio-economica, svolge un ruolo fondamentale a beneficio dei territori”, ha commentato il Premier evidenziando altresì come, sempre in materia di coesione, sia stata ottenuta maggiore flessibilità nell’uso dei fondi strutturali, grazie a obblighi di concentrazione tematica meno stringenti e disimpegni più lunghi. Quanto all’altrettanto fondamentale politica agricola comune, il rafforzamento delle dotazioni per lo sviluppo rurale – 77,1 miliardi a valere sul quadro finanziario pluriennale e 7,5 miliardi su Next Generation EU – avvantaggia l’Italia, che ne ha ritorni elevati, oltre l’11% del totale.
Conte ha poi parlato della questione dei rebate, che hanno in qualche modo accontentato e quindi messo a tacere le rimostranze dei cosiddetti ‘Paesi frugali’. “E’ un elemento che abbiamo sempre dichiarato anacronistico, che ci è servito anche per contrastare ulteriori pretese ed esercitare un potere negoziale, su cui ogni nostra parziale flessibilità è stata comunque condizionata dall’esigenza prioritaria di garantire l’esito positivo del negoziato su Next Generation EU”, ha commentato il Premier. Il Consiglio europeo ha trovato un punto di sintesi anche in materia di stato di diritto e di lotta al cambiamento climatico. “Con riguardo allo stato di diritto, le conclusioni collegano il suo rispetto alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, in coerenza con quanto già contenuto nella proposta negoziale portata al tavolo dal Presidente Michel. Quanto alla lotta al cambiamento climatico, è stato confermato che il 30% della spesa europea sarà collegato al raggiungimento di quest’ambizioso obiettivo e la riduzione rispetto alla proposta iniziale della dotazione complessiva del just transition fund, che comunque ammonta a 10 miliardi di euro, non ha uno specifico impatto negativo sull’Italia. In via generale, occorre riconoscere che il fondo soffre purtroppo di un’impostazione disfunzionale, perché premia i Paesi che sin qui non si sono impegnati abbastanza nella transizione ecologica – ha lamentato Conte – trascurando la necessità di riconoscere gli sforzi di quegli Stati che, come l’Italia, hanno già intrapreso l’ineludibile percorso del green deal”. (Inform)