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ROMA – Un Paese dal grande cuore: secondi al mondo per numero di adozioni internazionali. “Primi in assoluto nel caso di ‘special needs’, le adozioni di bambini con bisogni speciali”, lo segnala nel corso della trasmissione di Rai Italia “Casa Italia” il Sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli. Il Covid, la guerra, ma anche i tempi lunghi hanno portato in basso il numero delle adozioni: 565 da 61 Paesi del mondo, lo scorso anno. In testa c’è la Colombia, seguita da India, Ungheria, Vietnam, Ucraina e Russia. Eppure, sono 2.382 le coppie che hanno in corso un iter adottivo. “Un percorso complesso e troppo spesso incerto”, avverte Marco Rossin, responsabile adozioni dell’Avsi. “Un iter complesso e costoso” ha detto l’avvocata esperta di adozioni, Maria Letizia Spasari, “che resta però, una bellissima scelta di grande coraggio”. Il Sottosegretario Silli ha sottolineato come, rispetto a livelli di diminuzione in assoluto di questo fenomeno, tutto dipenda dalla prospettiva da cui si guardano i dati: ad esempio ci sono Paesi storicamente interessati dal fenomeno delle adozioni in uscita che negli anni hanno però migliorato le condizioni socio-economiche interne e che magari sono diventati più restii a concedere le adozioni. “In linea generale i Paesi di partenza restano quelli più poveri rispetto al mondo che immaginiamo, europeo e occidentale”, ha rilevato Silli che avendo la delega alle adozioni internazionali ha ricordato proprio come l’Italia preveda una delega specifica su questo tema in capo al Ministero degli Esteri, seguito poi dal Ministero della Famiglia. C’è infine una Commissione per le adozioni internazionali che sovrintende il tutto fino alla chiusura dell’iter del percorso, rappresentato dalla registrazione presso lo stato civile dell’avvenuta adozione, seguendo la legge del Paese d’origine. Tra i casi attualmente più complessi , Silli ha ricordato i procedimenti di adozione in sospeso con la Cina che con il Covid ha chiuso praticamente tutto; un altro scenario complicato è la Bielorussia dove l’accordo bilaterale vigente prevede che l’atto ultimo sia una lettera di garanzia inviata dalla massima autorità italiana a quella bielorussa. Il problema, come ha spiegato Silli, è che le elezioni presidenziali bielorusse non sono state riconosciute come regolari dal Parlamento europeo. “Quindi diventa per noi impossibile scrivere al Presidente bielorusso”, ha spiegato Silli evidenziando come per il momento si stia cercando di sbloccare almeno i cosiddetti ‘soggiorni terapeutici’. L’avvocata Spasari ha parlato di “una scelta d’amore” con un iter che prevede il deposito di una disponibilità presso il Tribunale dei Minori da parte della coppia che vuole adottare e che deve attendere il decreto d’idoneità disposto in primo luogo dalle autorità italiane, ricordando che la legge che regola le adozioni è la 184 del 1983, alla quale sono state apportate delle modifiche nel 2001. Quindi in una seconda fase l’iter burocratico-giuridico si sposta nel Paese d’origine del minore da adottare. Per le cosiddette ‘adozioni piene’ – cioè quelle che tendono a costituire uno status giudici di figlio a tutti gli effetti – i requisiti sono comuni a prescindere che si tratti di adozione nazionale o internazionale. Come ha spiegato l’avvocata la coppia deve essere sposata da almeno tre anni e si valorizza il periodo di convivenza, stabile e continuo, antecedente al matrimonio. Rossin ha ribadito come il termine “incertezza” sia quello che meglio descrive ad oggi il contesto delle adozioni internazionali. “Ci troviamo di fronte a un mondo radicalmente cambiato”, ha commentato Rossin evidenziando come sia necessario avere tutto un sistema di accompagnamento alle adozioni, che può essere svolto dall’intermediazione delle associazioni, aggiornato alle esigenze del mondo attuale. “Tutti gli attori coinvolti devono decidere quale sarà il futuro delle adozioni internazionali perché la situazione di oggi sta andando verso un lento spegnimento”, ha precisato Rossin parlando di un percorso divenuto oltremodo complesso per una famiglia. (Inform)