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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Presentato a Roma il Rapporto Italiani nel Mondo 2018: migrazione e neo-mobilità come “diritto all’esistenza”

FONDAZIONE MIGRANTES

 

I dati sulle migrazioni non siano soltanto numeri ma strumento di riflessione

Ricardo Merlo (Maeci): Preservare la stampa italiana all’estero, quale strumento di contatto tra gli emigrati e la madrepatria

Michele Schiavone (Cgie): Ripristinare alla Camera e al Senato i Comitati per gli italiani all’estero

Gualtiero Bassetti (Cei):  Fondamentale inserire l’emigrazione italiana nell’insegnamento scolastico

ROMA – Si è tenuta oggi , presso l’Auditorium “V. Bachelet” di Roma, la presentazione della XIII edizione del Rapporto Italiani nel Mondo, a cura della Fondazione Migrantes quale organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Come avviene ormai ogni anno, la tavola rotonda è stata accompagnata dalla distribuzione del volume “Rapporto Italiani nel Mondo” della Tau Editrice, curato dalla dottoressa Delfina Licata: un lavoro di oltre cinquecento pagine al quale hanno contribuito ben sessantaquattro autori. Il filo rosso dell’edizione 2018 è il concetto di “migrazione stabilmente in movimento” accompagnato dall’idea di “neo-mobilità”. Ad aprire il tavolo istituzionale è stata la giornalista Francesca Fialdini, che ha voluto citare le parole più volte adoperate da Papa Francesco sul tema delicato delle migrazioni. “Le parole non sono elementi neutri e bisogna lasciarsi coinvolgere dalla realtà; le parole devono illuminare i temi della migrazione e della mobilità, ma senza associarvi pensieri negativi”, è stato dunque menzionato questo invito, assai ricorrente da parte del Santo Padre, a una visione più aperta. Sempre più italiani emigrano e non sono soltanto i più giovani a farlo – ha ricordato Fialdini – evidenziando anche un altro aspetto legato all’agenda setting, politica e mediatica, sul fronte migratorio: tendiamo ad associare all’immigrazione altrui nel nostro Paese aggettivazioni più negative rispetto a quanto non facciamo per l’emigrazione italiana. Non è soltanto una questione semantica, dunque, bensì politica e culturale.

Chi sono gli italiani che emigrano e di che numeri stiamo parlando? Si tratta di cifre importanti. Dal 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64%, passando da poco più di tre milioni di emigrati a oltre cinque milioni: gli iscritti all’AIRE nel 2018 rappresentano pertanto l’8% del totale dei residenti in Italia, che supera di poco la soglia dei sessanta milioni di individui. In tutto questo bisogna sempre considerare anche coloro che hanno acquisito la cittadinanza. L’Europa è il continente che accoglie la percentuale più elevata di cittadini italiani, con un 54%, mentre alle Americhe spetta un sostanzioso 40% (di cui un netto 32% in America Latina). In assoluto le mete europee privilegiate sono Germania, Regno Unito, Francia, Portogallo, Spagna e Irlanda; per l’America Latina abbiamo invece Brasile e Argentina in testa. Le partenze relative all’ultimo anno hanno registrato un incremento del 3%: una fetta consistente, che si aggira intorno al 37%, ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni ma è tutt’altro che trascurabile la percentuale degli emigrati over 50 e 60. Oltre alla trasversalità anagrafica, si registra anche un’elevata stratificazione generazionale. Accanto ai migranti più giovani ci sono, come si è visto, i cosiddetti migranti maturi nonché i previdenziali, ossia quelli in età pensionabile che intendono usufruire di un fisco migliore altrove; ci sono poi interi nuclei familiari, con il ricongiungimento di figli-genitori-nonni. Non mancano infine i migranti di rimbalzo, una categoria forse un po’ più atipica e meno frequente delle altre, ma non per questo meno affascinante: si tratta di quelle persone che tornano in Italia in tarda età, poi per ragioni varie rientrano nel Paese che li ha accolti per quasi tutta la vita. Oltre cento sono state le province italiane che hanno visto un esodo da parte dei loro cittadini: Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza.  Per quanto riguarda le regioni, abbiamo in testa alla classifica la Lombardia, seguita da Emilia-Romagna, Veneto, Sicilia e Puglia.Si tratta di un lavoro importante, al di là dei dati statistici, per far conoscere realtà altrimenti poco note: quelle appunto di chi ha deciso di lasciare il nostro Paese in cerca di fortuna altrove.

Interventi Istituzionali

Di questo aspetto ha voluto trattare Michele Schiavone, Segretario Generale del Cgie. “Fondamentale è il lavoro svolto, in ambito sociale e religioso, dalla Fondazione Migrantes che è sempre percepita per la sua straordinaria importanza, ovunque nel mondo. Dobbiamo ringraziare, con profonda gratitudine, questo invito per parlare delle nostre comunità che vivono sparse nel mondo. Non sempre il tema delle migrazioni è posto in maniera felice; anzi spesso la negatività accompagna questo tema, sia per quanto riguarda il Mediterraneo a noi più vicino sia per gli altri luoghi più remoti del globo. Occorre far entrare tali argomenti nel discorso pubblico del Paese perché, come dice Papa Francesco, bisogna vivere ed abitare la migrazione rimettendo al centro l’uomo”, ha commentato Schiavone. “Parlare degli italiani all’estero è un impegno grande al quale il Cgie, attraverso le associazioni e gli strumenti creati in giro per il mondo, pone all’attenzione dei Paesi in cui queste nostre comunità si sono insediate. In primo luogo è indispensabile riconsiderare la dignità dell’uomo e il rispetto dei diritti universali dei migranti. Ricordo sempre una frase di Massimo Troisi in un suo celebre film (“Ricomincio da tre”, ndr): “Chi parte sa da cosa fugge ma non sa che cosa cerca”, ha aggiunto Schiavone pensando quindi a possibili interventi migliorativi, alla luce di una forma di mobilità così diversa da quella sedimentatasi da due secoli nel mondo. “In Italia manca un Ministero per l’Emigrazione e occorrono maggiori politiche e strumenti a sostegno degli italiani nel mondo. In Parlamento avevamo, fino alla scorsa legislatura, due comitati (uno per la Camera e l’altro per il Senato, ndr) che rappresentavano le istanze degli italiani nel mondo: ebbene, ne chiediamo il ripristino. E’ comunque un dato positivo l’avere finalmente nelle istituzioni un nostro rappresentante, che è figlio dell’emigrazione nel mondo: che sia un primo passo per un riconoscimento diffuso”, ha concluso Schiavone facendo riferimento a Ricardo Merlo, sottosegretario agli Esteri con delega agli italiani nel mondo.

Nato a Buenos Aires da una famiglia veneta, l’On. Ricardo Merlo è di fatto figlio dell’emigrazione italiana nel mondo. “Mio nonno è emigrato dopo la prima guerra mondiale; successivamente si è fatto raggiungere anche dalla nonna, da mio padre e dagli zii. Eravamo una famiglia povera, fatta di gente che non poteva far altro che emigrare. Sono cresciuto in due istituzioni, come la parrocchia e le associazioni di volontariato ed è con quel movimento cattolico che mi sono avvicinato alla politica. Siamo europeisti e i nostri valori sono quelli occidentali e cristiani: veniamo da una cultura cattolica come parte della nostra stessa identità”, ha raccontato Merlo. “Oggi abbiamo nuovi strumenti per stare vicini ai nostri migranti, accanto alle associazioni di volontariato, alle parrocchie e alle reti consolari. Tuttavia sul fronte delle reti consolari non mancano le criticità ma non ne faccio una responsabilità di un solo governo, bensì di politiche sbagliate dal 2008. Sono stati chiusi in questi anni ben venti uffici consolari, quattro ambasciate e una rappresentanza permanente, senza contare il decremento progressivo del personale amministrativo: negli ultimi otto anni infatti più di mille unità sono state messe in uscita a fronte di 1 milione e 500 mila italiani in più all’estero. I nostri connazionali – ha aggiunto Merlo – se la prendono coi consoli, ma loro non ce la fanno fisicamente a lavorare in certe condizioni. Abbiamo invece avuto l’inaugurazione di una nuova Ambasciata a Panama e di un’altra in Repubblica Dominicana; a Recife è stato aperto un nuovo ufficio consolare mentre in Uruguay, dove vivono 120 mila italiani, è stato chiuso il consolato. Il Governo precedente ha aumentato di alcune unità i contrattisti all’estero e speriamo che nella nuova legge di stabilità l’aumento sia significativo sia per gli impiegati amministrativi e sia per i contrattisti; inoltre serve un concorso al Ministero degli Affari Esteri per avere nuovi giovani diplomatici. Farò tutto il possibile per cambiare questa situazione: da giugno ad oggi abbiamo cominciato a fare qualcosa”, ha sottolineato Merlo segnalando anche l’iniziativa volta a modificare la legge sul voto all’estero che coinvolge direttamente il Cgie e i Comites. Dunque il rilancio di nuove prospettive per i connazionali all’estero sembra passare per l’aumento di fondi da destinare alla promozione della lingua, della cultura e del made in Italy in un continuum ideale rispetto al discorso del Presidente Mattarella, in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo. Importante è infine preservare la stampa italiana all’estero, quale strumento di contatto tra gli emigrati e la madrepatria. Un pensiero è andato alla sofferenza dei circa centomila connazionali presenti in Venezuela. “Negli ultimi sette anni sono stato almeno cinque volte in Venezuela dove i nostri connazionali hanno bisogno di noi. Lì c’è bisogno d’aiuto anche per trovare i beni di prima necessità e chi percepisce la pensione viene penalizzato dal cambio nella moneta locale: dovrebbero prendere le pensioni in euro. Perché la mobilità sia positiva deve essere una scelta e non una conseguenza disperata di chi deve scappare; ci vuole una giustizia sociale internazionale e bisognerebbe aiutare con strumenti come il Piano Marshall le realtà più povere”, ha evidenziato Merlo.

“I migranti fanno parte della nostra quotidianità di cittadini e di popolo che vive da sempre la mobilità”, ha commentato il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della CEI. Quali sono state le indicazioni operative? “E’ fondamentale inserire l’emigrazione italiana nell’insegnamento scolastico, alla pari dei corsi di lingua italiana all’estero. Accanto alla consapevolezza della cultura d’origine, c’è inoltre la necessità del migrante di costruire una relazione con l’altro e con la comunità che lo accoglie con carità. E’ sbagliato etichettare la mobilità in uscita con caratteri positivi e quella in entrata con termini negativi. Migrare è allontanarsi umanamente da ciò che si conosce per andare verso l’ignoto. Vi è spesso un malessere in questa generazione neo-mobile”, ha ravvisato Bassetti  parlando anche del tema caldo del riconoscimento della cittadinanza. “La cittadinanza non sia solo qualcosa di finalizzato ad uso personale, ossia non sia un mero documento: deve invece essere un valore identitario da rafforzare attraverso il racconto dei nonni e dei genitori. Molti nonni e genitori decidono di ricongiungersi ai figli per inseguire quell’idea di stare insieme in qualunque luogo: sappiamo quanto il Papa esalti ad esempio proprio la figura dei nonni. D’altronde la famiglia di Papa Francesco, famiglia di origini piemontesi, dal 1922 ha cominciato la sua storia in Argentina con la partenza dall’Italia dei fratelli del nonno del Santo Padre. Possiamo dire che il diritto al viaggio debba essere concepito come un diritto all’esistenza: ciascuno deve essere libero di partire e di restare, di tornare e ricominciare. L’esistenza non sia rassegnata ma tenda alla ricerca di sogni e felicità. Viviamo tutti sotto un medesimo cielo e un unico sole”, ha concluso il Presidente della CEI. (Simone Sperduto/Inform)

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