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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

“Italiani residenti in Europa: indagini sul presente”, al Senato una tavola rotonda dedicata ai nostri connazionali nel mondo

ITALIANI ALL’ESTERO

Organizzata dal senatore Raffaele Fantetti (Fi) eletto nella ripartizione Europa

Il Presidente del Senato Casellati ricorda come i nostri emigrati abbiano arricchito i Paesi europei e la nostra stessa società e cita Mattarella: “Gli italiani all’estero sono il nostro biglietto da visita”

ROMA – Si è tenuta il 21 gennaio, presso la Sala Koch di Palazzo Madama, una tavola rotonda incentrata sul tema di nostri connazionali residenti all’estero, in modo particolare in Europa. L’incontro è stato organizzato dal senatore di Forza Italia, Raffaele Fantetti, eletto nella ripartizione Europa e attuale segretario della Commissione bilancio e programmazione economica. Il titolo del convegno non è stato scelto casualmente, come sottolineato dallo stesso Fantetti che ha voluto precisare l’importanza di guardare al fenomeno migratorio italiano nel presente. “Lo sguardo al passato delle nostre emigrazioni è sicuramente sempre meritorio ma non deve offuscare il presente. Non dimentichiamo che il dato numerico dei connazionali presenti all’estero è sottostimato quasi del 50%. C’è un presente della nostra emigrazione e quel presente è in Europa, dove risiedono circa 3 milioni d’italiani su un totale di 5 milioni di connazionali emigrati nel mondo: oggi i nostri migranti rappresentano il 10% della popolazione italiana”, ha evidenziato Fantetti.

I saluti istituzionali sono giunti dal Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, che ha parlato dell’emigrazione come di un fenomeno doloroso che ha segnato la storia dello Stato italiano. Il Presidente Casellati si è quindi rivolto ai presenti, molti dei quali protagonisti in prima persona dell’emigrazione, ma in maniera simbolica ai milioni di italiani che risiedono nel mondo. “La vostra esperienza di successo come emigrati ha arricchito altri Paesi europei ma al contempo la nostra stessa società: questo perché le realtà che rappresentate sono uno strumento per rafforzare la nostra identità nazionale. Concordo con quanto affermato dal Presidente Mattarella, che ha definito i nostri connazionali all’estero come moltiplicatori della nostra civiltà, ossia come il nostro biglietto da visita quali testimoni del ‘marchio Italia’, delle nostre capacità e peculiarità nei diversi settori”, ha aggiunto Casellati puntando l’attenzione sul concetto stesso di Europa. “I padri fondatori dell’Europa, dopo ben due conflitti mondiali, hanno lavorato per approdare proprio a quei valori che oggi voi rappresentate. L’attuale emigrazione in Europa rappresenta la libera circolazione delle persone, quale pietra angolare dell’unità europea. Penso al tema della mobilità persone, come a un qualcosa legato al disagio sociale: esso è avvertito in Italia per problemi di povertà e di disoccupazione. Da 2006 al 2018 la mobilità italiana è aumentata del 64%: da 3 milioni d’iscritti all’Aire siamo passati agli attuali 5 milioni. Soltanto l’anno scorso sono espatriati centotrentamila connazionali con un incremento del 3% rispetto al 2017. La classe d’età più coinvolta è quella compresa tra 18 e 34 anni, con una presenza cospicua di diplomati e laureati”, ha concluso Casellati sottolineando come, per essere ancora più fruttuosa, l’emigrazione dovrebbe essere non solo bidirezionale ma dovrebbe prevedere anche la possibilità del rientro in Patria.

La senatrice Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia in Commissione Affari Costituzionali, ha parlato di “un incontro utile per far interagire tra loro delle comunità che, di diverso, hanno solo una localizzazione fisica poiché esse appartengono ad un unico grande cuore italiano”. La senatrice ha puntato sul concetto di “espatrianti”, ossia di cittadini europei che girano per l’Europa. Ringraziando per la presenza gli On. Lucio Malan e Francesca Alderisi, Bernini ha lanciato lo spunto di riflessione legato all’importanza di avere diversi rappresentanti eletti all’estero all’interno delle istituzioni. “Dobbiamo – ha aggiunto – creare le condizioni perché ci sia il rientro in Patria. Il problema non è tanto la cosiddetta ‘fuga di cervelli’, ma sperequazione numerica tra chi parte e chi ritorna. Ricordo come sia stato proprio un governo di centro-destra ad aver creato il Ministero degli italiani nel mondo”.

 Delfina Licata della Fondazione Migrantes ha trattato il tema della mobilità, quale “materia cangiante e liquida che, per essere lavorata al meglio, deve essere conosciuta”. Attraverso gli studi di settore, ci si è resi conto che l’emigrazione non era più quella delle foto in bianco e nero, poiché il flusso migratorio in realtà non si è mai fermato. Una nuova grande andata si è registrata in seguito alla crisi del 2008, che ha visto una forte migrazione italiana verso altri Stati europei. “Oggi parliamo di una mobilità che ha caratteristiche diverse da quelle di una volta. Il 37% di chi parte è rappresentato da giovani under 35 in età lavorativa alla ricerca di quella meritocrazia che spesso manca in Italia. Ci sono poi anche gli over 50, costretti ad emigrare perché rimasti disoccupati; infine c’è il migrante ‘genitore o nonno-ricongiunto’ che riprogramma tutta la vita familiare secondo la logica dell’ovunque purché insieme: si registrano anche nuclei familiari con bambini al di sotto dei 10 anni”, ha evidenziato Licata menzionando in ultimo la figura del migrante pensionato. Sono in aumento anche i migranti studenti: non soltanto gli universitari ma anche i liceali. Tuttavia non ci sono soltanto storie di successo, ma purtroppo anche storie di fallimenti. “Nel 2018 abbiamo studiato la situazione di tanti emigrati italiani divenuti irregolari e addirittura detenuti, per esempio nella lontana Australia o nella più vicina Inghilterra: non mancano neppure i casi di povertà e di depressione, ossia dei cosiddetti homeless. Non bisogna mai partire sprovvisti della cassetta degli attrezzi: intendiamo con questo concetto il possesso della competenza linguistica e professionale. Se da una parte bisogna tutelare il diritto ad emigrare, dall’altra non è meno importante sostenere il diritto a restare nel proprio Paese ovvero il diritto a fare ritorno in Patria: si deve poter parlare di circolarità nella mobilità”, ha concluso Licata.

Leonardo Simonelli, presidente della Camera di Commercio di Londra, ha posto in evidenza come alla base di questa forte uscita di giovani dall’Italia ci sia la delusione derivante dalla mancanza di un riconoscimento delle loro potenzialità, ossia quella meritocrazia della quale già si è accennato. “I giovani non si sentono valutati secondo i loro meriti: d’altronde i meriti ci sono e si vedono dai loro successi all’estero. Non mi piace parlare di cervelli in fuga, che per me è uno slogan politico, fermo restando il diritto alla mobilità. La cosiddetta ‘Italian Community’ nel Regno Unito rappresenta il 5% di una UK assolutamente multietnica. Come Camera di Commercio abbiamo istituito il ‘Talented Young Italians Awards’, un premio per gli under 40 italiani di successo nel Regno Unito: in più abbiamo l’Associazione ‘Talented Italians’ che raccoglie, tra gli altri, tutti i connazionali premiati negli anni passati. Tra i nostri obiettivi c’è sempre stato quello di incentivare l’attività imprenditoriale e la vicinanza tra Italia e Regno Unito”, ha proseguito Simonelli.

Edith Pichler, professoressa dell’Università di Potsdam nonché membro del Cgie (Germania), ha parlato dell’emigrazione italiana in Germania che è nata ufficialmente con gli accordi bilaterali del 1955 tra i due Stati: da lì a breve si passerà ai Trattati di Roma da considerare come vero inizio del processo d’integrazione europea. La generazione dei primi ‘Gastarbeiter’ (letteralmente ‘lavoratori ospiti’, ndr)  oggi ha raggiunto l’età della pensione: i loro discendenti hanno spesso identità ibride. Per quanto riguarda invece la nuova mobilità, essa riguarda per lo più giovani compresi tra 18 e 25 anni con un aumento incisivo della presenza femminile. Non è una migrazione stabile come in passato, quando si arrivava già con il contratto di lavoro pianificato; oggi assistiamo a pendolarismo e fluttuazione, con un terzo dei nostri migranti che è composto da laureati. Berlino è la città che attira di più i giovani: oltre settecentomila italiani vivono in Germania, sebbene i dati tedeschi dicano che la cifra si aggiri addirittura intorno alle novecentomila unità”, ha spiegato Pichler.

Matteo Ghisalberti, giornalista di Putsch TV, ha parlato dell’emigrazione italiana in Francia. Gli emigrati italiani erano ben ottocentomila nel 1931, ossia il 7% dell’intera popolazione francese. De Gaulle definì quella italiana come ‘la bonne immigration’.  Ma non bisogna dimenticare le vittime dei vespri marsigliesi e neppure il massacro di Aigues-Mortes. Oggi abbiamo diplomati, professionisti e ricercatori ma anche maestri artigiani. Il censimento dell’Aire nel 2016 ha calcolato quattrocentomila italiani residenti in Francia, ma sarebbero molti di più. Dopo un periodo in cui l’italianità non era ben vista, stiamo assistendo alla riscoperta della nostra identità attraverso la rivendicazione di molti francesi che sostengono di avere origini italiane, pur rimanendo fortemente legati alla Francia e senza necessariamente avanzare richiesta di una doppia cittadinanza: per loro l’italianità è una semplice questione culturale. Nel 2017 l’Italia è stato il terzo Paese investitore in Francia”, ha ricordato Ghisalberti menzionando anche il forte legame economico tra i due Stati confinanti. Restando in Francia, è intervenuta Alessia Bennani, vice direttrice di DIRE (Donne Italiane Rete Estera): un’associazione nata a Parigi nel 2005 da un’idea di Nina Gardner-Olivieri. “Oggi rappresentiamo l’eccellenza femminile e riuniamo gli appartenenti a diverse organizzazioni internazionali. La nostra missione riguarda la promozione di scambi professionali e personali, ma anche l’assistenza e la facilitazione dell’integrazione socio-professionale. I nostri settori sono il sociale, l’istituzionale, l’impresa, l’arte, la cultura e la scienza. Non nascondiamo che questi ultimi sono stati anni difficili: non è vero che il terrorismo non abbia lasciato il segno in Francia. Parigi è una città che, soprattutto negli ultimi cinque anni, ha vissuto nel dolore e nella sofferenza”, ha commentato Bennani.

Antonio Putrino, amministratore delegato di Enaip Zurigo e consigliere del Cgie (Svizzera) ha ricordato la realtà dell’emigrazione italiana in Svizzera. “Negli anni ’70 in Svizzera si veniva discriminati quando si emigrava in massa; mi fa un po’ sorridere sentire oggi che è problema per l’Italia accogliere poche persone. La Svizzera è divenuta nel tempo un vero laboratorio: hanno capito che la migrazione è una risorsa, dopo che per decenni è stata vista negativamente come una sorta di ondata che si temeva potesse travolgere la cultura e le tradizioni elvetiche. Oggi siamo ufficialmente seicentomila, ma per gli Svizzeri siamo solo la metà per via della progressiva naturalizzazione di chi negli anni è di fatto diventato cittadino svizzero, con  oltre un 50% di matrimoni misti. Il risultato della nostra emigrazione lo possiamo vendere come ‘Made in Italy’: siamo rimasti creativi come italiani ma abbiamo imparato ad essere precisi come svizzeri. Mi piace evidenziare come in Svizzera l’attrazione di cervelli sia stato visto sempre di più come un punto di forza”, ha sottolineato Putrino al quale si è aggiunto Antonio Strappazzon, presidente dell’Associazione Nazionale Alpini di Ginevra. “Come italiani eravamo oltre il 50% di tutta la popolazione straniera svizzera già negli anni 60 e 70. Oggi gli italiani si sono integrati fino a raggiungere i traguardi più alti della società elvetica, che ha avuto la capacità di accoglienza: ciò va riconosciuto ai governanti e al popolo svizzero che hanno respinto le politiche anti-straniero”, ha sottolineato Strappazzon.

Ha concluso la tavola rotonda Alessandro Zehentner, presidente dell’Inter-Comites della Spagna. “Soltanto dopo la caduta della dittatura franchista, c’è stata una prima ondata migratoria italiana in Spagna; poi negli anni 2000 si è sfiorata la quota delle centomila presenze e l’ultima recente ondata ha portato a duecentomila gli iscritti all’Aire: le città con la maggior presenza d’italiani sono naturalmente Madrid e Barcellona. Una prima frenata nell’iscrizione all’Aire si è registrata nel 2014, nel tentativo di sfuggire alla tassa sulla prima casa di proprietà in Italia; poi invece c’è stata la recente impennata di iscritti all’Aire dovuta all’intensificazione dei controlli fiscali per chi possiede dei conti esteri. Un problema che ritengo molto serio e grave è quello che sta affliggendo molti connazionali d’origine italiana provenienti dal Venezuela dove la vita sta diventando impossibile: essi hanno generalmente un livello culturale molto alto ma sussiste il problema del mancato riconoscimento dei titolo di studio. Stiamo lavorando come Comites per aiutare queste persone a trovare una soluzione a questo problema: tanti di loro sono per esempio medici e potrebbero esercitare la professione se soltanto gli venisse riconosciuto il curriculum accademico e professionale”, ha spiegato Zehentner.(Simone Sperduto/Inform)

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