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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Il dibattito sulla riforma del voto all’estero: mantenere il suffragio per corrispondenza o aprire al voto elettronico?

CGIE ASSEMBLEA PLENARIA

 

Si è parlato della possibilità di introdurre la blockchain, un sistema informatico volto al dare maggiore sicurezza al  voto per corrispondenza

 

ROMA – Una riforma delle modalità di voto all’estero è nell’agenda del dibattito politico e del Cgie già da tempo, come ha ricordato il segretario generale Michele Schiavone nel corso dell’Assemblea plenari del Consiglio Generale, sottolineando in tal senso l’impegno assunto con il Sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo che ha la delega per gli italiani nel mondo. L’idea è quella di portare a compimento un tragitto che riguarda le modalità del voto all’estero: dopo quattro elezioni, in questi ultimi sedici anni, il sistema risulta evidentemente in uno stato di necessaria riforma, come spiegato dallo stesso Schiavone. Dietro a una riforma ci sono anche questioni di diritto costituzionale. Di queste ha brevemente parlato il Prof. Marco Galdi dell’Università di Salerno ricordando in primis come la Costituzione preveda per l’estero un numero minimo di deputati e di senatori, pari al 2% del totale dei seggi disponibili per Camera e Senato. La legge che ha istituito il voto per corrispondenza per i cittadini residenti all’estero è la n.459 del 2001.

La prima volta in cui si è utilizzato questa nuova norma risale alle politiche del 2006. Gli iscritti all’Aire al 4 marzo 2018 erano oltre 4 milioni. “Anche piccole rappresentanze parlamentari, come quelle per l’estero, possono essere determinanti ai fini dell’esistenza e della sopravvivenza di un governo, quindi un 2% non è poco”, ha commentato Galdi sottolineando come anche coloro che sono residenti temporaneamente all’estero, da almeno tre mesi, per motivi di studio o di lavoro per esempio, possono chiedere di esercitare il diritto di voto per corrispondenza”. Galdi si è poi soffermato su punto cruciale: la possibilità di essere eletti nella Circoscrizione estera anche i residenti in Italia, in virtù della modifica intervenuta all’art. 8 della legge Tremaglia; il problema di fondo, oltre al venir meno dell’esclusività di quella circoscrizione pensata appunto per dare rappresentanza agli italiani all’estero, è l’assenza della reciprocità. Al di là di questi aspetti il voto all’estero ha rappresentato un principio di democraticità nel nostro ordinamento, ha puntualizzato Galdi che ha ipotizzato la possibilità di sollevare la questione di legittimità perché la norma attuale escludere la reciprocità, “tuttavia – ha aggiunto- mi riservo di approfondire la questione. Escluderei invece, al contrario, la possibilità di esercitare l’opzione del voto in Italia per ottenere la possibilità di candidatura”, rispondendo così alla perplessità sollevata dal vice segretario generale Silvana Mangione che ha voluto sapere se esiste oppure no questo principio di reciprocità e se, per far valere la reciprocità, basta esercitare l’opzione di votare in Italia per potersi anche candidare.

Roberto Martini, direttore centrale della DIGIT per i servizi degli italiani all’estero, ha parlato delle  “misure adottate per la messa in sicurezza del voto all’estero per corrispondenza che hanno avuto effetti positivi, molto più soddisfacenti del passato”. Paolo Da Costa, Presidente della Commissione Diritti Civili, Politici e Partecipazione (Svizzera), illustrando il documento della terza Commissione, ha sottolineato come “le modifiche sul voto all’estero devono partire da precise indicazioni espresse dal Cgie da tenersi in conto da parte del legislatore. Il diritto di voto all’estero non è in discussione in alcun modo e le ragioni tecniche non devono essere usate per ragioni politiche. Il voto telematico – ha aggiunto Da Costa – può mettere fine alle tante polemiche del passato e può essere più agile da usare nel caso di una tornata elettorale inattesa e improvvisa. Il Cgie deve preoccuparsi anche del futuro e guardare agli sviluppi tecnologici; altrimenti ci limitiamo a parlare solo del presente. Occorre sicuramente una fase transitoria, mantenendo il voto per corrispondenza fino a quando non ci saranno modalità diverse”. Vittorio Pessina (Forza Italia) ha puntato l’attenzione sulla necessità di stampare le schede in Italia in unico centro tipografico pubblico; allo stesso tempo bisogna mantenere e perfezionare il controllo tramite codice a barre delle schede, sebbene sia lo scrutinio delle schede il punto più critico dove maggiori sono stati in passato i disservizi. “Per la  sperimentazione del voto telematico proporrei che il tutto fosse fatto in parallelo con il metodo tradizionale”, ha aggiunto Pessina. Il vice segretario Mariano Gazzola (Argentina) ha voluto evidenziare come il vero problema in realtà non sia lo scrutinio ma il movimento dei plichi. “In tal senso un registro degli elettori all’estero serve per sapere chi vuole votare ossia chi ha manifestato tale volontà, altrimenti questi plichi vanno a gente che non vuole votare e non sappiamo poi cosa si faccia della sicurezza di quel plico”. Per Rita Blasioli Costa (Brasile) “per ora la tracciabilità piena si ha solo all’andata e non al ritorno”. Guillermo Rucci (Argentina) ha precisato che “il voto per corrispondenza è per ora la possibilità più immediata fino a che non si mettera a punto una modalità nuova, stante la necessità di metterlo in sicurezza. Bisogna inoltre evitare costi inutili, mandando i plichi solo a chi vuole davvero votare”.

Norberto Lombardi (Pd)  ha parlato di “passaggio storico” riguardo all’introduzione della possibilità di voto per corrispondenza, che ha trasformato cittadini virtuali in cittadini reali: “cittadini che prima dovevano attraversare gli oceani per esercitare un loro diritto e non si parli adesso soltanto di questioni di messa in sicurezza” , ha commentato Lombardi evidenziando come certamente il Cgie debba farsi carico dei miglioramenti di quei principi positivi contenuti nella legge. “Va ribadita l’esclusività della rappresentanza della circoscrizione Estero, così come va ribadito il principio di parità di genere che all’estero non esiste. Sulla tracciabilità del plico è in fase di studio l’idea del blockchain, che prevede un investimento di 15 milioni”, ha evidenziato Lombardi. Anche Silvana Mangione, vice segretario generale del Cgie, ha invitato a non chiudere le porte al nuovo che avanza e a non riflettere, solo per principio, sulla possibilità futura del voto elettronico. Si potrebbe cominciare ad applicarlo per esempio al voto per i Comites. Per quanto riguarda l’inversione dell’opzione, essa è anticostituzionale: per fare l’inversione serve inserire in Costituzione la norma che stabilisce la registrazione in un elenco a parte”, ha rilevato Silvana Mangione.

La deputata Laura Garavini, eletta per il Pd nella ripartizione Europa, ha invitato a operare in modo aperto e sinergico: “si tratta di definire una legge che varrà per tutti”. Occorre quindi uno sforzo di sintesi per arrivare a un ragionamento più condiviso possibile. “E’ di importanza assoluta ribadire la funzione della circoscrizione Estero, la messa in sicurezza, la stampa centralizzata, l’invio tramite raccomandata con ricevuta di ritorno che è uno strumento utile per togliere dal campo le irregolarità, nonché l’individuazione di quattro sedi per lo spoglio. Sono tutti aspetti che in Parlamento ci vedono d’accordo al di là dei partiti. In più noi del Pd abbiamo voluto introdurre l’idea della blockchain, per mantenere il voto per corrispondenza; magari un domani ci si può avventurare nel voto elettronico. I plichi con blockchain avranno un codice QR con due adesivi: il codice va reso operativo con una telefonata a un numero verde raggiungibile in tutti i Paesi a costo zero. Solo dopo l’attivazione il QR sarà leggibile dallo scrutatore. Invito infine a ripensare l’inversione dell’opzione”, ha concluso Garavini ricordando la negativa esperienza nell’ambito dell’affluenza ottenuta con la registrazione preventiva dei connazionali alle ultime elezioni dei Comites. (Simone Sperduto-Inform)

 

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