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INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Il dibattito su l’Italiano nella rete e nei social media

STATI GENERALI DELLA LINGUA ITALIANA NEL MONDO

Dalle immagini che hanno preso il posto delle parole, alle fake news, fino alla ‘generazione zeta’ degli adolescenti cresciuti nell’era digitale

ROMA – Nel corso dei lavori per gli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo si è parlato anche del rapporto della lingua con i nuovi mezzi di comunicazione digitale, sempre più pervasivi nelle nostre vite, e di come questo nuovo approccio ha in parte modificato gli usi linguistici tra i più giovani. Il dottor Stefano Bartezzaghi è intervento, dopo la proiezione di un video, proprio su questo tema che riguarda l’utilizzo sempre più massivo delle immagini al posto delle parole diventando a loro volta “le parole della rete” seppure in senso figurato. “Le immagini sembrano aver preso il sopravvento: i social sono sempre più basati su questo aspetto visivo della comunicazione e la scrittura rischia di perdere terreno. Occorre forse una rete delle parole come resistenza alla rete delle immagini?”, si è domandato Bartezzaghi entrando nell’analisi di alcuni problemi specifici legati all’uso delle immagini, come le ormai tristemente note fake news. Un problema serio è rappresentato dalle immagini menzognere, utilizzate spesso durante manifestazioni dalle contrapposte fazioni per accrescere o sminuire la portata dell’evento. C’è stata un’evoluzione nelle stesse arti grafiche; per comprendere questo aspetto basta aprire un quotidiano o guardare le copertine dei libri e fare un raffronto rispetto a quelle del passato. Ma la rete è molto di più: è il nuovo habitat per nuove relazioni sociali. La rete ucciderà l’italiano a suon d’inserire hashtag, linkare e taggare? Non è questa la preoccupazione ma lo diventano gli atteggiamenti discorsivi verso la lingua stessa, su cui la rete ha agito. Tre atteggiamenti fondamentali sono collegati alla correttezza: grammaticale, comportamentale o del politicamente corretto, logica-argomentativa”, ha illustrato Bartezzaghi.

L’italiano nella rete e nei social media è stato dunque il tema del dibattito. Certamente non basta accusare i ragazzi di utilizzare il “k” per dire che c’è un danno arrecato alla nostra madrelingua. Come ha ricordato il Giuseppe Patota dell’Accademia della Crusca, infatti l’uso del “k” risalirebbe addirittura alla notte dei tempi dell’italiano. “Sao ke kelle terre, per kelle fini que ki kontene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”, si legge in un manoscritto di epoca medievale conosciuto come placito. Il problema, come ha evidenziato Patota, è in realtà più serio quando subentra l’uso corretto dell’italiano in funzione della ricerca di una verità e nel contrasto a quei fenomeni che in sociologia sono identificati come problemi della post-verità: “in altri termini quando si scrivono fake news meglio note come bufale”, ha specificato Patota coautore insieme a Fabio Rossi del già menzionato volume pubblicato dall’Accademia della Crusca.

Esistono naturalmente varie sfaccettature e i numeri non sono di poco conto per comprendere al meglio questa evoluzione sociale, come ha illustrato lo stesso Fabio Rossi, Ordinario di linguistica presso l’Università di Messina. Insomma, quanti italiani sono coinvolti nell’uso dei social media? “Circa 34 milioni di italiani usano Facebook, il  75% degli italiani è raggiunto in generale dal web, e infine ben il 70% degli italiani possiede ormai uno smartphone che vuol dire accedere al web potenzialmente ovunque e in ogni momento. E’ una rete sempre più dai tratti parlatoscritti e interattiva: pensiamo a piattaforme di libere enciclopedie, live blog e citizen journalism. Quel che bisogna evitare è l’uso di un’antilingua e dei retaggi burocratici”, ha precisato Rossi al quale si è aggiunta Laura Bononcini, in veste di Head of Public Policy di Facebook Italia. “Facebook è ormai disponibile in sessanta lingue e diversi dialetti. Sei miliardi di contenuti giornalieri possono essere potenzialmente tradotti dall’intelligenza artificiale. Solo nel 2017 sono stati scambiati miliardi di gif ed emoticon, a dimostrazione di come le immagini siano preponderanti nella scelta di una modalità di comunicazione.  Ma i social sono importanti anche sul piano economico: ben il 44% delle piccole e medie imprese sceglie l’internazionalizzazione attraverso lo strumento del web e deve buona parte dei ricavi proprio a Facebook e ad altri strumenti social. Qui a Roma abbiamo creato “Binario F”, una struttura fisica presso la Stazione Termini per soddisfare le richieste di chi volesse approfondire le proprie competenze digitali”, ha affermato Bononcini.

Diego Ciulli, Public Policy Manager di Google Italia, ha voluto analizzare alcune modalità di utilizzo del web per sponsorizzare lo studio dell’italiano. “Negli ultimi dieci anni la rivoluzione social ha fatto cadere la barriera della comunicazione pubblica scritta che appartiene di fatto a tutti; oltre a ciò ricordiamo sempre la rivoluzione già messa in atto dal web per cui tutti possono oggi essere fruitori di conoscenza e sapere. Youtube è presente in 80 lingue e nelle 91 nazioni in cui è presente genera 400 ore di contenuti al minuto: una piattaforma straordinaria per far conoscere la nostra lingua. Esistono diversi canali, come per esempio “Learn Italian with Lucrezia”, che ha dedicato persino un video alla Settimana della lingua italiana nel mondo. Spagna, Grecia e Italia sono le tre nazioni più collegate a ricerche nel web di tipo culturale”, ha spiegato Ciulli.

Andrea Caretta, presidente dell’Osservatorio di Pavia, ha quindi posto un’altra interessante riflessione basandosi per lo più su Twitter, molto usato soprattutto dai leader politici: uno strumento molto duttile ma anche assai poco generoso in termini di battiture. Dunque come comunicare ai potenziali elettori in pochissime righe. Per comprendere come i social hanno cambiato il linguaggio politico e anche come viene trattata l’Italia in rete è stata condotta questa ricerca su Twitter. Una prima ricerca ha riguardato i termini maggiormente impiegati dai principali leader politici italiani negli ultimi nove mesi, ossia selezionati su un campione di quaranta soggetti. I termini più usati, come ha riferito Caretta, sono stati: amministrazione locale, elezioni, economia reale, economia finanziaria, immigrazione, scontro e sicurezza. Cosa pensano gli altri dell’Italia? Le ricerche sono avvenute nei giorni successivi al crollo del ponte di Genova e nei giorni del più recente scontro tra Italia e Francia sulla questione degli immigrati al confine monitorando dunque il pensiero della politica francese, spagnola e inglese.

In conclusione Alice Avallone, Coordinatrice del College Digital ed esperta di etnografia digitale presso la Scuola di Holden, ha fornito in breve l’identikit di questa generazione nata dopo il 1995, cresciuta col digitale e che conosce una lingua veloce ma inesatta. “Sono ragazzi e ragazze che leggono e scrivono continuamente e dialogano velocemente. Questa è materia di analisi per la disciplina che si chiama etnografia digitale, utile proprio per osservare questi ragazzi della cosiddetta generazione zeta”. E’ seguita la lettura di un brano intitolato “Prima d’iniziare la giornata” del giovane Francesco Aloia che racconta, con ironia ma anche con una forte riflessione, come si svolge la giornata-tipo di un adolescente alle prese con lo smartphone da quando si alza la mattina fino a quando va a dormire la sera: un percorso a ostacoli per districarsi nelle insidie virtuali dei social, che a volte si trasformano in problemi reali.

Quindi Paolo Costa, Docente di comunicazione all’Università di Pavia, ha illustrato un interessante progetto di lettura dei nostri classici, come cambio di prospettiva sull’italiano in rete arrivando o tornando a quell’italiano che si legge, ormai passato di moda. Il linguaggio d’altronde non serve solo per comunicare ma anche per pensare. Oggi purtroppo l’uomo della strada non legge più ed è quindi necessario riconciliare l’ecosistema digitale con la lettura di testi complessi. L’iper esposizione del sé, che ci pone a commentare qualunque cosa in rete, viene così sostituito dal commentario a dei testi all’interno di una comunità. Lo scopo è quello di riportare insieme il testo e il commento, rendendo la fruizione dei classici un momento di scambio reciproco. Calvino, Pirandello, Manzoni: l’esperienza di lettura comunitaria con lo scopo di tenere insieme le persone è stato finora apprezzato in diverse scuole”. (Simone Sperduto-Inform)

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