direttore responsabile Goffredo Morgia
Registr. Trib. Roma n.338/2007 del 19-07-2007
INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Cgie a Matera – Un messaggio di speranza per il Mezzogiorno attraverso il recupero delle risorse e delle origini

IL CGIE A MATERA

L’incontro “Basilicata, Terra di emigrazione, terra di Accoglienza”

 

La ricetta vincente deve passare per la consapevolezza dell’essere comunità, della storia dell’emigrazione italiana, del ruolo di giovani e donne e infine del turismo di ritorno. Dal 2021 a Genova sarà una realtà il Museo dell’emigrazione italiana

MATERA – Nella mattinata di lunedì 19 si è tenuta presso la Casa Cava la riunione del Cgie avendo come oggetto di dibattito quello dell’emigrazione: la tavola rotonda è stata moderata da Luigi Scaglione, coordinatore delle consulte regionali. Il tema dell’emigrazione non è casuale, nell’ottica delle celebrazioni di Matera, quale capitale europea della cultura per il 2019, proprio perché questa città e la Regione Basilicata hanno dato nell’ultimo secolo un grande contributo in termini di migrazione. Storie di partenze, di viaggio di navi verso le Americhe, storie di famiglie divise e di disperazione; una storia che diventa oggi consapevolezza del sacrificio di un’intera comunità. Giampaolo D’Andrea, assessore alla cultura della città di Matera, ha sottolineato proprio questo aspetto. “Senza il recupero della memoria non si può coniugare questo tema sull’emigrazione e sull’accoglienza per ricordare quanto la Basilicata sia stata interessata dal fenomeno migratorio. Abbiamo avuto due fasi: all’inizio del ‘900 e poi nel secondo dopoguerra, avendo come destinazioni estere soprattutto le Americhe alle quali si aggiunsero poi le mete europee e il nord Italia. Ma abbiamo anche l’emigrazione dei più giovani, quelli formati, tanto che oggi nelle primarie aziende tedesche si sentono cognomi italiani e molti di loro sono di origini meridionali. Speriamo in un loro possibile rientro”, ha affermato  D’Andrea.

La Casa Cava è riassuntiva della nuova funzione dei sassi, in termini di cultura e di attività innovativa. Gianni Oliva, segretario generale della Fondazione Matera-Basilicata 2019, ha ricordato cosa fosse questa che è oggi una stupenda location utilizzata per convegni, concerti e mostre. “Questo luogo così magico era una discarica e prima ancora una cava. E’ stata riscoperta casualmente alla metà degli anni ’80 da un uomo materano ed è diventata il perfetto paradigna di come un problema possa trasformarsi in dono”, ha commentato Oliva evidenziando come la Fondazione sia un ente istituito per realizzare il dossier Matera-Basilicata che ha portato alla nomina della città a capitale europea della cultura. Le nuove generazioni spesso soffrono il problema del riconoscimento delle origini perdendo le relazioni e contatto col territorio. Bisogna provare a riallacciare il collegamento con le seconde e le terze generazioni.  La globalizzazione è fantastica ma non va da nessuna parte senza radici ben solide e senza nemmeno preconcetti. A tal proposito ricordo che tre anni fa, quando si era nel pieno del terrore verso gli islamici per via degli attentati in Europa, chiamammo a Matera delle imprenditrici provenienti dal mondo arabo. Lanciammo quest’idea e si presentarono in trentacinque e vennero trascorsi tre giorni meravigliosi: non dimentichiamo che noi, tra le varie anime, abbiamo anche quella araba. Queste donne hanno saputo ‘far sistema’ una volta tornate nei loro Paesi”, ha aggiunto Oliva.

Pierangelo Campodonico, curatore del Museo dell’emigrazione italiana, ha preso la parola dopo la proiezione di video sul tema dell’emigrazione avendo come chiavi di lettura quelle di “progetti comuni” e di “lavoro di squadra”, da portare avanti insieme a Mibact e Maeci. “L’emigrazione italiana è vasta sia per storia e sia per numeri.  E’ come un vetro spezzato i cui frammenti sono sparsi per tutto il mondo, diversi per luminosità grandezza e ognuno in grado di riflettere una vicenda umana e di comunità”. Perché proprio a Genova l’idea di questo polo museale? “Genova è stata l’imbuto dell’emigrazione: ossia il luogo dove, storicamente dall’ultimo quarto dell’Ottocento, partirono i bastimenti per destinazioni lontane soprattutto nelle Americhe e ricordiamo su tutti la famosa Ellis Island. Genova rappresenta tutta l’emigrazione italiana perché essa era l’ultimo pezzo d’Italia che i migranti vedevano: quando osservavano la lanterna di Genova, allontanarsi dietro di loro, capivano che stavano lasciando l’Italia. Ma non c’è soltanto il punto di partenza, ossia il porto, perché questi migranti prima di partire arrivavano in un quadrante compreso tra le attuali stazione Principe, piazza Annunziata, via Pré e la stazione marittima: questi erano i luoghi dove storicamente giungeva questa ondata in partenza dall’Italia. Il museo racchiuderà la storia dell’emigrazione dall’Ottocento all’età contemporanea, perché non si tratta di un fenomeno concluso”, ha spiegato Campodonico. E’ sbagliato avere soltanto una percezione negativa del fenomeno migratorio: l’emigrazione è un fattore di grande importanza e deve avere anche una percezione positiva. Dietro l’emigrazione non c’è solo una storia valigie di cartone. Altri musei dell’emigrazione, come quello irlandese o quello tedesco, ci mostrano un approccio nuovo al tema. Non rischiamo di avere un’amnesia collettiva di noi stessi come popolo di migranti: la perdita della coscienza ha impatti importanti sul nostro livello di civiltà. Il museo avrà risorse importanti a partire da 5 milioni di euro ed entro il 2021 sarà una realtà””, ha concluso Campodonico. (Simone Sperduto-Inform)

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
Powered by Comunicazione Inform | Designed by ComunicazioneInform