direttore responsabile Goffredo Morgia
Registr. Trib. Roma n.338/2007 del 19-07-2007
INFORMAZIONI DEL GIORNO – NEWS PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

Tre memorabili vite

MAGNI – REED – NURMAN
Tre memorabili vite
Luigi Magni ha narrato la Roma papalina e risorgimentale, fatta di farse e drammi epocali, con i tempi ed i modi appresi da sceneggiatore, lavorando con Age & Scarpelli per Tempo di villeggiatura di Antonio Racioppi con Vittorio de Sica e per la Osiris, Alberto Sordi, Macario e Rascel, affinandosi nella commedia all’italiana, coinvolto in una sfilza di successi (Il corazziere, La mandragola) e nei primi tentativi di una nuova generazione di autori: da Pasquale Festa Campanile a Mauro Bolognini.
Nel 1968 collabora con Monicelli per La ragazza con la pistola, con Monica Vitti e lo stesso hanno firma come regista il suo primo film: Faustina, storia della moglie di un “tombarolo” che viene continuamente picchiata dal marito.
Il successo non è tanto ma sufficiente a farlo continuare. Così, l’anno dopo, esce Nell’anno del Signore che definisce il suo genere cinematografico, improntato su Roma e sulla sua storia, ondeggiando fra gli aspetti farseschi e quelli drammatici, senza mai dimenticare il linguaggio tipicamente chiaro e popolare, tanto quanto lo sono gli stornelli.
E comincia il lungo, convinto sodalizio con il trascurato ciociaro Nino Manfredi, per il quale firmerà anche la sceneggiatura di “Per grazia ricevuta”, ma anche con Claudia Cardinale, l’istrionico Ugo Tognazzi, il più cabarettistico Pippo Franco.
La Tosca (1973) è uno dei suoi affreschi più riusciti, ma Quelle strane occasioni (1976), diretto a quattro mani con Luigi Comencini, lo assegna di diritto al panorama comico italiano.
Si ferma per un po’ e poi, nel 1977, esce In nome del Papa Re, ancora con Manfredi,col quale riceve il riconoscimento della critica che lo premia con il David di Donatello per la migliore sceneggiatura. Seguono Secondo Ponzio Pilato (1987), ‘O Re (1988), In nome del popolo sovrano (1991) e Nemici d’infanzia (1995), con Renato Carpentieri, che gli fa vincere il secondo David di Donatello sempre come sceneggiatore.
Dopo il film a episodi Esercizi di stile del 1996, Magni era tornato a raccontare la Roma papalina percorsa dai fervori giacobini di libertà, fraternità e uguaglianza in La carbonara (2000) con Lucrezia Lante Della Rovere, per poi dirigere il film tv La notte di Pasquino (2003) e cessare l’attività con la morte della’amico Manfredi, avvenuta nel 2004, lo stesso anno in cui a lui il Tranifilmfestival assegna il premio cinematografico ‘Stupor Mundi”, riconoscimento alla carriera, cosa che si replicherà nel 2008 ai David di Donatello, celebrando così i suoi 80 anni e i 40 di attività come autore.
E morto nella sua Roma, serenamente, la mattina di sabato scorso, a 84 anni, vissuti intensamente, attraversati senza rimpianti, passati a ricostruire una città ormai scomparsa nella sua anima profonda, appassionata e popolana, che ogni tanto si tingeva di eroismo e drammaticità.
Sempre sabato ma molto lontano, di là dal grande mare Oceano, moriva a 71 anni e dopo una vita al’insegna della trasgressione Lou Reed, sopravvissuto a droghe di ogni genere e a vari elettroschock, stroncato da un rigetto epatico, dopo un difficile trapianto avvenuto lo scorso maggio.
Araba fenice e ombra nera del rock, ex cantante dei Velvet Underground formatosi nella “Factory” di Andy Wharol, ha cantato l’anima oscura, suicidaria e “arty” dell’America di questi ultimi anni, artigiano spesso incompreso e solitario, perennemente alla ricerca di un suono e di un’anima.
Nato a Brooklyn, cresciuto a Long Island, diverso fin da giovane e curato in età adolescenziale facendo passare la corrente elettrica nel suo cervello bisessuale, ha sempre usato, fin dagli esordi nel gruppo dei “Primitives”, poi divenuti “Velvet”, fin dalla prima collaborazione con John Cale, il dolore della chitarra amata e maltrattata per chiudere con i canovacci e le categorie del rock, iniziando da The Ostrich a restituire trasformati stilemi di un genere che con lui risultano profondamente rinnovati. Nella sua musica (come nella vita), ci sono la droga ed il sesso, che si tramutano in rock, tagliato dalla malinconia e dall’enigma con una sintesi sonora mai ascoltata prima, in cui si mescola l’art rock con la decadenza.
Dopo un inizio in “comunione”, decide una strada solitaria, con una svolta che si compie con il suo secondo album da solista: Transformer del 1972, dove non c’è più la luce guida di Warhol, ma il giovane David Bowie, che nei suoi spettacoli esegue già White Light/White Heat ed il fidato Mick Ronson come a produrre, con brani straordinari come Walk on the wild side che riporta in primo piano l’ombra grazie al contrasto con un mondo sonoro luccicante, in un piano sequenza di storie che influenzerà il modo di narrare della musica pop e rock degli anni successivi.
Continuano i successi e le innovazioni, a volte capite ma più spesso fraintese, fino al 1987, quando, in seguito a un’operazione, Warhol muore e al suo funerale, dopo 22 anni, lui ritrova John Cale ed i due decidono di scrivere di nuovo insieme un album in memoria di Warhol: Songs for Drella, che esce nel 1990, con Warhol a metà fra Cenerentola e Dracula, in quattordici canzoni per dipingere un quadro che non smette mai di cambiare, di andare e tornare attraverso l’Hudson, fiume di fuoco e di fogna, senza sapere se si sta andando o tornando.
Di nuovo tornano rivalità ed incomprensioni con Cale e di nuovo torna solo, sempre più solo dopo la morte dei fraterni Kenneth “Rotten Rita” Rapp e Doc Pomus.
I suoi progetti sono sempre più innovativi e la più parte dei produttori, compreso Sterling Morrison, si defila.
Nel ’94 si separa dalla moglie ma incontra una nuova magia in Laurie Anderson, perfomer che sarà la sua compagna fino alla fine.
A lei sarà dedicato Set the twilight reeling, dove la mano dell’autore non nasconde l’amore che la guida, dove gli spigoli del rumore e la spettralità delle corde solitarie dei precedenti lavori si riempiono di rock sostenuto e anche di dolcezza perché vergognarsene sarebbe quasi una debolezza. Nel 2000 è la volta di Exctasy, un ritorno fenomenale, viaggio esistenziale tra paranoie e cieli aperti, grezzo e lucente.
Poi i più letterari, The Raven dedicato alla letteratura di Edgar Allan Poe e sostegno sonoro della piéce POEtry, Hudson River Wind Meditations, progetto sonoro sulle musiche suonate dal vento e Lulu, album scritto con i Metallica, un urlo nero dentro un macigno di suoni che spiazza fan e ascoltatori. L’album esce nel 2011 ed è la sua ultima produzione.
Una terza persona, meno celebre, completa la terna di scomparsi di questo fine settimana.
Si tratta di Kadir Nurman, immigrato turco che nel 1972 aprì un chiosco a Berlino Ovest, vendendo i suoi panini con il kebab, con pezzi di carne cotta e tagliata da uno spiedo verticale rotante, e servita in un pane speciale (la pita), insieme a verdura, salse e condimenti.
E’ morto ottantenne in Germania e con la soddisfazione di aver ricevuto, due anni fa dal’Associazione dei Produttori di Doner Kebab, il primato della invenzione che invece in molti si contendevano. (Carlo Di Stanislao – Inform)
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